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Il Grande Fratello Cinese

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Dove vai, che cosa compri, chi vedi, quanti punti hai sulla patente… Il governo cinese sta mettendo in linea una banca dati che servirà per dare un voto ai singoli cittadini. Il giudizio finale su ciascuno sarà poi scambiato tra i vari enti pubblici e i “buoni” verranno premiati con una serie di facilitazioni. Se questa vi sembra una versione hi-tech del Grande Fratello di Orwell, non siete i soli, ma ciò non turba Pechino. L’iniziativa è stata battezzata Scs (Social credit system) e collegherà le informazioni possedute dalle banche, dai siti di e-commerce e dai social) integrandole in una valutazione complessiva; chi sarà promosso troverà lavoro più facilmente e godrà di servizi migliori. E, visto che il voto sarà di dominio pubblico, anche un padrone di casa o un partner sentimentale potranno servirsene per giudicare il carattere dell’inquilino… o dell’innamorato.
Pechino dà i voti. Focus 278 dicembre 2015, pag.113

Come già detto nell’articolo, tale sistema ricorda tanto quello del Grande Fratello di 1984 di George Orwell. Chi è al potere lo vede come una cosa positiva e anche tante tra le persone comuni possono vederla in questo modo, perché così, essendo tutto sotto controllo, maggiore sarà la sicurezza e si potrà vivere più tranquilli, più “tutelati”. Specie in un periodo dove alto è il rischio di terrorismo, il sapere tutto di tutti (e così nel caso intervenire) non può esssere che visto come una cosa dalla valenza positiva. Almeno così si può pensare.
Ma per l’essere tranquilli, non si tiene conto di un altro rischio: quello della cessazione della libertà. Libertà di parola, di espressione, di movimento. Se c’è qualcosa che dà fastidio al regime (perché è di questo che si tratta), si viene schedati, penalizzati, messi da parte. Quindi presto la gente, per non perdere punti nel sistema e di conseguenza privilegi, comincerà a fare liste di cose “buone” e cose “cattive”; allora ci saranno i libri che si possono leggere e quelli no, gli spettacoli che si possono vedere e quelli da evitare, i luoghi dove andare e non andare, quali idee seguire. In questo modo la gente verrà condizionata nelle scelte, nel modo di pensare e così non sarà più libera, perché sarà chi è al potere a decidere cosa è bene e cosa è male; naturalmente sarà bene tutto ciò che lo avvantaggia e fa il suo tornaconto e male ciò che va contro alla sua politica.
Quindi ci si pensi bene prima di esultare ed essere felici, perché il Grande Fratello non è un bene: è una prigione e anche qualcosa di peggio. Per la sicurezza e il vivere tranquilli non si può sacrificare la libertà: è un bene troppo prezioso.

Giustizia: che fine ha fatto?

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Dialogo tra V e Giustizia
Dialogo tra V e Giustizia
Dialogo tra V e Giustizia

Dialogo tra V e Giustizia

Che fine ha fatto la giustizia?
Una domanda che ci si pone non solo per il caso Azzolini di questi giorni (è solo l’ultimo di tanti), ma perché è una cosa che si ripete da anni (in Italia purtroppo ci si è tristemente abituati a furia di scandali, corruzioni, salvataggi vari per fini di potere), si può dire da quando esiste la società umana.
Le leggi dovrebbero essere uguali per tutti e nessuno dovrebbe essere al di sopra di esse.
Purtroppo invece si deve costatare che esistono persone, specie politici e chi detiene denaro e potere, per cui si applica un peso diverso di giudizio, che spesso li assolve anche se sono colpevoli.
Non ci si deve meravigliare se poi si finisce col non credere più nella giustizia.
Come scrive George Orwell in La fattoria degli animali tutti gli animali sono eguali ma alcuni animali sono più eguali degli altri“.

