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I Segugi dell'Ombra

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Anomander Rake e Dragnipur, protagonisti di I Segugi dell'OmbraDella prima parte di I Segugi dell’Ombra aveva già parlato qui. Ora, con la nuova edizione da parte di Armenia dell’ottavo libro della saga Malazan di Steven Erikson, la lettura è stata conclusa ed è possibile dare un giudizio su quest’opera. Che si mantiene sugli alti livelli cui lo scrittore canadese ha abituato i lettori. Non è esente tuttavia da pecche: benché quanto Erikson scrive sia profondo, faccia riflettere, alle volte diventa troppo lungo; un dilungarsi che rallenta il ritmo, divaga. Meno filosofia in certi punti avrebbe reso maggiormente godibile I Segugi dell’Ombra; ciò comunque non toglie la bontà e la grandiosità dell’opera.
Come grandiosa è la figura di Anomander Rake, il centro delle vicende che si stanno verificando a Darujhistan: è in questo libro che si scoprono le ragioni del suo agire, dei piani a lungo preparati e ora attuati. Nulla è stato lasciato al caso, tutto va come lui ha pianificato. Il suo è stato un cammino lungo e solitario, portando sulle spalle il peso delle scelte fatte, spesso incompreso anche dalle persone a lui più vicine. Scelte che ha fatto non per sé, ma per gli altri, per dare una salvezza al proprio popolo, per risollevarlo dallo stato in cui è caduto. Nei libri letti finora si era capito la levatura di questo personaggio, intuendo quale sarebbe stato il suo fato (e che fato: grandioso, epico.)
Ma non è solo di Anomander Rake che viene svelata la verità: si scopre anche la natura della spada Dragnipur, l’arma che il Tiste Andii porta sempre sulla schiena. La spada creata da Draconus con all’interno un mondo, dove chi viene ucciso da essa finisce incatenato a tirare un gigantesco carro. Un fato all’apparenza crudele e un’arma all’apparenza malefica, ma con un intento nella sua creazione e uno scopo che solo leggendo lo si potrà (almeno in parte) comprendere. Una cosa si può dire senza spoilerare: arma e Tiste Andii sono legati tra loro in un cammino che li porterà insieme alla meta e a condividerne il finale.
Benché la trama di Anomander Rake e Dragnipur sia quella principale, altre in I Segugi dell’Ombra troveranno risoluzione. Harllo, figlio di uno stupro, finito per la cattiveria e dispetto di un ragazzo poco più grande di lui in miniera, riuscirà a compiere un piccolo miracolo e risanare una ferita che sembrava insanabile.
Cutter, Rallick Nom e Torval Nom faranno le loro scelte: alcune porteranno a rotture e separazioni con il passato, altre faranno riavvicinare.
Barathol Mekhar e Scillara troveranno il loro posto, non senza tribolazioni.
Hood, Trono d’Ombra, Cotillion, continueranno a fare le loro comparse e ad avare un ruolo in una vicenda fatta d’intrighi e scontri maestosi.
Nimander e il suo seguito avranno la resa dei conti ricercata.
Si scoprirà l’identità del Dio Morente e di Viaggiatore.
Il Redentore, in apparenza così debole, avrà un ruolo decisivo per la conclusione della storia.
E poi ci sono Karsa Horlong, i Segugi, Kaladan Brood, Kallor, Iskaral Pust, Kruppe, i Malazan, in una vicenda ricca d’intrighi, colpi di scena, morti strazianti e salvataggi insperati.
Erikson si mantiene sempre sui suoi soliti livelli, con brani di grande bellezza e profondità, come il seguente.
Molti adulti, nell’immobilità indurita degli anni, sviluppano una paura di luoghi in cui non sono mai stati, sebbene anelino a qualcosa di diverso nella loro vita, a qualcosa di nuovo. Ma questo qualcosa di nuovo è un mondo del fantastico, un mondo privo di forma in risposta a desideri vaghi ed è definito tanto quanto dall’assenza presenza. È un’evocazione di emozioni e bramose fantasie, che possono o non possono possedere una geografia specifica. Raggiungere un luogo simile richiede una successione di rotture con la propria situazione attuale, un tentativo sempre traumatico, e al completamento, ecco che appare all’improvviso la paura. (1)
Se ancora fosse necessario dirlo, I Segugi dell’Ombra è un ottimo romanzi, magari alle volte un po’ lento e dispersivo, ma ricco di trame, personaggi, epicità, aggiungendo a questa grande avventura una riflessione non indifferente su che cos’è la redenzione.

Una nota sull’edizione italiana. A differenza dell’edizione precedente, si è riscontrato un certo numero di refusi (diverse decine). Segnalati gli errori alla casa editrice, Armenia, ringraziando, ha preso visione della cosa, asserendo che le segnalazioni effettuate saranno utilizzate per effettuare le correzioni nel volume alla prima ristampa che verrà fatta.
1. I Segugi dell’Ombra. pag. 757

