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Trasudare Carisma - Anomander Rake

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La penna di Steven Erikson ha creato uno dei personaggi più carismatici dl ciclo Malazan (e non solo). Certo, tutta la serie è costellata da individui che lasciano traccia nella memoria di chi legge le loro vicende: Mappo, Icarium, Ben lo Svelto, Kalam Mekhar, Iskarul Pust, Coltaine, Kruppe, Ganoes Paran. L’elenco potrebbe protrarsi ancora a lungo.
Ma pochi riescono a raggiungere il livello Anomander Rake, la cui sola presenza trasuda carisma.

All’improvviso, le mura intorno a lui gemettero, e Baruk ansimò, come schiacciato da un peso enorme. Il sangue gli martellò nella testa, trafiggendolo di dolore. Afferrò il bordo del tavolo delle mappe per riprendere l’equilibrio. La luce dei globi incandescenti che pendevano dal soffitto si affievolì, poi si spense. Nell’oscurità, l’alchimista udì crepe fendere i muri, come se la mano di un gigante fosse discesa sull’edificio. Poi, di colpo, la pressione svanì. Baruk si portò una mano tremante alla fronte lucida di sudore.
Una voce sommessa parlò alle sue spalle. «Saluti, Alto Alchimista. Sono il Signore della Progenie della Luna.»
Ancora rivolto verso il tavolo, Baruk chiuse gli occhi e annuì. «Il titolo non è necessario», mormorò. «Chiamatemi Baruk, ve ne prego.»
«Sono a mio agio nell’oscurità», spiegò il Signore. «Questo costituirà un fastidio per te, Baruk.»
L’alchimista borbottò un incantesimo. Davanti a lui, i particolari della mappa sul tavolo divennero netti, emanando un freddo chiarore azzurro. Si girò davanti al Signore, e restò sbigottito nello scoprire che quella figura alta, ammantata, rifletteva tanto poco calore quanto gli oggetti inanimati della stanza. Tuttavia, riusciva a distinguere abbastanza chiaramente i lineamenti dell’uomo. « Siete un Tiste Andii», osservò.
Il Signore fece un leggero inchino. I suoi occhi obliqui, cangianti, scrutarono l’ambiente. «Hai del vino, Baruk? »
«Ma certo, signore.» L’alchimista andò al suo scrittoio.
«Il mio nome, nella versione che meglio può essere pronunciata dagli umani, è Anomander Rake.» Il Signore seguì Baruk allo scrittoio; i suoi stivali martellavano sul pavimento di marmo lucido.
Baruk versò del vino, poi si volse a osservare Rake con una certa curiosità. Aveva sentito che guerrieri Tiste Andii combattevano contro l’Impero su a nord, agli ordini di una belva feroce di nome Caladan Brood. Si erano alleati con la Guardia Cremisi e, insieme, le due forze stavano decimando i Malazan. Così, c’erano dei Tiste Andii nella Progenie della Luna, e chi gli stava davanti era il loro Signore.
In quel momento, Baruk vedeva un Tiste Andii faccia a faccia per la prima volta. Ne era alquanto turbato. Occhi straordinari, pensò. Un attimo, una sfumatura intensa di ambra, felini, sconvolgenti, un attimo dopo grigi come quelli di un serpente – un arcobaleno micidiale, ad accompagnare ogni stato d’animo. Si chiese se fossero in grado di mentire.
Nella biblioteca dell’alchimista giacevano copie dei tomi superstiti della Follia di Gothos, uno scritto Jaghut dei millenni passati. I Tiste Andii erano menzionati qua e là con un’aura di paura, ricordò Baruk. Gothos stesso, uno stregone Jaghut che aveva disceso i canali più profondi dell’Antica Magia, aveva ringraziato gli dei dell’epoca perché i Tiste Andii erano così pochi. E, da allora, il numero degli appartenenti a quella razza misteriosa, dalla pelle nera, era probabilmente diminuito.
La pelle di Anomander Rake era nera come l’ebano, in accordo con le descrizioni di Gothos, ma la criniera fluente era color argento. Era alto quasi sette piedi. I suoi lineamenti erano angolosi, come scolpiti nell’onice, e i grandi occhi dalle pupille verticali erano leggermente inclinati verso l’alto.
Alla schiena, aveva legata una spada da reggere con entrambe le mani; il pomo d’argento a forma di teschio di drago e l’elsa a croce, di foggia arcaica, sporgevano da un fodero di legno lungo sei piedi e mezzo abbondanti. L’arma trasudava potere, che macchiava l’aria come l’inchiostro nero una pozza d’acqua. Nel posarvi lo sguardo, Baruk quasi barcollò, vedendo, per un attimo, una vasta oscurità spalancarsi davanti a lui, fredda come il cuore di un ghiacciaio, da cui venivano il puzzo dell’antichità e un debole gemito.

I Giardini della Luna – Steven Erikson

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