Il Job Act e Il Grande Fratello

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Il Job Act dal governo viene pubblicizzato come una grande risorsa, la risoluzione dei problemi della recessione che ha colpito l’Italia, il mezzo che porterà a far correre l’economia. Si sbandierano tanti numeri per dimostrare quello che vuole essere visto come un successo (ma occorrerà vedere se questi risultati saranno davvero qualcosa di concreto oppure se risulterà solo un doping che, dopo aver sfruttato il momento iniziale, lascia in condizioni peggiori di prima), senza però tenere conto che è una legge che non tutela affatto i lavoratori, ma è a favore dei datori di lavori, degli imprenditori (Renzi, come Berlusconi, appoggia ed è appoggiato da questi ultimi e di conseguenza li favorisce); una cosa che purtroppo non sorprende più, dato che si è nell’Era dell’Economia.
Come non sorprende la caduta di ogni divieto sul controllo dei dipendenti. Che il lavoratore sul posto di lavoro faccia il suo dovere e non perda tempo a giocare, chattare, stare sui social, è giusto, ma per questo basterebbe semplicemente far sì che si usino solo i software necessari per svolgere le sue mansioni e i siti utili solo al loro ambito. Quanto si vuole immettere invece in questi giorni è invece un monitorare il lavoratore in tutti i suoi ambiti (facendo così cadere dopo l’art.18 anche quello 4 dello Statuto dei Lavoratori), anche quelli privati. Tutto questo è un limitare la libertà dell’individuo, che così non fa che perdere sempre più diritti ed essere sempre più schiavo.
La tecnologia può essere utile, ma usata nel giusto modo, non come in questo caso, che ricorda tanto il Grande Fratello di 1984 di George Orwell. Forse si vuole arrivare proprio a questo: avere tutti sotto controllo e condizionarli a fare quello che si vuole. Riportando le parole dello storico torinese Nicola Tranfaglia, “La libertà dei lavoratori è a serio rischio. Sembra di ritornare ai tempi pre Statuto dei lavoratori, delle schedature Fiat, che poi furono il motivo per cui fu introdotto l’articolo“: l’arretramento sul piano dei diritti acquisiti è sempre più evidente
Non c’è da stare sereni, nonostante le raccomandazioni che vengono dal governo (soprattutto per questo). Neanche un po’.

Uguaglianza

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la fattoria degli animaliCome prima, vi furono calorosi applausi e i bicchieri vennero vuotati fino al fondo. Ma mentre gli animali di fuori fissavano la scena, sembrò loro che qualcosa di strano stesse accadendo. Che cosa c’era di mutato nei visi dei porci? Gli occhi stanchi di Berta andavano dall’uno all’altro grugno. Alcuni avevano cinque menti, altri quattro, altri tre. Ma che cos’era che sembrava dissolversi e trasformarsi? Poi, finiti gli applausi, la compagnia riprese le carte e continuò la partita interrotta, e gli animali silenziosamente si ritirarono.
Ma non avevano percorso venti metri che si fermarono di botto. Un clamore di voci veniva dalla casa colonica. Si precipitarono indietro e di nuovo spiarono dalla finestra. Sì, era scoppiato un violento litigio. Vi erano grida, colpi vibrati sulla tavola, acuti sguardi di sospetto, proteste furiose. Lo scompiglio pareva esser stato provocato dal fatto che Napoleon e il signor Pilkington avevano ciascuno e simultaneamente giocato un asso di spade.
Dodici voci si alzarono furiose, e tutte erano simili. Non c’era da chiedersi ora che cosa fosse successo al viso dei maiali. Le creature di fuori guardavano dal maiale all’uomo, dall’uomo al maiale e ancora dal maiale all’uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due.

La fattoria degli animali. George Orwell.

La bontà di un’opera si dimostra quando questa si dimostra universale, adatta a qualsiasi tempo e società, perché mostra verità e atteggiamenti che sono propri dell’uomo. George Orwell in questo è sempre riuscito. Questo brano tratto dalla sua opera La fattoria degli animali rispecchia perfettamente il quadro delle forze politiche presenti ora in Italia, che dimostrano uguaglianza tra loro: non si distinguono le une dalle altre, sono tutte della stessa razza.
Per questo occorre fare attenzione, per non fare la fine di Gondrano, aiutando un sistema che se ne frega degli altri e li sfrutta soltanto per il proprio interesse.

Semplice immaginazione o pura realtà?