I Segugi dell’Ombra - Nuova edizione

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I Segugi dell'Ombra di Steven EriksonI Segugi dell’Ombra di Steven Erikson è dato disponibile al pubblico italiano dal 26 ottobre nella nuova edizione: la prima parte della precedente edizione era uscita nel 2013, la seconda non è mai stata pubblicata a seguito del fallimento di Armenia. Le prospettive di veder terminare la saga Malazan in italiano non erano delle più rosee, anzi erano piuttosto funeste, dato che non sembravano esserci altri editori interessati all’acquisizione dei diritti dell’opera di Erikson. Poi Armenia è stata acquisita da un altro editore, che ha deciso di proseguire con la pubblicazione della serie Malazan fino alla sua conclusione: oltre a I Segugi dell’Ombra, anche i sette volumi precedenti sono ora in vendita nel nuovo formato, mentre il nono dovrebbe giungere sugli scaffali nella primavera del 2016. Si tratta tutte di ristampe, almeno fino a questo momento, fuorché I Segugi dell’Ombra che è inedito a metà.
Che cosa è cambiato rispetto alla prima edizione?
Innanzitutto non ci sono più romanzi divisi in due parti, una delle scelte che meno era piaciuta ai lettori (che si ritrovavano, rispetto a chi leggeva la versione originale in inglese, a pagare molto di più per ogni romanzo: spendere 37 E per avere un romanzo che è stato diviso in due è davvero tanto, anzi troppo). Armenia ha variato il prezzo dei volumi in base al numero di pagine: i più corposi (più di 1200 pagine) come I Segugi dell’Ombra e Venti di morte costano 19 E, I Cacciatori di Ossa e Memorie di Ghiaccio (poco meno di 1200 pagine) 18 E, Maree di Mezzanotte, La casa delle catene e La dimora fantasma (si aggirano tra le 900 e le 920 pagine) 16 E, e per I giardini della luna (660 pagine) 14 E. Una scelta positiva, che dimostra attenzione, perché non è equo (come fatto da altre ce) far pagare allo stesso prezzo volumi che hanno una numerazione differente di pagine (alle volte risultando quasi la metà).
Altra scelta positiva quella di usare le copertine originali, migliori di quelle utilizzate nell’edizione precedente.
Come positiva è la scelta di modificare il nome della serie e dargli quello corretto, che rispecchia l’originale: ora non è più La Caduta di Malazan (titolo che aveva poco a che fare con la saga e tradiva il vero significato dell’opera), ma Il Libro Malazan dei Caduti, come ideato dall’autore.
Lascia divisi i lettori invece la scelta del formato, che rispetto alla precedente versione è più piccolo come grandezza di pagine, non ha copertina rigida, sovracopertina e ha una rilegatura differente: si è di fronte a un’edizione in brossura e questo ha fatto storcere il naso a una parte dei lettori. E’ indubbio che l’edizione precedente è di qualità maggiore, sia per quanto riguarda la consistenza della copertina, sia per la rilegatura e il tipo di carta delle pagine; una qualità superiore che sta a significare anche resistenza maggiore del volume.
A questo punto occorre fare una riflessione. Riproporre la ristampa Malazan con un formato simile al precedente, magari realizzando volumi unici, avrebbe avuto un costo maggiore di quello proposto attualmente, perché la qualità si paga. Va tenuto conto che si è di fronte a una ce che è fallita e sta cercando di rilanciarsi, che punta su un autore di indiscussa qualità, che ha un certo seguito, ma che non è paragonabile a quello che hanno avuto Rowling e Meyer; dopo il colpo subito, è logico che la ce, benché voglia investire, voglia anche tutelarsi e non rischiare eccessivamente. Oltre a questo, va preso in considerazione in che mercato ci si trova, quello italiano, che è un mercato dove l’editoria non va bene perché l’Italia non è un paese di lettori: sono poche le persone che leggono, i più seguono le mode del momento, i best seller, facendosi guidare dalla massa che si butta sui volumi più pubblicizzati e di successo, ma che non sa distinguere cosa è realmente valido e di qualità (un approfondimento maggiore su tale questione la si può trovare qua). Erikson è un autore notevole, profondo, che scrive cose intelligenti, che fa ragionare, usare la testa, cosa che in Italia i più ormai non sono più abituati a fare; è anche un professionista serio, dotato di grande onestà in quello che scrive, che non si adegua a ciò che vuole la massa, non si abbassa a scrivere di cose che strizzano l’occhiolino al lettore come fanno altri autori (vedasi Morgan e Martin: qua un confronto tra quest’ultimo ed Erikson), ma scrive ciò che reputa valido e attinente alla propria storia. La sua fetta di pubblico e mercato se l’è ritagliata anche in Italia, ma i più capiscono solo cose semplici e limitate (vedere i successi di Twilight e le varie Sfumature) e difficilmente riusciranno a capire e apprezzare un autore come Erikson. Armenia, che può aver fatto una valutazione simile su tale realtà, ha voluto continuare a puntare su questo autore, tuttavia senza aspettarsi un boom di vendite stratosferico, cercando di tutelarsi in un certo modo e valutando come investire le proprie risorse su questo prodotto: una ce deve ottenere guadagno dal proprio lavoro, altrimenti chiude i battenti, non bisogna dimenticarsene. La scelta che ha fatto Armenia ad alcuni potrà non piacere, ma si valutino tutti gli elementi mostrati e si capirà che se ha agito in una certa maniera c’è una ragione; altri, con una situazione ben diversa e con le spalle più coperte, hanno fatto di peggio, avendo un comportamento più che criticabile (tanto per fare un esempio, dividendo romanzi in tre parti e vendendoli a 19 E l’uno). E per chi non conosce bene l’inglese, o non ha il tempo di perfezionarlo per poter leggere fluentemente in lingua originale, il lavoro svolto da Armenia può essere considerato positivo dinanzi alle riflessioni appena fatte; certo ci saranno degli scontenti e magari si poteva provare a fare di più, ma non si riesce mai ad accontentare tutti e avere tutti.
Nell’attesa di poter concludere I Segugi dell’Ombra e vedere come la storia è proseguita, qua la recensione su quanto letto della prima parte dell’ottavo volume della saga Malazan.

