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Jonathan Livingston e il Vangelo

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Sulla libertà d'espressione

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Si dice che la nostra è una società civile, dove c’è libertà d’espressione, ma è veramente così?
Prendiamo alcuni fatti recenti.
Uno dei casi di cronaca più eclatanti è stata la professoressa sospesa dall’insegnamento perché non aveva sorvegliato sul lavoro di alcuni suoi studenti e non averlo censurato (nello specifico, gli studenti avevano paragonato il dl sicurezza di Salvini alle leggi razziali fasciste).
Diversi i casi in cui le forze dell’ordine sono intervenute per rimuovere striscioni di contestazione nei confronti di Salvini (1. 2.). Se è vero che non si può insultare nessuno, è anche vero che se non ci sono offese non c’è divieto di esporre un proprio pensiero: questo articolo spiega bene la questione.
Non riguarda l’Italia invece il caso della scrittrice Amélie Wen Zhao: ne parla Bruno Bacelli sul suo sito. Qualcuno ipotizza che sia stata una mossa di marketing, ma non fosse così, si sarebbe davanti a un precedente pericoloso, che rischia di minare la libertà d’espressione di qualsiasi autore, perché a questo punto chiunque potrebbe sentirsi autorizzato a protestare e chiedere la rimozione di qualcosa che dà fastidio. Questo sta già succedendo per esempio con alcuni film che non hanno nulla di offensivo ma che alcuni vedono come tale (in Italia in passato è successo tante volte per esempio con i cartoni animati, vedere per esempio le critiche su Sailor Moon) ed è molto preoccupante.
Purtroppo nel periodo attuale si sta andando verso un appiattimento di pensiero dove si devono dire solo cose che non danno fastidio a nessuno, evitando d’affrontare tutte le questioni spinose o che debbono essere criticate. Un’uniformità di pensiero che ricorda tanto quella di 1984 di George Orwell.

Non ci resta che piangere

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Non ci resta che piangere, questo era il titolo del film del 1984 con Massimo Troisi e Roberto Benigni. Un titolo che ben si adatta alle prossime elezioni che si terranno il 4 marzo: qualunque sarà l’esito, chiunque vincerà, non farà certo migliorare il quadro (già brutto) che si sta vivendo. PD, Lega, M5S, FI. Centrodestra, destra, sinistra, centrosinistra. Non c’è nessuno in grado di dare una svolta positiva al paese. Troppo impegnati a darsi contro l’uno con l’altro per pensare a soluzioni. Troppo impegnati a pensare d’ottenere la poltrona del comando per occuparsi dei problemi reali e risolverli. Ognuno si autoincensa, si definisce migliore degli altri, diverso dagli altri, ma la verità è che sono tutti uguali: si è arrivati al punto che non c’è più distinzione tra un partito e l’altro, visto che non si hanno idee capaci di renderli riconoscibili uno dall’altro. Proprio come succede in La fattoria degli animali di George Orwell.

…mentre gli animali di fuori fissavano la scena, sembrò loro che qualcosa di strano stesse accadendo. Che cosa c’era di mutato nei visi dei porci? Gli occhi stanchi di Berta andavano dall’uno all’altro grugno. Alcuni avevano cinque menti, altri quattro, altri tre. Ma che cos’era che sembrava dissolversi e trasformarsi? Poi, finiti gli applausi, la compagnia riprese le carte e continuò la partita interrotta, e gli animali silenziosamente si ritirarono.
Ma non avevano percorso venti metri che si fermarono di botto. Un clamore di voci veniva dalla casa colonica. Si precipitarono indietro e di nuovo spiarono dalla finestra. Sì, era scoppiato un violento litigio. Vi erano grida, colpi vibrati sulla tavola, acuti sguardi di sospetto, proteste furiose. Lo scompiglio pareva esser stato provocato dal fatto che Napoleon e il signor Pilkington avevano ciascuno e simultaneamente giocato un asso di spade.
Dodici voci si alzarono furiose, e tutte erano simili. Non c’era da chiedersi ora che cosa fosse successo al viso dei maiali. Le creature di fuori guardavano dal maiale all’uomo, dall’uomo al maiale e ancora dal maiale all’uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due
. (1)

Come si scriveva all’inizio, non ci resta che piangere.