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Molti ritengono che gli scrittori di fantasy, fantastico e fantascienza scrivano delle storie inventate, piene di fantasia e nulla di più.
La realtà invece ha dimostrato che in diversi casi non è affatto così.
Jules Verne con opere come Ventimila leghe sotto i mari, Intorno alla Luna ho mostrato le invenzioni che sarebbero state realizzate qualche decina d’anni più tardi di quando scriveva (i razzi che vanno oltre l’atmosfera e i sottomarini), anzi si può affermare che sia stato d’ispirazione per scienziati e applicazioni tecnologiche delle epoche successive. Se è per questo, c’è da dire che Leonardo da Vinci secoli prima aveva realizzato progetti di macchine comparse solamente all’approcciarsi del XX secolo (carri armati, aeroplani, elicotteri, biciclette).
George Orwell ha mostrato con 1984 quanto potere possa avere la tecnologia e chi la detiene, rivelando quanto possono fare i governi totalitari nel riscrivere la storia e condizionare la gente.
Steven Erikson con il quinto volume della saga Malazan, Maree di Mezzanotte, ha mostrato perfettamente una società basata sul debito e che rende schiavi chi non li riesce a pagare, ottimo specchio della società attuale con una lucida disanima della spietatezza e dell’alienazione di tale sistema.
Questi sono solo alcuni esempi di come un romanzo non sia solo un intrattenimento, ma anche un mezzo per rendere consapevoli, per aprire finestre su mondi di possibilità. Tuttavia la realtà alle volte raggiunge e supera l’immaginazione. O forse semplicemente quella che viene reputata immaginazione altro non è che un modo per parlare di quanto sta accadendo nella vita presente.
L’Ultimo Potere fa questo: è duro, crudo, in apparenza senza speranza, un piombo per l’anima. Ma parla di realtà che spesso non vogliono essere viste, portandole all’estremo per far prendere coscienza in chi lo legge di fatti che accadono. Estremo che a ben vedere è già purtroppo ben presente nella realtà. Una realtà che è solo follia. Il pensiero va a quanto sta accadendo in India, dove ogni giorno donne, bambine vengono stuprate e uccise da interi branchi di esseri impazziti.
Esseri impazziti, non esseri umani. Chiunque compie atti del genere, che dopo aver violentato una donna la impicca, la brucia, le fa bere dell’acido non è più un uomo, è solo una cellula cancerosa e impazzita che va eliminata senza pietà, senza appello. Perché chiunque dà una considerazione del genere a un proprio simile non merita altro.
La cosa ancora peggiore è che esiste un’intera società che possiede una mentalità del genere. Un società che copre questi crimini, dove sembra che ci sia la concezione che simili atti brutali siano qualcosa di normale e anche di giusto, perché la donna vale meno di niente. Ma tutto ciò è qualcosa di abominevole, che va combattuto con ogni mezzo e spazzato via, dove nessuno dei crimini commessi deve essere lasciato passare, perché nemmeno le bestie più aggressive possiedono una simile brutalità.
Appropriate per questo stato delle cose sono le parole del Riccardo III di William Shakespeare:

– Non c’è bestia che sia tanto feroce da non conoscere almeno un briciolo di pietà.
– Ma io non la conosco, perciò non sono bestia.