It

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It, romanzo scritto da Stephen kingIt è uno dei romanzi più famosi di Stephen King e anche uno dei migliori che lo scrittore ha realizzato.
La storia inizia nel 1957 nella piccola cittadina americana di Derry con una barchetta di carta, un tombino, un clown e un bambino ucciso brutalmente. Una morte violenta, ma che non è certo l’unica che deturba la quiete della comunità, come alcuni hanno modo di accorgersi. E quelli che si accorgono di quanto sta accadendo non sono altro che ragazzi poco più che bambini, un gruppo che si fa chiamare i Perdenti e che si ritrova unito in una lotta contro qualcosa di più grande di loro, un male che periodicamente si risveglia per nutrirsi e quando lo fa, fa dilagare la follia e la violenza di cui è portare. Ben Hanscom, Eddie Kaspbrak, Bill Denbrough, Richie Tozier, Stan Uris, Beverly Marsh, e Mike Hanlon sono gli unici a opporsi a It, l’essere spietato che, come scoprono, imperversa sulla Terra da tanto tempo con la sua presenza aliena. La cosa non va bene al mostro, che prende a perseguitare i membri del gruppo assumendo la forma delle loro paure più profonde, ma questo non basta a fermarli: scendono nelle fogne dove ha il suo rifugio e lo affrontano, sconfiggendolo ma non uccidendolo. I ragazzi temono che ritornerà e allora fanno un giuramento di affrontarlo nuovamente.
Passano 27 anni. Tutti hanno lasciato Derry e hanno avuto successo; tutti tranne Mike, che è rimasto nella cittadina ed è l’unico che non ha dimenticato il mostro e il passato: lui è la memoria del gruppo ed è quello che li ricerca per farli tornare e affrontare It, dopo che il mostro li ha messi fuori combattimento facendoli allontanare da Derry, e non più ostacolarlo, proprio con il successo delle loro vite. Uno di loro non reggerà a questo ritorno, ma gli altri andranno avanti nella lotta, perché sanno che non avranno un’altra possibilità per fermarlo.

Considerato il capolavoro di King, It viene ritenuto un romanzo horror, e lo è, ma è anche molto di più: è lo specchio della quotidianità, dove il vero orrore è nella realtà, nella società, in chi è vicino. It è il mostro che spaventa, uccide, (geniale dargli la forma di clown, perfetta incarnazione della follia e di ciò che in realtà si cela dietro la maschera), che si adatta a chi ha davanti prendendo le sembianze delle sue paure più profonde; ma la paura, quella vera, quella reale, è quella che si cela nei lati oscuri dell’uomo, che può emergere in qualsiasi momento, senza preavviso. Quella paura che blocca, che limita, che si aggrappa addosso e non lascia andare, che crea ossessioni, dipendenze, rapporti che sono dipendenze.
King, in questo romanzo corale, che vede la crescita di una generazione, mostra le paure dapprima di quando si è bambini, il non capire le cose, l’incomprensione con i genitori, l’essere schiacciati dalle loro attenzioni o tenuti a distanza per via dell’incomunicabilità che spesso c’è tra adulti e bambini, poi quelle da adulti con scelte sbagliate, fallimenti, tradimenti, sensi di colpa.
Ma c’è dell’altro: c’è quel qualcosa di speciale che si crea in un gruppo quando si è bambini, quella specie di magia, atmosfera particolare che è unica e che purtroppo con il crescere e diventare adulti si perde; è forse questo il tema più importante, e che King riesce così bene a mostrare, del romanzo: la perdita che avviene crescendo, quel qualcosa di unico che anche se non si vuole si lascia indietro. E’ forse questa la cosa che più spaventa e fa male, quella che crea il maggior rimpianto: It allora diventa un romanzo toccante e commovente, di grande potenza e strazio, perché fa davvero male guardarsi alle spalle e vedere cosa si è lasciato e perso e che mai più potrà tornare ed essere incontrato. Anche se nella parte conclusiva It lascia perplessi per lo scontro risolutivo (per lo più per il modo in cui avviene), questo non riesce a togliere la sensazione dolce e amara della perdita e del ricordo, perché altro tema fondamentale del romanzo di King è la memoria, quella memoria cui tanto spesso non viene data la giusta importanza e che la sua dimenticanza tanto male e dolore può far sorgere. Magnifico ed emblematico è il paragrafo che chiude il libro:

Si sveglia da questo sogno incapace di ricordare esattamente che cosa fosse, a parte la nitida sensazione di essersi visto di nuovo bambino. Accarezza la schiena liscia di sua moglie che dorme il suo sonno tiepido e sogna i suoi sogni; pensa che è bello essere bambini, ma è anche bello essere adulti ed essere capaci di riflettere sul mistero dell’infanzia… sulle sue credenze e i suoi desideri. Un giorno ne scriverò, pensa, ma sa che è un proposito della prim’ora, un postumo di sogno. Ma è bello crederlo per un po’ nel silenzio pulito del mattino, pensare che l’infanzia ha i propri dolci segreti e conferma la mortalità e che la mortalità definisce coraggio e amore. Pensare che chi ha guardato in avanti deve anche guardare indietro e che ciascuna vita crea la propria imitazione dell’immortalità: una ruota.
O almeno così medita talvolta Bill Denbrough svegliandosi il mattino di buon’ora dopo aver sognato, quando quasi ricorda la sua infanzia e gli amici con cui l’ha vissuta.

Piccola curiosità. Anche se si tratta di un dettaglio (viene citata la Tartaruga), anche questo libro è legato in un qualche modo alla serie della Torre Nera.