1. La fattoria degli animali. George Orwell. Arnoldo Mondadori Editore 1996, pag.104

Sotto controllo

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Stiamo vivendo un periodo che diventa sempre più brutto: per quanto politici e media vogliono far credere il contrario, le cose stanno peggiorando e continueranno a peggiorare. Rabbia, paura e aggressività sono i sentimenti dominanti; il vivere sempre di corsa, sempre in tensione, logora e porta a situazioni per niente piacevoli. A questo va aggiunto che tanti pensano e ritengono di poter dire e fare tutto quello che gli pare; questa non è libertà, questo è caos.
Il brutto del ragionare di questi tanti è che non prende in considerazione le conseguenze che ne conseguono: la visione di questa mentalità è molto ristretta, oltre che molto dannosa. I pensieri di questi tanti sono per lo più del tipo “ma cosa vuoi che sia”, “tanto cosa vuoi che succeda”, “tanto a me non capita nulla”, e invece di cose ne succedono e ci rimettono poi tutti, perché poi si finisce per essere tutti sotto controllo, continuamente monitorati.
Si pensi alla rete, un mezzo che potrebbe essere utile ma usato dai più per insultare e scaricare le proprie frustrazioni, per perseguitare gli altri, per fare danni: il risultato è che se ne vuole limitare l’uso, non solo andando a fermare queste cose, ma volendo poi anche bloccare la denuncia e la critica delle cose sbagliate come corruzione, inciuci politici; si vuole abolire il libero pensiero, dove solo il consenso per chi comanda è concesso.
telelaser, strumento di controllo usato per la sicurezza stradaleSi pensi alla sicurezza stradale, dove, a causa di tanti furbi e indisciplinati che si credono divinità perché guidano un’auto, c’è una stretta sui controlli: i limiti vengono abbassati, semafori photored, autovelox, speed check, velo ok spuntano come funghi. Questo non solo va a intaccare il portafoglio degli automobilisti (basta una minima distrazione e superare di un paio di km/h il limite dei 50 è roba da ridere), ma causa un forte stato di stress per chi guida, dato che deve tenere sempre tutto sotto controllo. Certo la stretta non è dovuta solo all’aumentare degli incidenti e dei morti sulla strada: i soldi delle multe fanno parte delle voci di bilancio e visti i tanti tagli che i comuni hanno subito, tali enti cercano in ogni modo di ottenere quanto perduto (come sempre, è una questione di soldi e non dovrebbe più sorprendere dato che siamo nell’Era dell’Economia).
Si pensi alle aggressioni, alle morti, agli atti terroristici che avvengono nei centri abitati, nei luoghi pubblici, e a come questo, in nome della sicurezza, porti a far aumentare il numero di telecamere che sorvegliano.
Si pensi ai furbi che invece d’essere al lavoro, sono da tutt’altra parte a divertirsi: con il loro comportamento la morsa dei controlli si è intensificata; basta pensare che in alcuni casi i lavoratori saranno controllati con microchip inseriti nei camici. Questo in parte è giusto perché non si può prendere soldi senza lavorare, ma a rimetterci sono le persone oneste e responsabili, che fanno il loro dovere e vengono trattate così alla stessa maniera dei disonesti. E questo non è per niente giusto.
Stiamo vivendo un brutto periodo, che diventa sempre più brutto. Non ci si stancherà di dire che George Orwell con 1984 è stato profetico: il Grande Fratello esiste e agisce sempre più con forza.
Le persone sono sempre più sotto controllo, la loro libertà sempre più limitata: la loro vita sta diventando proprietà di stati e multinazionali, che decidono tutto per loro, anche se devono vivere o morire. Fa pensare come certi stati si oppongono in tutti i modi possibili a chi chiede di essere liberato da una sofferenza che non potrà mai essere guarita, costringendo a vivere nel dolore e nella disperazione. Fa ancora più pensare come certi stati decidono che uno deve morire, impedendogli di continuare a vivere anche se c’è una possibilità farlo: vedere il caso dell’Inghilterra con il piccolo Charlie Gard.
Quello che sta succedendo dovrebbe far pensare, perché è molto allarmante e se non si fa qualcosa, se non ci si oppone, presto l’individuo non sarà più libero di fare nulla, nemmeno di pensare. Alla faccia di tante storie di fantascienza.