Di Grandi Fratelli 2

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Che 1984 di George Orwell abbia molto da insegnare è fuori discussione. Nell’articolo precedente si è visto come attraverso la tecnologia l’individuo che vive nella società attuale non sia libero, ma continuamente studiato, monitorato, la sua sfera privata invasa. Già di per sé questa situazione è allarmante, ma ugualmente preoccupante è il fatto come la memoria sia labile, ci si dimentichi di quanto è stato, come se nulla fosse successo e quelli che un tempo erano nemici e rivali ora siano alleati. Come si sa, questo è il gioco della politica, attuato da chi è al potere per cercare il maggior numero di consensi e appoggi e consolidare la propria posizione, ma a tutto c’è un limite: un contesto assurdo se si pensa per esempio a quello italiano dove la sinistra, la destra e il centro non si differenziano più, non hanno più idee proprie, ma s’incrociano per fare alleanze traballanti ed equivoche pur restare al potere (si veda quanto ha fatto Renzi, che è andato a fare un accordo con Berlusconi, facendo rientrare dalla finestra chi è stato condannato per i suoi reati e che invece non dovrebbe più avere a che fare con il mondo politico).
In tutto questo è allarmante come la popolazione lasci fare, si adatti, si sottometta rassegnata a poteri che volendo potrebbe annullare: ci si dimentica che le persone che sono al potere sono state votate dalla popolazione e che come sono state messe in certi ruoli possono essere anche tolte. Ma l’appiattimento di pensiero impedisce il cercare di cambiare la situazione, in modo molto simile a quello che succede in 1984 dove l’unica forma di pensiero ammissibile è il Bipensiero, con i suoi famosi slogan “la menzogna diventa verità e passa alla storia”, “chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato”: non è un caso che ci sia stato negli anni passati il tentativo dei governi di destra di revisionare e riscrivere i testi di storia, stravolgendone la realtà con menzogne atte a tirar acqua al proprio mulino e a modificare la realtà a proprio favore. Proprio come fatto in 1984 dove i testi vengono riscritti continuamente espellendo tutto quanto non sia in linea con le idee del momento del Socing: tutti i fatti che rivelino contraddizione o fallibilità del partito vengono periodicamente e sistematicamente cancellati e sostituiti, la storia non esiste più, se non per dare ragione al Partito (stessa cosa avviene in un’altra opera di Orwell, La fattoria degli animali, dove i comandamenti sulla parete del granaio cambiano in base al pensiero di chi le crea e tutti li accettano a causa della propria ignoranza e passività).
Va preso in considerazione anche l’appiattimento del linguaggio realizzato attraverso le trasmissioni televisive che culturalmente e intellettualmente sono sempre andate al ribasso, trattando temi sempre più poveri e superficiali; stessa cosa è accaduta con le produzioni di quotidiani, riviste e libri, dove in prevalenza le tematiche girano attorno a pettegolezzi, cotte, avventure amorose e sesso (libri di successo come quelle legati alle serie di Twilight e alle varie Sfumature ne sono la dimostrazione). Non è un caso che con un’ignoranza così dilagante chi è al potere si rafforzi sempre più, perché non si hanno i mezzi per ribellarsi al sistema: davvero, come inneggia il Grande Fratello, “l’ignoranza è forza”, perché permette di controllare una popolazione intera. Con l’impoverimento del linguaggio, dove non si hanno più tante sfumature dovute alle conoscenze di un gran numero di parole risulta difficile concepire un pensiero critico individuale.
Se poi si pensa alle attuali produzioni in campo letterario e musicale realizzate in Italia che sono tutte dello stesso stampo, non ci si meraviglia di trovare somiglianze con quello che veniva realizzato nel romanzo di Orwell, dove produrre letteratura, ossia la scrittura a mano, è stata di fatto abolita: poesie, canzoni e romanzi vengono realizzati automaticamente da complessi macchinari elettromeccanici detti versificatori, in base a schemi predefiniti.
Orwell non è stato certo l’unico a mostrare sistemi del genere: basta pensare a Fahrenheit 451 di Ray Bradbury dove i pompieri non spengono incendi ma li appiccano, bruciando i libri come decreta la legge, alienati da schermi televisivi grandi come pareti pieni di slogan che appiattiscono e condizionano la mente della popolazione. Ma anche Alan Moore e David Lloyd con V per Vendetta hanno raccontato della perdita di libertà e d’identità in un mondo totalitario, la cronaca di un mondo in cui regnano la disperazione e un’opprimente tirannia. I due autori s’ispirano molto ai lavori di Orwell e Bradbury: criticano i sistemi totalitaristici e narrano di un personaggio che si ribella al sistema, che vuole vedere oltre la realtà come appare, vuole scoprire la verità. Ma se in 1984 il protagonista Winston Smith è destinato a fallire nel suo intento e ad adattarsi al sistema e in Fahrenheit Montag fugge dal sistema per non farne più parte e avere la speranza in futuro di cambiare lo stato delle cose, nel fumetto di Moore e Lloyd il protagonista V (di cui non si conosce l’identità perché indossa sempre una maschera di Guy Fawkes) attua il processo di distruzione del sistema totalitaristico minandolo con colpi mirati alle persone di potere e agli organi di controllo, attuando nello stesso tempo l’insegnamento di consapevolezza di cui l’individuo deve essere cosciente per poter essere creatore di qualcosa di nuovo. V è l’uomo attivo che non più subisce, ma agisce per cambiare le cose, proprio come fece il personaggio storico da cui la maschera trae ispirazione: nell’immaginario inglese Guy Fawkes è un terrorista cattolico che provò a far esplodere il Parlamento nel tentativo di uccidere il re Giacomo I con tutta la sua famiglia e gran parte dell’aristocrazia protestante; esecutore del piano ideato da Robert Catesby, venne tradito e catturato e poi giustiziato. Il tentativo di cambiare il sistema fallì, ma l’idea di ribellarsi e agire contro un potere ingiusto rimase nei secoli: “Ricorda per sempre il cinque novembre e la congiura contro lo stato. Ricorda e sta’ attento che quel tradimento mai e poi mai sia dimenticato”, è la filastrocca nata in memoria di quel giorno che ogni anno viene festeggiato in Inghilterra bruciando fantocci a immagine dell’attentatore. Naturalmente Moore e Lloyd nella loro opera hanno rivoltato l’idea di questa festa, facendo di Guy Fawkes un eroe, un’icona cui ispirarsi, creando un piccolo grande capolavoro che non ha nulla da invidiare alla migliore letteratura dei migliori scrittori esistiti.