Guida alla leggenda di Drizzt di R.A.Salvatore

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Guida alla leggenda di Drizzt di R.A.SalvatoreGirando per i mercati dei piccoli paesi, alle volte si possono incontrare delle occasioni: è così che su una bancarella ho potuto trovare a un prezzo davvero vantaggioso Guida alla leggenda di Drizzt di R.A.Salvatore realizzato da Athans Philip. Quando uscì non lo presi perché non particolarmente interessato (visto anche il prezzo di 27.50 E): ho letto diversi libri di Salvatore, sia dedicati alle serie del famoso elfo scuro sia alla serie del Demone, e li ho anche apprezzati (specie le prima trilogia di quest’ultima e quella dedicata agli elfi scuri), ma non al punto da essere spinto all’acquisto di un volume che mostra mondo e personaggi che già conoscevo. Di fronte però a un’occasione del genere (prezzo davvero irrisorio), non si può dire di no. Volumi del genere (come mi era già capitato con Il magico mondo di Shannara realizzato da Terry Brooks e Teresa Patterson, anche questo edito in Italia dalla vecchia Armenia) non aggiungono niente a quanto chi ha letto tutto di un autore già non sappia, tuttavia sono una lettura piacevole per chi vuole rivisitare luoghi che con l’immaginazione ha già conosciuto.
La cura dedicata a Guida alla leggenda di Drizzt (come per quella dedicata a Shannara) è buona: volume rilegato con copertina rigida, buona impaginazione, carta lucida di qualità. La Guida presenta un riassunto degli eventi dei volumi delle prime quattro serie: Trilogia delle terre perdute (Le lande di ghiaccio, Le lande d’argento, Le lande di fuoco), Trilogia degli elfi scuri (Il dilemma di Drizzt, La fuga di Drizzt, L’esilio di Drizzt), L’eredità di Drizzt (L’eredità, Notte senza stelle, L’assedio delle ombre, L’alba degli eroi), I sentieri delle tenebre (La lama silente, L’ora di Wulfgar, Il mare delle spade). Oltre a questo si hanno capitoli dedicati ai vari personaggi (principali e secondari), oggetti e bestie magiche, alle varie creature incontrate nei viaggi di Drizzt nel Sottosuolo e sui Reami, ai luoghi che ha visitato (ben fatte le mappe).
Sono soprattutto i disegni, veramente curati e dettagliati, a caratterizzare l’opera e a conferirgli quel tocco di qualità in più che rendono il volume meritevole d’essere preso, logicamente per chi è interessato al fantasy e alle opere di R.A.Salvatore. Sono passati gli anni in cui i romanzi dedicati ai Forgotten Realms hanno avuto il loro seguito (si parla di fine anni ’90 e i primi anni del 2000), grazie soprattutto all’uscita e al successo di videogiochi quali quelli della Black Isle, una divisione della casa di sviluppo e di distribuzione Interplay Entertainment, (vanno ricordate le serie di Baldur’s Gate e Icewindale, per quanto riguarda quelli inerenti i Forgotten Realms, oltre all’ottimo Planescape: Torment e ai primi due Fallout), ma c’è ancora chi apprezza questo genere di storie, piacevoli e gradevoli, anche se non originali, di stampo D&D, che non hanno la complessità di trame come quelle del mondo Malazan di Steven Erikson, della Folgoluce di Brandon Sanderson o della Ruota del tempo di Robert Jordan. Un lettore adulto può trovare queste storie semplici, con il puro scopo d’intrattenere (anche se c’è da dire che simili romanzi, con quello che è stato pubblicato in Italia nel periodo del boom del fantasy, sembrano dei prodotti d’ottima qualità dai temi profondi), ma tra esse ci sono storie davvero meritevoli d’essere lette, quali sono quelle della Trilogia degli elfi scuri; questa guida permette di farsene un’idea e magari invogliare a recuperare volumi che sono davvero buone letture. E se così non fosse, i disegni sono davvero un piacere per gli occhi.

Nuova pubblicazione della saga Malazan di Steven Erikson in Italia

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Anomander Rake, uno dei protagonisti della saga Malazan di Steven EriksonQuesta notizia circola in rete già da diversi giorni (vedere il forum Malazan Italia). Per chi segue la serie Malazan di Steven Erikson ed è in attesa della traduzione dei volumi restanti o in cerca dei volumi finora pubblicati mancanti non può che essere una buona notizia, dato che si era rimasti fermi al 2013 con la prima parte di I Segugi dell’Ombra e non si era riusciti a proseguire causa dei problemi del Gruppo Editoriale Armenia, andato incontro al fallimento.
Un periodo d’incertezze dove i lettori non sapevano se, chi, come e quando la serie Malazan avrebbe visto la sua traduzione giungere in Italia a conclusione.
Con l’acquisizione da gennaio 2015 del Gruppo Editoriale Armenia (ora Armenia Srl) da parte di Il Castello Editore e Rusconi Libri, le cose hanno preso una piega favorevole, quella da tanto auspicata dai lettori: i romanzi di Erikson riprenderanno a essere pubblicati. E le novità non si fermano a questo punto.
D’accordo con la nuova amministrazione, i romanzi non saranno più pubblicati in volumi separati, ma solo in volumi unici: a fine ottobre si potrà trovare in libreria tutta la saga ristampata. Dell’ottavo volume non verrà pubblicata di conseguenza la seconda parte, ma si avrà un volume unico; quindi chi ha già la prima parte, per leggere la conclusione del romanzo dovrà acquistare la nuova versione anche se ne possiede già una metà.
I volumi ristampati avranno un nuovo formato, identico a quello inglese, con copertina brossurata che sarà uguale a quella della versione originale, di cui sono stati acquisiti i diritti.
La traduzione dei testi rimarrà la stessa della precedente edizione, mentre il titolo della saga cambierà: consultatasi con lo stesso Erikson, Armenia Edizioni ha deciso di far uscire la nuova edizione con un titolo più vicino all’originale, che quindi dovrebbe essere “Il libro Malazan dei caduti“.
Come scritto in risposta all’utente Vaarth, tutti i libri usciti fino ad ora, ristampati nel nuovo formato, compreso l’ottavo, saranno presentati a ottobre al Lucca Comics. Inoltre, per questo evento, Armenia sta cercando di avere anche la presenza di Erikson per un’intervista.
Il nono (Dust of Dream) e decimo volume (The Crippled God) della saga troveranno uscita invece nel 2016, rispettivamente gennaio/febbraio e subito a seguire l’ultimo romanzo.
Sempre riguardo il mondo Malazan c’è l’intenzione di proseguire con le traduzioni del restante materiale, a partire da Esslemont: Armenia intende puntare su questa saga come uno dei suoi progetti più importanti.
Tutto ciò non può che essere una buona notizia per chi ha seguito il lavoro di Erikson, vedendo valorizzata la sua opera, davvero meritevole d’essere letta per la sua profondità e complessità.