Tutti vogliono comandare

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Greg Stillson, esempi di chi vuole comandareTutti vogliono comandare e imporre il proprio volere sugli altri: si stanno raggiungendo livelli deliranti e allarmanti. Ci stiamo avvicinando alla follia, se non lo si è già fatto, e con questo il rischio di scatenare una violenza senza controllo e senza ragione; è sotto gli occhi di tutti come questa sia una realtà e non una fantasia.
Nelle cronache di ogni giorno si sentono notizie di atti di bullismo, pestaggi, stupri, omicidi per i più futili motivi (per un drink, un commento, una sigaretta): le persone ritengono di poter dire e fare tutto quello che gli pare, come se fossero i padroni del mondo, come se potessero comandare anche in casa d’altri. Se queste persone non ottengono quello che vogliono, se non possono fare quello che le pare, s’incattiviscono, diventano aggressive, maleducate, insultano, quando va fatta bene, perché quando va fatta male si arrivano a tragedie dove tutti si guardano increduli e si domandano come è potuta accadere una cosa del genere, come si è arrivati a questo punto.
Ma la risposta, se la si ricerca davvero, la si conosce già: la perdita di valori, il permissivismo, un modo di vivere dedito solamente all’apparire, al guadagno, al vivere bene. Un vivere superficiale, senza consapevolezza, senza rendersi conto che la libertà non è mettere in atto tutto quello che passa per la mente e pensare che gli altri accettino tutto come se niente fosse.
La società, il sistema, sono arrivate a far credere che questo sia il modo di fare; un modo di fare che porta solo caos. Ma non solo loro: in questo i governanti delle varie nazioni sono un esempio negativo, che aumenta la sua presa grazie al martellare continuo di media, social. La tecnologia in questo caso ha una connotazione negativa, dato quello che trasmette, ma la colpa, come spesso accade, è dell’uomo e di come la utilizza, non sua.
Basta guardare quello che fanno i politici italiani (di tutti i partiti) e di come, invece di preoccuparsi di come migliorare le condizioni del paese e della gente che vi abita, passino il tempo a litigare e insultarsi, e a fare i propri interessi (alle volte in modo poco limpido). Il fatto che spesso si manchi di rispetto alla popolazione con dichiarazioni opinabili, poi ritrattate per le polemiche che scatenano (vedere le ultime di Poletti sul calcetto come metafora del lavoro, che a tanti ha fatto intendere che in Italia per lavorare non servono i meriti, la professionalità, ma andare avanti a calci), non aiuta certo a rendere il comportamento delle persone migliore, che vedendo questo modo di fare, reputano che sia normale comportarsi in questa maniera.
A livello mondiale le cose non vanno certo meglio. Chi governa Nord Corea, Russia, Turchia, Stati Uniti, vuole in tutti i modi comandare e imporre il suo volere, e se non ci riesce attua ripercussioni verso chi non li asseconda. Tutto ciò è molto allarmante. Uno, perché è palese che si fa tutto in nome del denaro e del profitto, a discapito di cose molto più importanti come la salute, la dignità. Due, perché è ancora più palese che si vuole limitare la libertà degli individui dando un potere spropositato a istituzioni e grandi gruppi e questo, come insegna George Orwell con 1984 e La fattoria degli animali, non è mai una cosa positiva. Non bastassero i danni di queste azioni, l’arroganza, lo spregio e il disprezzo di questi governanti nei confronti degli altri non fa che essere un pessimo esempio per le presone, che lo prendono come modello ritenendolo quello normale. Certo si potrebbe obiettare che le persone potrebbero fare diversamente ragionando con la propria testa, ma il problema è proprio questo: i più non ragionano con la propria testa, si adeguano, seguono ciò che va per la maggiore, senza domandarsi se è la cosa giusta da fare.
Come già detto in altre occasioni, il futuro non appare roseo.

Fantasy: un genere ancora sconosciuto.

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Nonostante tutti i mezzi d’informazione e la diffusione che si è avuta negli anni passati, ancora oggi non si ha del tutto chiaro che cosa sia il fantasy. Purtroppo vige in tanti la mentalità che sia un genere di serie b, adatto a un pubblico adolescenziale; un giudizio questo limitato e si sta ancora andando bene, perché certi danno un giudizio ancora più negativo.
Ho scritto diversi pezzi sia su Le Strade dei Mondi, sia su Fantasy Magazine su questo argomento (qui e qui due articoli dedicati a esso), ma non sono stato certo l’unico. Ma nonostante in tanti si siano impegnati a far conoscere il fantasy, tanti pregiudizi continuano a perdurare.
Per questo, il tempo dedicato alla conoscenza non è mai troppo: suggerisco la lettura dell’articolo scritto da Domenico Russo, Il genere fantastico, questo sconosciuto: oltre a proporre definizioni e storia del fantasy, dà anche una classificazione dei vari rami in cui questo genere si suddivide. Un articolo ben fatto, che dovrebbe chiarire le idee a chi ancora ha dei dubbi sul fantasy e sul fantastico.
Nel caso ci fossero però dei Tommaso che non credono a quanto scritto finché non toccano con mano, allora non resta che suggerirgli di leggere alcuni libri e mostrare che il genere non è roba solo per bambini e adolescenti.