Allo stesso modo fa Guy Gavriel Kay con Il paese delle due lune, mostrando come la divisione e l’ignoranza siano una debolezza e possano spezzare un’intera nazione, frammentandola in tante parti divise tra loro: questo è lo scenario dell’Italia attuale, ma anche quello che tante volte si è visto in passato nella sua storia. Oggi come allora la nazione è divisa, non geograficamente, ma nello spirito. Più che nazione sarebbe corretto parlare di persone che abitano nello stesso luogo, perché gli italiani non sono individui che formano un paese coeso, ma individualisti che pensano al proprio interesse e nient’altro, ben rappresentati dalla classe politica e dirigenziale, specchio di ciò che gli italiani sono realmente. Kay con la sua opera fantastica mostra sì la storia del nostro paese, ispirandosi a un tempo (quello rinascimentale) dove si era soggetti all’egemonia di potenze straniere (a nord il regno austro ungarico a sud il regno borbonico), vessato e spezzato in tanti stati che litigavano tra loro, ma anche e soprattutto la sua anima, il suo spirito privo di forza e unità. Non è un caso che l’autore canadese chiami la penisola in cui è ambientata la vicenda il Palmo, utilizzando questa immagine per dare forma al dialogo che meglio mostra il pensiero di cui il suo romanzo è permeato:
«Che cosa c’è di tanto divertente, vecchio mio?» chiese l’uomo dagli occhi grigi.
«Voi », rispose il guerriero. «Tutti voi. Non ho mai visto tanti ciechi in una sola stanza.»
«Che intendi dire?» chiese con sospetto il mercante di lana.
«Occorre spiegarlo?» mormorò l’uomo di Khardhun, fingendosi stupito. «Va bene, allora. Perché mai dovrebbe prendersi il disturbo di rendervi schiavi?» Indicò il mercante che aveva dato inizio alla discussione. «Se cercasse di farlo, quel poco di virilità che rimane ancora nella penisola potrebbe giungere a ribellarsi.»
Ettorcio tornò a guardare nervosamente la porta.
«Viceversa», proseguì l’uomo di Khardhun, «se si limita a spremervi con tasse e pedaggi e confische, può ottenere lo stesso risultato senza far infuriare nessuno. Alberico», terminò, bevendo un sorso di birra, «non è uno stupido.»
«E tu», disse l’uomo dagli occhi grigi, «sei uno straniero insolente e arrogante! »
L’uomo di Khardhun smise di sorridere. Fissò minacciosamente il mercante, ed Ettorcio ringraziò gli dei di avergli fatto togliere la spada, quando era entrato.
«Sono qui da trent’anni», disse l’uomo dalla pelle nera.
«Da prima che tu nascessi, scommetto. Proteggevo le carovane su questa strada quando tu bagnavi ancora il letto. E per il fatto di essere uno straniero, be’, l’ultima volta che ho chiesto informazioni, mi hanno detto che Khardhun era un paese libero. Noi siamo riusciti a ricacciare indietro gli invasori, e questo è più di quanto possa dire qualsiasi uomo della penisola!»
«Voi avevate la magia! » esclamò il ragazzo che faceva colazione appoggiato al banco. «Noi no! È il solo motivo!»
L’uomo di Khardhun si girò verso il ragazzo e gli rivolse una smorfia sprezzante. «e pensi di poter dormire meglio, credilo pure. Forse sarai più contento di pagare le tue tasse, o di patire la fame perché non c’è grano. Se invece vuoi sapere la verità, te la posso dire gratis.
Diversi uomini si erano alzati in piedi e fissavano con ira l’uomo di Khardhun.
Guardandosi attorno, questi disse chiaramente: «Noi abbiamo ricacciato indietro Brandin di Ygrath, quando ci ha invaso, perché il Khardhun ha combattuto come una sola nazione. Voi siete stati sconfitti da Alberico e da Brandin perché vi preoccupavate troppo delle piccole dispute di confine tra voi, o di che duca o che principe dovevano condurre l’esercito, che prete o che sacerdotessa doveva benedirlo, chi doveva stare al centro e chi alle ali, dove si doveva trovare il campo di battaglia, o chi era maggiormente amato dagli dei. Le vostre nove province sono state inghiottite dai due maghi una alla volta, un dito alla volta. Io ho sempre pensato», terminò, fra il silenzio degli avventori, «che la mano combatte meglio quando è stretta a pugno.»
(1)
Un insegnamento da ricordare, perché la memoria serve a rammentare il passato con le sue lezioni da assimilare e comprendere; un bene che va difeso perché se dalla conoscenza viene potere, dall’ignoranza viene sottomissione e un popolo senza memoria, senza coscienza di sé è un popolo spezzato, come succede con quello di Tigana, il cui nome è stato gettato nell’oblio da una maledizione.