Erikson vs Martin

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Mettere a confronto due opere, anche se appartenenti allo stesso genere, di autori diversi non è mai facile e così è anche nel raffronto fra La Caduta di Malazan di Steven Erikson e Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R Martin.
Entrambe sono saghe molto lunghe, ma mentre la prima è arrivata a conclusione (Erikson le ha dato conclusione nel 2011, ma in Italia a seguito del fallimento della ce che la traduceva, Armenia Editore, è ferma a metà dell’ottavo volume), la seconda è ancora ben lungi dall’esserlo, con l’autore che ha messo troppa carne al fuoco e ha perso le fila della trama (succede quando non si parte con un progetto ben definito da subito).
DeadHouse Gates1La Caduta di Malazan è ricca di magia e creature magiche, nelle Cronache la presenza di tali elementi è di gran lunga inferiore; ma mentre nell’opera di Erikson questi elementi sono parte fondamentale del passato del mondo in cui si svolgono le vicende e delle mire di ogni parte in causa (eserciti, imperi, dei), in quella di Martin dominano gli intrighi politici e le relazioni passionali e sessuali dei personaggi: anche nel lavoro di Erikson il sesso è presente, ma non è usato per compiacere e attirare lettori come furbamente fa Martin.
La copertina italiana di La Dimora Fantasma (Deadhouse Gates) di Steven EriksonErikson crea un mondo ricco di storia, complesso, dove ci sono complotti e intrighi, ma che soprattutto è pieno di epicità, dimostrando una complessità e una grandezza che si scopre sempre più andando avanti nella lettura dei volumi; Martin realizza un mondo e una storia poco originali, fatti d’intrallazzi politici fangosi che ricordano tanto lo stato in cui purtroppo versa l’Italia da parecchi anni a questa parte.
Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco hanno un maggior seguito di La Caduta di Malazan grazie alla realizzazione della serie televisiva, ma anche perché risulta essere, più che un’opera di genere fantasy, un’opera commerciale che si adegua a quello che la maggior parte dei lettori ora vuole (sesso e intrallazzi).
In comune le due saghe hanno di aver subito analogo trattamento dall’editoria italiana: copertine non all’altezza quando non sono state mediocri, traduzioni spesso contestabili (la traduzione più corretta del lavoro di Erikson sarebbe Il Libro dei Caduti di Malazan, in riferimento a tutti i morti avvenuti nella storia, o Il Libro del Caduto di Malazan, in riferimento al Dio caduto in disgrazia; al lavoro di Martin è andato anche peggio, con cervi che diventano unicorni per rendere il tutto più fantasy, tanto per dirne una), romanzi unici spezzati in due o tre parti e ogni parte fatta pagare come se fosse l’opera unica.
A livello di stile e intreccio si presentano invece delle differenze. Martin ha un modo di scrivere più immediato, sa ben caratterizzare i personaggi (come ha sempre dimostrato e che ha saputo meglio in altre opere: Le Cronache, benché siano il suo lavoro più conosciuto, non sono quello migliore, solo il più commerciale), mentre Erikson può risultare più freddo e criptico, ma solo perché sta mettendo sul tavolo della sua storia i pezzi per far comprendere la grandiosità del mondo che vuole mostrare. Una scoperta che man mano che avviene fa rendere conto di quello che si ha davanti e di cosa sta trasmettendo: in questo influisce molto il fatto che lo scrittore canadese sia archeologo e antropologo, dando alla saga un ulteriore spessore.
E’ logico che nella scelta fra le due opere il gusto personale influisca, ma se si dovesse dare un giudizio oggettivo tra questi due autori e i loro lavori, il tutto si può riassumere in poche semplici parole: Martin è furbo, Erikson è onesto.
La vera differenza tra i due è tutta in questo punto.
Martin, dopo aver criticato e non apprezzato il fantasy, si è messo a scriverne perché a un certo punto è divenuto il genere che andava per la maggiore. Malgrado qualche buona idea, non aveva le idee chiare di cosa scrivere, perdendo il bandolo della matassa e procrastinando una conclusione dell’opera che non si sa quando avverrà, tirando per le lunghe e facendo passare anni tra un volume e l’altro, senza dare svolte significative alla trama.
Erikson fin da subito è stato uno scrittore di fantasy: sapeva come e di cosa voleva parlare, avendo le idee chiare del progetto che voleva realizzare. Dimostrando rispetto per i lettori e professionalità, ha rispettato i tempi degli accordi presi con l’editore, realizzando romanzi di quasi mille pagine l’uno ogni anno, mantenendo sempre alta la qualità della scrittura e della trama.
Se Martin ha venduto più di Erikson, non è stato certo perché il suo è un lavoro migliore o perché ha più talento: semplicemente ha fatto il furbo, dando quello che più vuole la maggior parte del pubblico, ovvero sesso e intrallazzi, come spesso si vede in tante soap opere. Spesso le vendite di un’opera dipendono da quanto il pubblico riesce a recepire, dalla sua intelligenza, dalla sua consapevolezza, basta vedere cosa è successo a suo tempo a Melville quando ha pubblicato Moby Dick: l’opera allora gli stroncò la carriera, mentre dopo la sua morte fu ritenuto un capolavoro e venne letto da milioni di persone, dandogli il giusto successo che si meritava.
Dopo tali considerazioni, spetta a ogni lettore fare la sua scelta. La mia l’ho fatta da tempo, dato che sono per l’onestà.