Il Signore degli anelli di J.R.R. Tolkien.

It e la serie della Torre Nera di Stephen King.La Torre Nera, la famosa serie di Stephen King: ottimo esempio di opera fantasy e non solo

La storia infinita di Michael Ende.

1Q84 di Haruki Murakami (qui e qui per saperne di più).

La fattoria degli animali di George Orwell.

Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach.

Io sono leggenda di Richard Matheson.

La casa del tempo sospeso di Mariam Petrosjan.

Di letture valide per capire quanto sono validi e di spessore il fantasy e il fantastico ce ne sono tante altre, ma per cominciare i libri sopra riportati vanno più che bene.

Jonathan Livingston e il Vangelo

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Jonathan Livingston e il VangeloJonathan Livingston e il Vangelo, a differenza degli altri lavori che ho realizzato, non è un’opera di narrativa ma di saggistica. L’idea è nata diversi anni fa, quando ancora stavo lavorando a Strade Nascoste – Storie di Asklivion: rileggendo Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach è risultato evidente che proponeva lo stesso messaggio del Vangelo. Il messaggio originale intendo, quello di libertà, non quello che alle volte viene piegato per favorire il tornaconto di qualcuno  (non per niente Papa Francesco si sta impegnando perché la Chiesa ritrovi questo spirito, dato che troppe volte si è allontanata da un cammino che ha proposto cose ben diverse da quelle riportate nel Vangelo). Non è stata una cosa pensata o programmata: è qualcosa che è nato sul momento. In poco tempo è stato facile associare i brani di Il gabbiano Jonathan Livingston a quelli equivalenti del Vangelo e sviluppare un breve commento che mostrasse il significato insiti in quei pezzi. La stesura della struttura di come si presenta ora Jonathan Livingston e il Vangelo è stata realizzata in pochi giorni: si trattava di una bozza per sapere in che direzione far andare il progetto. Il progetto però non è stato sviluppato subito.
Perché?
Quello che si ha ora davanti non era stato pensato per essere un libro: doveva servire come spunti di riflessione. Inoltre, nel periodo in cui ho realizzato la bozza, come già scritto, stavo portando avanti altri lavori e quindi tempo ed energie erano impiegate altrove. La verità però è anche un’altra: i tempi non erano maturi per sviluppare approfonditamente Jonathan Livingston e il Vangelo. O forse è più appropriato dire che io non ero maturo a sufficienza per un’opera del genere. Nonostante ci fossero già delle basi, avvertivo che mancava ancora qualcosa per poter realizzare un lavoro soddisfacente e quel qualcosa era esperienza di vita, che avrebbe portato a far sviluppare la consapevolezza necessaria per scrivere un simile libro. Così, solo dopo qualche anno, quando stavo iniziando a dare il via al ciclo di I Tempi della Caduta, ho effettuato la prima stesura. Anche dopo le prime revisioni, mentre aspettavo risposte agli invii di sinossi e lettere di presentazioni, ho continuato ad approfondire e sviluppare certi argomenti trattati: le esperienze fatte, la crescita personale da esse conseguite, hanno portato ad ampliare il lavoro. In questo hanno contribuito anche le letture che ho fatto e quanto scritto sul sito che gestisco, Le Strade dei Mondi: come ho avuto modo di scrivere su Jonathan Livingston e il Vangelo, da tutto e da tutti si può imparare e si può crescere.
Anche se dal numero di pagine può non sembrare, Jonathan Livingston e il Vangelo è stato un lavoro lungo, che ha dovuto saper attendere, perché per poter giungere a compimento era necessario che i tempi arrivassero a maturazione. Tutte le cose hanno i loro tempi, bisogna solo saper aspettare, anche se nella società di oggi, sempre di corsa, che vuole tutto e subito, questo modo di fare è inconcepibile: è uno dei mali della società. Una società sempre protesa al materialismo, che non ne vuole sapere di riflessione e meditazione, di calma, vedendole come cose inutili, delle perdite di tempo. Eppure, se non ci si ferma a riflettere e non si assimilano le lezioni che la vita ha da dare, dandogli il tempo di cui si necessitano, si ripetono errori già visti.
Jonathan Livingston e il Vangelo è questo: la condivisione di riflessioni fatte sulla vita e quello a cui è correlata partendo da due opere che hanno tanto da dare perché sono libri sacri. Sì, anche Il gabbiano Jonathan Livingston può essere considerato tale, dato che un libro è sacro perché ha la capacità d’insegnare e arricchire chi legge le sue pagine, a prescindere del riconoscimento dato da un’autorità religiosa. Un insegnamento valido indipendentemente dal tempo in cui è scritto e dalla nazionalità di chi lo realizza, che permette a una persona di migliorare la propria vita.
Ma l’opera scritta non prende spunto solo da essi: per il suo sviluppo hanno dato il loro contributo altri libri, per non parlare di film, ma anche opere teatrali, canzoni e fumetti. Stephen King, Guy Gavriel Kay, George Orwell, Patrick Suskind, sono alcuni degli autori le cui opere sono servite per mostrare certi aspetti della vita. Almeno, questi sono alcuni di quelli che sono serviti a me: con tutto quello che è stato scritto nel mondo, ce ne sono tanti altri da cui prendere ispirazione e imparare. Ma non bisogna fermarsi ai libri, perché c’è sempre da apprendere, da tutto: piante, fiori, bambini, animali, fiumi, monti. Tutto può aiutare a trovare se stessi. In fondo, Jonathan Livingston e il Vangelo è stato scritto per questo. E far capire che di maestri ce ne sono tanti, a partire da se stessi e che forse è il più importante, e il più difficile, da riconoscere.