1. Il paese delle due lune, pag. 197,198. Guy Gavriel Kay. Sperling&Kupfer 1992

Di Grandi Fratelli

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George Orwell nel 1949 con l’opera 1984 raccontava di una società dove gli individui sono totalmente controllati da un sistema chiamato Grande Fratello che li monitora in continuazione attraverso teleschermi (televisori forniti di telecamera, installati per legge in ogni abitazione). Li monitora e li condiziona, uniformandoli alla stessa linea di pensiero decisa da chi è al potere: libero arbitrio, obiettività, criticità, sono elementi che vengono perseguiti e condannati.
A decine d’anni dalla realizzazione del romanzo la realtà descritta da Orwell non pare tanto un’invenzione: senza andare a parlare di governi dove la libertà personale è fortemente ridotta (basta pensare alla Cina o ai paesi dove sono al comando dei regimi), non si può non notare quanto la tecnologia abbia avuto influenza nella vita delle persone e quanto essa sia un sistema di controllo, atto a indurre le persone a seguire certe vie. Attraverso la manipolazione delle notizie (pochi giornali e telegiornali fanno vera informazione, raccontano la verità, il reale stato dei fatti) si cerca di manipolare la massa: creare la paura, l’insicurezza, è solo uno dei mezzi usati per attuare tutto ciò. Un altro è la pubblicità con il suo continuo bombardamento, che cerca di generare nelle persone bisogni, desideri che non sono i suoi, inducendo in loro la necessità di acquistare un certo prodotto per alimentare il mercato e spingerli a spendere, a far arricchire chi sta dietro tutto questo, dando linfa a una macchina più grande di quel che sembra perché tante sono le persone che vi gravitano attorno e che vanno mantenute. E non vanno dimenticati i reality e tutte quelle trasmissioni che cercano d’indurre mentalità, atteggiamenti, modi di vivere che sono costruiti ad arte per dare il via a mode che in un modo o nell’altro portano sempre a spendere dei soldi.
Non bastasse questo, negli anni Internet ha preso sempre più piede, diventando parte integrante della vita degli individui. Una vera e propria rete e non solo per i suoi tanti nodi che si collegano l’uno all’altro e portano sempre a nuove connessioni, ma perché accalappia, imbriglia le persone e non le fa più scappare, rendendole prigioniere (non sono pochi i casi in cui si è creata una vera e propria dipendenza), proprio come succede nella pesca dei tonni. Sì, le persone vengono proprie pescate, divenendo cibo e alimento per questo gigantesco mezzo che è la tecnologia, che potrebbe essere un aiuto e un supporto, ma nella maggior parte dei casi è una trappola, un costrutto per risucchiare informazioni e dare una conoscenza che porta a condizionamento e sfruttamento.
La gente prende sottogamba questo stato delle cose, ritenendo che i social network, i siti dove occorre registrarsi siano qualcosa d’innocuo, ma non si rende conto di quanto nascondono. I dati personali di ognuno, con tutte le preferenze delle proprie navigazioni e le informazioni che vengono date con commenti, acquisti e click su “mi piace” sono monitorate e analizzate per fare studi di mercato, per capire cosa la gente vuole e quali prodotti può voler acquistare; a seguito di ciò non ci si deve meravigliare se si viene bersagliati continuamente da pubblicità, da spam di ogni sorta. Senza contare l’elevato numero di truffe in cui ci si rischia di trovare se non si ha un minimo di attenzione.
A tutto ciò va aggiunto il tentativo e la spinta dei governi di far usare carte di credito per fare ogni tipo di acquisti, così monitorare tutti i movimenti economici dell’individuo: una questione di trasparenza e sicurezza, viene asserito, ma la verità va molto più a fondo e va a toccare gli interessi di chi è al potere, così da poterne accumulare ancora di più.
Quella che sembra solo fantascienza è divenuta realtà: siamo davvero nell’era del Grande Fratello dove siamo sempre controllati, studiati. Come mostrava Orwell, l’essere umano non è più un essere libero, non fa altro che passare da una prigione all’altra, dove è sempre sorvegliato e dove sempre più si cerca di condizionare il suo pensiero.