Storie di Asklivion – Strade nascoste : una recensione

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Storie di Asklivion - Strade NascosteSul suo blog, Gabriele Ninci (conosciuto in rete con il nickname Tanabrus) ha scritto la recensione di Storie di Asklivion – Strade nascoste.
Come scritto nel commento lasciato in risposta al suo post, mi sono trovato concorde con il punto di vista che ha espresso. L’avevo già scritto in un altro post, ero e sono convinto della bontà del lavoro svolto; questo non significa che non lo reputi migliorabile, anzi. Soprattutto la prima parte (proprio su questa la recensione pone attenzione) reputo che sia quella più lenta, che può coinvolgere di meno il lettore perché non s’addentra subito nel vivo della storia, ma ci si avvicina lentamente, in apparenza facendola sembrare slegata a essa, come se ogni capitolo iniziale dedicato a un singolo personaggio fosse un racconto a sé stante. Riprendendo le parole di Gabriele, può sembrare di leggere una storia di Sapkovski, come visto nelle antologie di racconti dedicati a Geralt di Rivia (anche se ai tempi in cui scrivevo quelle parti (2001) non avevo letto nulla dell’autore polacco, dato che non era stato ancora tradotto in Italia, cosa avvenuta solo dal 2010 in poi, e che io non leggevo romanzi in inglese all’epoca).
Perché usare un approccio del genere?
Quando ho iniziato a scrivere non avevo l’esperienza scrittoria acquisita negli anni e con le capacità di allora è stata a mio avviso la scelta migliore, puntando al non cercare di fare, o meglio strafare, ma al fare cose semplici: avere un approccio soft per permettere al lettore di ambientarsi e conoscere con calma il mondo e i personaggi. Non sono pentito di quella scelta, ma con l’esperienza acquisita nello scrivere, anche grazie a letture fatte in seguito (EriksonSanderson e Jordan allora non li avevo ancora letti, ma dalle loro opere c’è da imparare molto), più sintesi e un’alternanza maggiore in alcuni punti della prima parte tra azione e pensiero sarebbero stati appropriati; attualmente, se volessi modificare l’impostazione della prima parte basterebbe usare una costruzione differente che riassume molto senza perdere nulla (l’uso dei flashback, come fatto in seguito, permetterebbe una maggiore incisività). E non è detto che non lo faccia, proprio come ho fatto con Non Siete Intoccabili, anche se in questo caso si tratterebbe di un lavoro differente: occorrerebbe solo fare dei tagli, tenendo le parti più rilevanti, non dover riscrivere interi brani cambiando anche struttura della storia e dei personaggi; questo in Storie di Asklivion – Strade nascoste non è necessario, occorre solo velocizzare l’inizio.
Parlando d’esperienza, penso abbia cominciato a farsi vedere dal capitolo dieci, quando ormai erano due anni che scrivevo, permettendo di avere un approccio con il lettore più efficace, con il ritmo che diventa più veloce e i tasselli della storia che cominciano a dare forma al quadro d’insieme, lasciando da parte gli aspetti filosofici e psicologici che avevano avuto largo spazio finora, specie con Ghendor.
Perché ho puntato tanto su simili aspetti?
Perché si scrive quello che piace e per me la ricerca di consapevolezza, la scoperta di cose nuove e del passato è importante: per questo ho voluto attraverso l’uso di filosofia, teologia, simbolismo farne uno dei perni del romanzo. Non è una scelta commerciale, che si adegua alla maggioranza di libri fantasy che vengono prodotti (cosa propone e fa andare per la maggiore il mercato) perché reputo che sia un modo di dare maggior rispetto al genere, che ha nelle sue corde un grande potenziale per essere una letteratura da cui si può imparare molto. Sono consapevole che il personaggio di Ghendor risulta pesante e pedante, ma questo è il giudizio che ho voluto che si creasse conoscendolo soprattutto all’inizio (non è mai capitato nella vita reale d’incontrare qualcuno con la tendenza a voler insegnare e ad averlo giudicato stancante e seccante?), per mostrare come il restare chiuso nei suoi studi e nella vita quotidiana l’abbiano limitato e bloccato, rinchiuso in una esistenza che non è quella che ha da vivere, dove ha tanto da imparare ancora, piuttosto che cercare d’insegnare agli altri.
Altro punto fatto notare dalla recensione è l’uso che faccio dell’introspezione: è un elemento che uso molto perché è un mezzo che in un libro ritengo sia utile per affrontare cose di cui è difficile parlare; magari una sintesi maggiore può essere utile per essere più incisivi.

La recensione è mirata ed equilibrata a focalizzare punti forti e deboli del romanzo, utile a migliorare come lo è stata quella su Non siete intoccabili, perché ha dato spunti che sono serviti per dare idee su dove intervenire e migliorare il lavoro.

Semplice immaginazione o pura realtà?