(Alla pagina download è possibile scaricare un’anteprima gratuita dell’opera.)

Libertà di linguaggio e libertà di pensiero

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1984 di George Orwell è famoso per il Grande Fratello, ma non è l’unica peculiarità di questo romanzo. Tra i punti che più colpiscono c’è quello della manipolazione del linguaggio, che dà vita alla neolingua, la lingua ufficiale dell’Oceania, fortemente voluta dal Partito. La neolingua è in costante revisione: ogni edizione elimina parole superflue e strutture obsolete. Il fine del Partito è di dare non solo un mezzo espressivo che sostituisse la vecchia visione del mondo e le vecchie abitudini mentali, ma di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero. Si riteneva che, una volta che la neolingua fosse stata adottata in tutto e per tutto, ogni pensiero eretico (vale a dire ogni pensiero che si discostasse dai principi del Socing) sarebbe stato letteralmente impossibile, almeno per quanto riguarda quelle forme speculative che dipendono dalle parole. Il lessico della neolingua era articolato in modo da fornire un’espressione precisa e spesso molto sottile per ogni significato che un membro del Partito volesse correttamente esprimere, escludendo al tempo stesso ogni altro significato, compresa la possibilità di giungervi in maniera indiretta. Ciò era garantito in parte dalla creazione di nuovi vocaboli, ma soprattutto dall’eliminazione di parole indesiderate e dalla soppressione di significati eterodossi e, possibilmente, di tutti i significati secondari nelle parole superstiti. Tanto per fare un esempio, in neolingua esisteva ancora la parola libero, ma era lecito impiegarla solo in affermazioni del tipo “Questo cane è libero da pulci”; o “Questo campo è libero da erbacce”. Non poteva invece essere usata nell’antico significato di “politicamente libero” o “intellettualmente libero”, dal momento che la libertà politica e intellettuale non esisteva più neanche come concetto e mancava pertanto una parola che la definisse. A prescindere dall’eliminazione di vocaboli decisamente eretici, la contrazione del lessico era vista come un qualcosa di fine a se stesso, e non era permessa l’esistenza di una parola che fosse possibile eliminare. La neolingua non era concepita per ampliare le capacità speculative, ma per ridurle, e un simile scopo veniva indirettamente raggiunto riducendo al minimo le possibilità di scelta (1).
Bücherverbrennungen, esempio di limitazione della libertà di linguaggioQuanto mostrato dall’appendice del romanzo è illuminante, non solo perché, se ce ne fosse bisogno, rende più chiaro quanto raccontato nel libro, ma perché, se ci si riflette, si possono trovare delle analogie con la storia e la realtà. Tanti regimi hanno adottato qualcosa di simile per condizionare e soggiogare la popolazione al suo volere: il nazismo con il rogo dei libri che non corrispondevano all’ideologia nazista , il fascismo che mise al bando i romanzi stranieri e fece un’attività di censura e di controllo sistematico della comunicazione. Questi sono solo alcuni esempi del voler colpire ciò che è legato al linguaggio.
Se si osserva, si sarà notato che nella realtà attuale c’è stato un impoverimento del linguaggio, sia scritto sia parlato. In parte è dovuto dalle persone, specie in Italia, che leggendo poco hanno un dizionario personale limitato; in parte è voluto da chi fa pubblicazione di ogni genere (libri, giornali, riviste, telegiornali), che spingono a usare solo termini semplici perché, si dice, così è più facile la comprensione. Ma non sarà che è un modo per condizionare e limitare la libertà di pensiero e di conseguenza tutta la libertà dell’individuo? Come scrive Orwell, la neolingua, così povera e limitata, serviva per far stare la popolazione sotto il dominio del partito, eliminando i possibili semi di pensieri che avrebbero potuto creare opposizione e rivolta contro il Socing.