Ci si può fidare della tecnologia?

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O meglio, ci si può fidare dei gruppi, delle persone che la creano?
Un dilemma di non facile soluzione, specie quando si vive nell’Era del Grande Fratello (come scritto anni fa da George Orwell in 1984) e dell’Economia, dove per far soldi si è capaci di accantonare qualsiasi valore etico e morale, oltrepassare quei limiti che sarebbe meglio non varcare.
Fin dove ci si può spingere in nome della sicurezza, della comodità?
Certo la tecnologia offre molti benefici, ma ci si è mai soffermati a pensare cosa si nasconde dietro, se il prezzo che richiede vale davvero la pena di essere pagato? Un avere che come dare consegna un potere notevole in mano ad altre persone? Un potere che nasce dalla conoscenza di sapere tutto su di noi, dai nostri gusti, dalle nostre preferenze, perfino dove ci troviamo in una precisa ora? Controllati in maniera totale, senza più avere un posto nostro, conosciuti da altri meglio ancora di come conosciamo noi stessi?
Come dice Morgan Freeman in un contesto simile presente in Batman – Il Cavaliere Oscuro nel ruolo di Lucius Fox, è troppo potere in una sola persona. Immorale. Spaventoso.
Da dove nasce tale riflessione?
Proprio nel giorno della morte di Steve Jobs m’è capitato di leggere su un giornale un articolo dove due ricercatori Usa lanciavano un allarme secondo il quale cellulari e tablet di Apple tengono traccia degli spostamenti delle persone. Secondo i ricercatori, Iphone e Ipad conservano i dati sensibili dei loro possessori come posizione geografica e siti più visitati in un file chiamato consolidated.db, inviandoli ciclicamente alla casa madre, dove sono inseriti quando sono attivate alcune funzioni dall’apparecchio (es. quelle GPS) che servono a semplificare la vita delle persone, ma che lasciano traccia delle abitudini possedute.
Steve Jobs ha sempre negato questa eventualità, ma al momento non esiste chiarezza, non si ha modo di sapere con certezza che fine fanno le informazioni ottenute con tali tecnologie e come vengono utilizzate.
E’ un modo per sviluppare il merchandaising, per creare un mercato mirato e sempre vivo o si tratta di un sistema per tenere monitorate le persone, travalicando i principi di privacy e libertà? Fino ad allora il dubbio e restare attenti a osservare (magari con un pò di diffidenza per quegli oggetti così utili, ma che non conosciamo completamente) è lecito: l’ignoranza ha sempre qualche sorpresa da mettere in atto e non è mai piacevole.