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Molti ritengono che gli scrittori di fantasy, fantastico e fantascienza scrivano delle storie inventate, piene di fantasia e nulla di più.
La realtà invece ha dimostrato che in diversi casi non è affatto così.
Jules Verne con opere come Ventimila leghe sotto i mari, Intorno alla Luna ho mostrato le invenzioni che sarebbero state realizzate qualche decina d’anni più tardi di quando scriveva (i razzi che vanno oltre l’atmosfera e i sottomarini), anzi si può affermare che sia stato d’ispirazione per scienziati e applicazioni tecnologiche delle epoche successive. Se è per questo, c’è da dire che Leonardo da Vinci secoli prima aveva realizzato progetti di macchine comparse solamente all’approcciarsi del XX secolo (carri armati, aeroplani, elicotteri, biciclette).
George Orwell ha mostrato con 1984 quanto potere possa avere la tecnologia e chi la detiene, rivelando quanto possono fare i governi totalitari nel riscrivere la storia e condizionare la gente.
Steven Erikson con il quinto volume della saga Malazan, Maree di Mezzanotte, ha mostrato perfettamente una società basata sul debito e che rende schiavi chi non li riesce a pagare, ottimo specchio della società attuale con una lucida disanima della spietatezza e dell’alienazione di tale sistema.
Questi sono solo alcuni esempi di come un romanzo non sia solo un intrattenimento, ma anche un mezzo per rendere consapevoli, per aprire finestre su mondi di possibilità. Tuttavia la realtà alle volte raggiunge e supera l’immaginazione. O forse semplicemente quella che viene reputata immaginazione altro non è che un modo per parlare di quanto sta accadendo nella vita presente.
L’Ultimo Potere fa questo: è duro, crudo, in apparenza senza speranza, un piombo per l’anima. Ma parla di realtà che spesso non vogliono essere viste, portandole all’estremo per far prendere coscienza in chi lo legge di fatti che accadono. Estremo che a ben vedere è già purtroppo ben presente nella realtà. Una realtà che è solo follia. Il pensiero va a quanto sta accadendo in India, dove ogni giorno donne, bambine vengono stuprate e uccise da interi branchi di esseri impazziti.
Esseri impazziti, non esseri umani. Chiunque compie atti del genere, che dopo aver violentato una donna la impicca, la brucia, le fa bere dell’acido non è più un uomo, è solo una cellula cancerosa e impazzita che va eliminata senza pietà, senza appello. Perché chiunque dà una considerazione del genere a un proprio simile non merita altro.
La cosa ancora peggiore è che esiste un’intera società che possiede una mentalità del genere. Un società che copre questi crimini, dove sembra che ci sia la concezione che simili atti brutali siano qualcosa di normale e anche di giusto, perché la donna vale meno di niente. Ma tutto ciò è qualcosa di abominevole, che va combattuto con ogni mezzo e spazzato via, dove nessuno dei crimini commessi deve essere lasciato passare, perché nemmeno le bestie più aggressive possiedono una simile brutalità.
Appropriate per questo stato delle cose sono le parole del Riccardo III di William Shakespeare:

– Non c’è bestia che sia tanto feroce da non conoscere almeno un briciolo di pietà.
– Ma io non la conosco, perciò non sono bestia.