Non si tratta solo d’impoverimento del linguaggio: si tratta anche di limitazione di ciò di cui si vuole parlare. Se si nota, spesso i media evitano di parlare di certi argomenti. Anche l’editoria fa qualcosa di simile, limitandosi a pubblicare opere solo di un certo tipo. Certo, in questo caso si può obiettare che pubblicano ciò che porta guadagno, rispondendo alle domande di mercato, ma non è solo questo: c’è una sorta di non volersi esporre, di non andare a trovare qualcosa di scomodo che faccia pensare e contestare un sistema che non vuole libertà di pensiero, ma solo consenso e obbedienza, adeguandovisi. Come dice Ginevra Bombiani in un’intervistaIn Italia c’è invece una precisa volontà di creare un’egemonia politico-culturale”.
Essere liberi, anche se si dice che si vive in un mondo civile pieno di possibilità, non è per niente facile. Se ci si pensa, non si è più tanto liberi, visti i tanti divieti e muri che sempre più si stanno alzando. Non solo: non si è neanche davvero liberi di pensare, perché spesso, se non si è consapevoli, ci si fa condizionare dal pensiero dei media, della maggioranza. Ma anche se si riesce a non essere condizionati, non si è liberi di pensare quello che si vuole, dato che vivendo in questo mondo si è obbligati a pensare ai problemi che esso crea e vanno a inficiare nella sopravvivenza dell’individuo: quindi si è costretti a pensare a cose come tasse, mutui, bollette, politica quando se ne farebbe volentieri a meno e si volgerebbe il pensiero verso altri lidi.
Ci si fermi a riflettere: quanta libertà di linguaggio e di pensiero c’è realmente nel nostro mondo?

1- 1984. George Orwell. Oscar Mondadori 2011. Pag.307-308

Di Grandi Fratelli 3: l'invadenza della tecnologia

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Ormai la nostra vita dipende dalla tecnologia e se vogliamo vi è anche dominata: sembra quasi che senza di essa non si possa vivere, arrivando a essere una dipendenza, anche patologia (ci sono casi di gente entrata in panico perché non poteva essere collegata alla rete per qualche ora).
Le cose non sono certo destinate a migliorare: l’essere umano oramai è monitorato praticamente a 360° gradi: su internet, negli acquisti, per strada; in città sempre più punti sono videosorvegliati, come sempre più semafori hanno le telecamere per le infrazioni di passaggio con il rosso. A breve anche negli asili e nelle case si riposo ci saranno telecamere per evitare gli abusi su minori e anziani che sono divenuti tanto diffusi, una vera e propria piaga.
Da un lato la cosa è giusta, perché si deve porre fine a comportamenti violenti (sia psicologicamente sia fisicamente): individui indifesi, in difficoltà, vanno protetti e tutelati, deve finire il subire in silenzio, porre un freno a chi abusa della sua posizione e la usa per scaricare le sue frustrazioni.
Dall’altro lato è qualcosa che va a invadere ogni spazio delle persone e non si è più liberi, ma invasi da sistemi che monitorano in continuazione. Come spesso succede, a rimetterci sono le persone che non hanno colpe, che si ritrovano a dover essere nelle stesse condizioni di chi ha sbagliato: per colpa di pochi, dei cosiddetti furbetti, ci si rimette tutti. Arrivare a un sistema che controlla ogni cosa ovunque e impone indiscriminatamente la sua legge (tradotto: distopia), il passo è breve. 1984 di George Orwell è sempre attuale: siamo nell’Era del Grande Fratello (oltre che nell’Era dell’Economia) e tanti non se ne sono accorti. Peggio ancora al non saperlo, è che ne sono contenti.