Ancora sulla Manovra, ancora con le ingiustizie

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Sulla Manovra è stata posta la fiducia.
Niente di nuovo: ormai ci siamo abituati, sapevamo che sarebbe finita così. La solita azione mossa da vigliaccheria, sopraffazione, spregio dei diritti, mancanza di rispetto verso istituzioni e popolazione.
Dove sta il grosso errore in tutto questo?
Certo, le decisioni prese dal governo sono di una gravità e irresponsabilità che rasentano l’inaudito.
Il problema sta nella frase che ho scritto sopra: ormai ci siamo abituati. Ci siamo assuefatti al punto che lasciamo correre tutto, come le parole di uno dei rappresentanti di Cisl e Uil che ha detto che la modifica sui licenziamenti loro non l’hanno voluta, ma che cosa potevano farci?
Che cosa potevate fare ?!
PER LA MISERIA, SCIOPERARE!
Che razza di sindacato siete? Siete solo capaci di stare dalla parte del più forte e dare ragione al governo, solo per accorgervi troppo tardi che anche voi siete sodomizzati dalle sue decisioni.
E buona parte della gente fa lo stesso, sta ferma mentre le cose vanno sempre peggio. Ma l’inerzia si paga e a caro prezzo.
Adesso ci sono i licenziamenti, dove costituzione e statuto dei lavoratori non varranno più nulla.
Ma questo è solo l’inizio.
C’è la proposta che vuole che sul posto di lavoro i dipendenti siano sorvegliati da telecamere e vigilantes.
Telecamere. Vigilantes.
Prigione.
Il mondo del lavoro sta diventando una prigione.
CHE COSA SIAMO DIVENTATI?
Si sta avverando sempre più la visione di George Orwell mostrata in 1984: dopo il bipensiero, anche il controllo sistematico di tutte le attività. L’individuo privato della libertà, controllato in ogni sua mossa.
Il lavoratore trattato alla stregua di un delinquente, uno schiavo, un prigioniero. E’ questa la concezione che si ha di lui.
Controllato, sempre sotto pressione, senza dignità e diritti.
Un ritorno allo squadrismo.
Cos’è, se non si manterranno i ritmi produttivi, oltre a essere licenziati, mulinelleranno i manganelli?
BASTA.
Questa non è più politica.
Gente che vive sulle spalle altrui, spadroneggiando, imperversando con le sue ingiustizie, dove tutto gli viene perdonato, dove ai delinquenti la si fa passare liscia. Come la decisione di mandare in carcere solo chi evade per tre milioni di euro (chi ne evade solo centomila invece è una persona per bene, no?). Ma il capo del governo, persona equa e giusta, vuole rimediare: vuole togliere la misura che prevede il carcere per gli evasori oltre la cifra sopra citata. Chissà per quale motivo…E si ha poi la faccia tosta di fare pubblicità progresso contro gli evasori fiscali, ovvero chi non chiede lo scontrino per il caffè al bar. Della serie si vede la pagliuzza nell’occhio altrui e non la trave nel proprio. Ma va tutto bene, non preoccupatevi, siamo in Italia, il paese dei furbetti, dove il disonesto è osannato e acclamato, portato a esempio. Che poi la pubblicità contro gli evasori sia ipocrisia allo stato puro non ci piove: come si può fare una reclame del genere, quando i primi a venire meno alla legge sono quelli che l’hanno voluta per creare una facciata di onestà e giustizia? Autoaccusa o autogoal clamoroso.
Una cosa la dice però giusta il claim: “Chi vive a spese degli altri danneggia tutti.”
Bene: allora è arrivato il tempo per chi ci governa di rispondere di quanto fatto e di pagare.
BASTA con questo scempio, via questa classe governante, fuori dal paese: bisogna liberarsene, non stare fermi e magari lamentarsi.
Come si fa?
Sciopero generale a oltranza, finché la classe governante non se ne và.
E ancora sciopero generale a oltranza finché non saranno ridati diritti e dignità ai lavoratori, fino a quando gli imprenditori non la smetteranno di fare quello che vogliono e trattare le persone come pezze da piedi.
Di nuovo, sciopero generale a oltranza, fino a quando le cose non cambieranno.
E non si dica che non si può fare perché si butterebbe a terra il paese: il paese è già a terra e si sta scavando la fossa.
E’ ora di dire basta alla sopraffazione e allo sfruttamento, all’impoverimento della vita.

Una nota personale. C’è stato chi leggendo Non Siete Intoccabili ha criticato che l’opera era esagerata, perché la realtà del mondo del lavoro non è così nefasta come l’ho descritta, che erano solo mie impressioni, un punto di vista personale troppo duro.
No, ciò che ho scritto non erano mie impressioni, fantasie esagerate: semplice realtà e i fatti lo stanno dimostrando. La realtà sta superando se stessa e sta divenendo incubo. Non si crede che questo sia possibile? Si continui su questa strada senza fare niente e si vedrà che le cose andranno anche peggio.