La religione e come si possono trasmettere i suoi insegnamenti

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Il SilmarillionQuando si pensa alla religione vengono alla mente dogmi, rituali, cerimoniali, preghiere; ma soprattutto si pensa a qualcosa di pesante e di difficile comprensione.
Tale mentalità in buona parte è dovuta all’individuo che non è interessato a essa, che non si sforza di conoscere, di scoprire, di andare oltre ciò che conosce e quanto può toccare con mano. In una società materialista come la nostra che incentra tutta l’esistenza sul guadagno e sul consumismo, la ricerca d’interiorità, di valori che si elevino e si distacchino dai  soldi e quanto possono comprare, è un elemento che ha scarsa considerazione, quando non è cacciato in un angolo come una cosa inutile.
Tuttavia c’è da costatare che tale mentalità è in parte causata anche dalle istituzioni che, volendo rimanere legate alla tradizione, a regole e dogmi secolari, non hanno saputo rinnovarsi e trovare il modo di comunicare adatto a trasmettere gli insegnamenti di cui sono depositarie. Questo, associato a chiusura, all’arrogarsi il diritto di essere nel giusto, di non saper ascoltare e ritenersi al di sopra delle persone, ha contribuito a tenere distanti le persone (salvo quelle che volevano qualcuno che le guidasse, cui appoggiarsi, anche se questo voleva dire limitare la propria libertà e voglia di ricerca) dalla religione.
Le istituzioni religiose con il loro modo di fare non si sono rese conto di aver fatto divenire spesso la religione qualcosa di sbagliato, travisandone il significato per il come è stata trasmessa. Sembra superfluo sottolinearlo, ma va ricordato che le istituzioni, di qualsiasi genere, sono formate da uomini e tutto, come sempre, si riconduce all’individuo, al livello di comprensione e intelligenza che riesce a raggiungere: l’essere umano è fallibile, anche se mosso da buone intenzioni, a causa dell’ignoranza, fatto che in ambito religioso ha trovato dimostrazione nella traduzione dei libri sacri, dove spesso il significato dei testi è risultato impreciso, se non quando distorto.
Si potrebbe dissertare a lungo su questi punti, ma la questione principale è un’altra: che cos’è la religione?
Semplicemente è un insegnamento sull’esistenza, un modo per trasmettere consapevolezza e permettere così all’uomo di evolvere e vivere meglio. E lo fa attraverso l’uso di simboli e di testi che possono essere visti come racconti, miti, volendo anche fiabe.
Certo una simile affermazione fa storcere il naso a molto membri del clero, dato che i testi sacri vengono considerati realtà che non possono essere mischiate con quelle che sono ritenute fantasie adatte a bambini e persone semplici. Un modo di pensare e fare come già detto limitante, che fa perdere occasioni perché da tutto c’è da imparare e che soprattutto dovrebbe comprendere che le vie dell’apprendimento sono infinite e non limitate solamente ad ambienti ecclesiastici: una cosa può essere mostrata in tanti modi e così essere più efficace nel raggiungere il maggior numero di persone. Questo è ciò che è importante, ma che spesso viene dimenticato perché fossilizzati sull’idea che esista un unico modo per insegnare, dando la priorità all’apparenza invece di quanto si cela dietro di essa.
DeadHouse Gates1Il modo d’insegnare dimostra la sua importanza perché è grazie a esso che si può avere l’interesse o il disinteresse delle persone e così ottenere un risultato oppure un altro.
Facciamo degli esempi.
La Bibbia è una lettura densa e significativa, ma può non avere un grande appeal dato che è stato usato un modo di scrivere risalente a secoli fa che non invoglia a proseguire, come invece succede quando si ha a che fare con un buon romanzo: benché ricca di simboli, la nascita del creato non suscita un interesse eclatante per come è normalmente conosciuta. Più interessante è invece leggere il tema della creazione proposto da J.R.R.Tolkien in Il Silmarillion: molti sono i riferimenti alla religione cristiana e con il racconto della creazione che ricorda molto la Genesi, con la differenza che viene usato uno stile più affascinante, più adatto al tempo in cui si vive.
Sempre in ambito letterario, molto toccante e di maggior impatto rispetto al brano originale da cui trae ispirazione è la scena della morte di Coltaine in La Dimora Fantasma (Deadhouse Gates)di Steven Erikson, che ripropone in tutto e per tutto il triplice rinnegamento di Pietro, il lavarsi le mani di Pilato e la crocefissione di Gesù.
MarvelPremiere1Riferimenti evangelici e biblici sono fortemente presenti anche nei fumetti dedicati ad Adam Warlock, personaggio del mondo Marvel: inizialmente conosciuto come Lui, fu creato da Stan Lee (testi) e Jack Kirby (disegni) e comparve la prima volta in The Fantastic Four (Vol.1) n. 66 (settembre 1967), mentre è in Marvel Premiere n. 1,2 (aprile 1972), opera di Roy Thomas (testi) e Gil Kane (disegni) che si dà il via a uno spazio dedicatogli interamente; una serie durata otto numeri (agosto 1972 – ottobre 1973), che vede la sua conclusione in Incredibile Hulk con la trilogia di racconti scritti da Gerry Conway (n.176-178 giugno-agosto 1974).
Il primo ciclo dedicato a Warlock mostra un Alto Evoluzionario (assunto a livello divino dopo essere morto nel combattere le creature da lui create e sfuggite al suo controllo) che, viaggiando nello spazio all’interno di una struttura avveniristica camuffata da asteroide, decide di dare vita a una nuova Terra priva di tutti quegli errori e orrori che tanto hanno caratterizzato il suo pianeta natale, negando alla nuova razza umana l’istinto violento della vecchia, causa di un inferno dove avrebbe dovuto esserci un paradiso. E così, da un frammento del vecchio pianeta, grazie alla scienza e alla tecnologia a disposizione, ne fa nascere uno nuovo: qui si ripete la Genesi che già si conosce, un sogno che trova realizzazione. Un sogno che viene inquinato quando, a causa di un momento di stanchezza e distrazione dell’Alto Evoluzionario, l’Uomo Bestia (sua vecchia creazione e incarnazione del male), interviene a immettere la violenza nel nuovo mondo battezzato Contro Terra (viene ripreso il concetto del filosofo greco Pitagora che ipotizzava di un pianeta posto dall’altra parte del Sole sulla stessa orbita della Terra).
In questa parte della storia è chiaro il riferimento a Paradiso Perduto di Milton: è forte il concetto di perfezione della creazione rovinata dall’invidia di una creatura che si sente tradita e messa da parte come fatto dallo scrittore inglese. Come forte è il riferimento al passo della Bibbia dove Abramo supplica Dio di risparmiare Sodoma e Gomorra quando Warlock si oppone all’Alto Evoluzionario dal distruggere la nuova creazione perché crede fermamente che ci siano qualità nell’uomo per le quali merita d’essere salvato, quali l’orgoglio e una scintilla di divinità (riferimento al passo evangelico “io ho detto: voi siete dei” e al fatto che Gesù insegnava che tutti gli uomini sono Figli di Dio, portatori del gene del Divino).
Tutti i volumi sono permeati di simbolismo (con i servi dell’Uomo Bestia, incarnazione di Lucifero, che rappresentano sentimenti come la menzogna e l’aggressività), ma lanciano anche messaggi forti quali a esempio che la massa è fortemente influenzabile da chi ha abbastanza carisma, che si lascia irretire senza usare la propria testa per capire come stanno realmente le cose (affidandosi totalmente a chi sceglie come guida) e che la vera forza del male sta nell’inganno, nella manipolazione e nel cercare di avere controllo e influenza nelle figure che governano, perché esse hanno i mezzi migliori per mettere in atto i propri scopi (viene in mente a esempio il film The Omen che tratta il tema analogo del demonio che cerca di arrivare al governo degli Stati Uniti).
Una lotta contro le forze del male che appare titanica e non solo per la forza del nemico, ma perché si deve combattere contro un intero sistema, contro una mentalità violenta e ignorante profondamente radicata nell’uomo, arrivando fino alle estreme conseguenze, come proposto nelle tavole che concludono il primo ciclo di Warlock, dove Adam ripercorre lo stesso percorso di Cristo con un’ultima cena passata assieme ad amici e seguaci, il dileggio pubblico, il lavarsi le mani dell’autorità, la morte che ricorda la crocifissione, la deposizione all’interno di una grotta che funge da sepolcro, fino alla gloriosa resurrezione che porta alla sconfitta del male. Un male che va riconosciuto come parte dell’essere umano e al quale bisogna opporvisi per far sì che l’Uomo Bestia non torni a rivivere.

Come si è visto, se non si è chiusi di mente, ci sono tanti modi per trasmettere insegnamenti, che possono essere più efficaci di quelli tradizionali e lasciare un segno, evitando così che quanto c’è di valore vada perduto. Non è meglio ascoltare un concetto, un principio, attraverso una storia con eroi e supereroi sentendosi coinvolti in essa, piuttosto che seguire una lezione classica di tipo scolastico che può risultare passiva e noiosa?