Potere: che cos'è?

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He-Man e il potere di GrayskullPotere: che cos’è? Una domanda che tanti si son posti, una cosa che tanti vogliono.
“Io ho il potere” esclamava il principe Adam quando si trasformava in He-Man nel cartone animato che è andato in voga negli anni ’80 (si potrebbe fare una dissertazione sul fatto che Adam sta a indicare Adamo, il primo uomo, l’uomo com’è all’inizio, e che con l’uso della spada di Grayskull, altro archetipo molto forte, diventa “Lui, l’Uomo”, ma lasciamo al cartone animato il suo scopo d’intrattenimento e divertimento), ma il potere, nella vita reale è qualcosa di meno visibile, ma che comunque ha grande influenza e lo si trova a tanti livelli differenti, nel grande come nel piccolo.

 

 Si finisce sempre a meditare sull’essenza del potere. Io sono inna­morato di Beverly Marsh, che esercita un potere su di me. Lei ama Bill Denbrough e perciò lui ha potere su di lei. Ma, ho l’impressio­ne che Bill stia incominciando a innamorarsi di Beverly. Forse è sta­to per il suo viso, per l’espressione che ha fatto quando ha detto che non poteva farci niente se è femmina. Forse è stato per averle vi­sto un seno per un attimo. Forse è solo come appare certe volte, quando la luce è quella giusta, o per i suoi occhi. Non fa niente. Ma se lui comincia a innamorarsi di lei, allora lei comincia ad avere po­tere su di lui. Superman ha potere, se non c’è della kriptonite nelle vicinanze. Batman ha potere, anche se non sa volare o vedere attra­verso i muri. Mia madre ha potere su di me e il suo principale, giù alla fabbrica, ha potere su di lei. Tutti ne hanno… eccetto forse i bambini piccoli e i neonati.
Poi pensò che anche i bambini piccoli e i neonati avevano un po­tere: potevano strillare fino a costringerti a far qualcosa per farli smettere. (1)

 

Stephen King è molto bravo nel mostrare una forma del potere, ma come dice poco più avanti del brano citato, il potere è multiforme, come la cosa che i Perdenti stanno affrontando.

 

…il potere è collettivo. L’individuo ha potere fintanto che cessa di essere un individuo. Conosci lo slogan del Partito: “La Libertà è Schiavitù”. Hai mai pensato che se ne possono invertire i termini? La schiavitù è libertà. Da solo, libero, l’essere umano è sempre sconfitto. Deve essere per forza così, perché l’essere umano è destinato a morire, e la morte è la più grande delle sconfitte. Se però riesce a compiere un atto di sottomissione totale ed esplicita, se riesce a uscire dal proprio io, se riesce a fondersi col Partito in modo da essere lui il Partito, diviene onnipotente e immortale. La seconda cosa che devi capire è che il potere è il potere sugli esseri umani: sul corpo, ma soprattutto sulla mente. Il potere sulla materia, o realtà esterna che dir si voglia, non è importante. E comunque, il controllo che abbiamo sulla materia è già assoluto. (2)

«Il vero potere, il potere per il quale dobbiamo lottare notte e giorno, non è il potere sulle cose, ma quello sugli uomini.» Si interruppe, e per un attimo riprese quell’aria da maestro che interroga uno scolaro promettente: « Winston, come fa un uomo a eser­citare il potere su un altro uomo?».
Winston rifletté. «Facendolo soffrire» rispose.
«Bravo, facendolo soffrire. Non è sufficiente che ci obbedi­sca. Se non soffre, come facciamo a essere certi che non ob­bedisca alla nostra volontà ma alla sua? Potere vuol dire in­fliggere dolore e umiliazione. Potere vuol dire ridurre la mente altrui in pezzi che poi rimetteremo insieme nella forma che più ci parrà opportuna.
(3)

 

George Orwell in 1984 dà del potere una visione molto più brutale, distopica e totalitaria. Anche J.R.R.Tolkien ne dà identica rappresentazione, seppur in modo diverso, in Il Signore degli Anelli con l’Unico Anello, mostrando come il potere corrompe, logorando e distruggendo l’individuo che cerca di possederlo. Ad analoga conclusione giunge Steven Erikson nella sua saga Il Libro Malazan dei Caduti; in Venti di Morte, settimo romanzo della serie, anzi, va oltre questo concetto quando asserisce che alla fine il potere distrugge sempre se stesso.

 

Lettore si portò con passo deciso a fianco di Sanjuro.
«Che cos’è il Potere?» domandò senza preamboli.
«Forza. Pura e semplice forza.»
«Questo l’avevo già capito.» Lettore trattenne la sua impazienza. «Ma che cos’è esattamente? Da dove viene? Perché non tutti l’hanno?»
«Troppe domande tutte in una volta» lo ammonì Sanjuro. «Riprendiamo dall’inizio. Il Potere è forza. Ma non la forza dei muscoli o delle macchine; non è nemmeno la forza che viene da quella che tu chiami magia, con formule, pozioni, incantesimi. È una forza che nasce da una dimensione che è dentro di te, uno spazio di cui spesso ignori l’esistenza e che pertanto non puoi conoscere.»
Lettore s’imbronciò. «Una dimensione? Dentro di me?»
Sanjuro continuò a guardare davanti a sé. «È come un pozzo che fa da collegamento a un immenso lago che sta sotto terra: ti permette d’attingere all’acqua che contiene.»
Lettore continuò a essere pensieroso. «Che cos’è quell’acqua?»
«È l’essenza di tutte le cose. L’energia che fa soffiare il vento, crescere le piante, battere i nostri cuori, ci fa muovere e alimenta il Potere.»
«Allora perché non tutti usano il Potere? Da quello che dici, tutti dovrebbero usarlo.»
Sanjuro assentì. «Perché non tutti sono consapevoli della vita che possiedono: sanno che senza di essa non esisterebbero, ma tutto quello che riescono a concepire è che essa gli permette di muoversi, respirare, pensare. Nient’altro. Non riescono ad andare oltre questo limite: è come se chiudessero quasi del tutto il pozzo, lasciando solo un buco per far passare quel poco da bere per non morire di sete.»
«Non capisco…»
«Neanche loro» costatò Sanjuro. «Ritengono che la vita sia qualcosa di limitato e per questo la usano con parsimonia, per timore di consumarla.»
«Vuol dire che non ci sono limiti?»
«Dipende fin dove uno è disposto a spingersi. E quanto la paura è capace di frenarlo.»
«Paura?»
«È sempre una questione di paura quello che riusciamo o non riusciamo a fare.»
«Perché si ha paura di farsi del male?»
Il passo di Sanjuro rallentò. «Sì, alle volte è la paura di farsi male a frenare. O di fare del male agli altri. Essa va di pari passo con quanto uno è disposto a sopportare del prezzo che si deve pagare.» Per la prima volta l’uomo si voltò a guardarlo. «Sì» prevenne la domanda del bambino. «C’è sempre un prezzo da pagare quando si vuole ottenere qualcosa.»

Questo è quanto ho voluto mostrare in L’Ultimo Demone, altro romanzo appartenente a I Tempi della Caduta, su che cos’è il potere: una visione magari meno legata alla realtà rispetto a quella di King, più “elevata”, che affonda di più le radici nel fantastico, ma che comunque rappresenta una realtà: il potere è forza. Chi ha potere può imporre il proprio volere sugli altri, condizionarli, fargli fare quello che vuole: è quello che fanno politici, governanti, imprenditori sulle cosiddette persone comuni che stanno sotto di loro. Ma questo potere è una falsa forza, perché non è una forza che proviene da se stessi, ma è un potere che viene concesso, perché sono le persone comuni che permettono a certi individui di avere influenza nella propria esistenza. Come dice saggiamente Gesù a Pilato “Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto” (Giovanni, 19,11): una frase su cui occorrerebbe riflettere attentamente, perché renderebbe le persone più libere e il mondo un luogo migliore.

 

  1. IT. Stephen King. Sperling&Kupfer Economica 2009. Pag. 957.
  2. 1984. George Orwell. Oscar Mondadori 2011. pag. 271-272
  3. 1984. George Orwell. Oscar Mondadori 2011. pag. 273-274