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La morte di Dio

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Dio Padre di Giovanni MoneviLa morte di un dio non è qualcosa di recente, basti pensare a Nietzche con la sua esclamazione “Dio è morto”: lui e Schopenhauer sono stati i primi a rivelare il profondo significato della profonda mancanza di senso della vita. Una linea di pensiero sviluppatasi soprattutto negli ultimi secoli nel momento in cui la scienza ha cominciato a fare scoperte, a dare risposte, prendendo così il posto che tanto a lungo era stato di dominio delle istituzioni religiose. La figura del dio ha perso la sua centralità nella vita dell’uomo, facendo arrivare alla famosa affermazione della sua morte; cosa che se vogliamo oggi è ancora più accentuata, dato che l’uomo ha volto la sua attenzione sul denaro e sul materialismo, abbandonando la vita interiore e la ricerca di spiritualità.
Che un dio potesse morire si è già visto in tanti miti, come mostrato da uno dei più famosi, quello di Ragnarok, dove secondo la cultura vichinga le divinità conosciute e seguite avrebbero trovato la morte in un grande conflitto con le forze del caos. Ma come si è visto, il Ragnarok non ha significato la fine di tutto, ma semplicemente è stato segno di un cambiamento, dove il vecchio moriva per dare spazio al nuovo: nel mito infatti non tutti gli dei scomparivano, solo quelli che si conoscevano da più tempo, rimpiazzati da altri. Questo non è altro che un simbolo per indicare che tutto evolve, che c’è sempre cambiamento, ma che perché questo avvenga occorre che ci sia distacco con quello che non può più dare niente: realtà mostrata nella Bibbia quando Mosè lascia il popolo ebraico quarant’anni nel deserto prima di entrare nella Terra Promessa (dove le vecchie generazioni sono morte, permettendo così alle nuove, con una mentalità diversa, più aperta e non schiava, di avere un inizio) e nel Vangelo da Gesù quando dice che non si mette il vino nuovo in otri vecchi.
La frase “Dio è morto” fa scalpore e impressione se la si assume nel suo significato letterario, mentre diviene più comprensibile e meno “terrificante” se si assume il concetto che è morto un certo modo di vedere Dio che per tanto a lungo si è portato avanti: il Dio che sta sopra a tutto, la cima della piramide, cui ci si deve inchinare per adorarlo e rendergli lode.
Questo modo d’intendere Dio è già stato superato (anche se per secoli si è portato avanti la vecchia maniera di obbedienza e servilismo) duemila anni fa dal messaggio di Gesù con il suo insegnamento, sottolineata dalla frase “voi siete Dei“: un modo per far rendere consapevole all’uomo della sua natura e di che cosa è un dio.

Guerriero se ne stava in piedi, fermo davanti all’uomo, fissandolo con intensità. Nessuno all’interno della Cittadella conosceva il suo nome, nessuno glielo aveva mai chiesto. O meglio, nessuno aveva mai avuto l’opportunità di farlo: l’uomo se ne stava sempre lontano dai gruppi, dai luoghi in cui le persone si ritrovavano, preferendo orbitarvi intorno, sempre intento a passeggiare o giocare con il suo cane. Le poche volte che era a contatto con la gente aveva la straordinaria capacità di svicolare e sparire se qualcuno stava per porgli una qualche domanda: sembrava avere un particolare sesto senso oppure la capacità di leggere il pensiero. Per questo il suo nome o chi fosse in realtà, era stato un mistero fino a quel momento.
«Tu sei Dio.» Ripeté Guerriero.
L’uomo ricambiò lo sguardo sorridendo. «Dio è una parola un po’ grossa, sopravvalutata, in cui si vogliono vedere più cose di quel che ci sono nella realtà; una parola che gli uomini usano nei modi e nei contesti più inappropriati.»
«Tu sei Dio.» Ripeté Guerriero per la terza volta.
«È meglio non dirlo in giro, altrimenti le persone arriveranno a sciami per chiedere favori e miracoli.» L’uomo arruffò il pelo sulla testa del cane che aveva riportato la palla. Osservò l’animale scattare dietro al suo lancio. Il sorriso scemò mentre traeva un lungo respiro posando lo sguardo sull’orizzonte. «Così sono stato chiamato nel tempo, in molte parti del mondo. Il mio nome è stato pronunciato in molte lingue. Mi hanno chiamato in molti modi, ma tutti volevano indicare la stessa cosa. Mi hanno raffigurato in molti modi, assegnato ogni ruolo possibile e immaginabile. Ma mai che si sia capito chi ero realmente, mai che si cogliesse nel segno; pochi sono riusciti ad avvicinarsi per avere almeno un’idea di ciò che io sono perché troppo impegnati a chiedere, ad aver bisogno di qualcosa, concentrandosi solo sulle proprie paure e pretese. Rassicurazioni, favori, giuramenti presto dimenticati, preghiere, invocazioni: sempre ad aspettarsi la risoluzione a qualsiasi problema si verificasse. Un continuo io, io, io che giungeva da tutte le parti, ma mai che ci fosse qualcuno che fosse disposto ad ascoltare quello che si aveva da dare in risposta.»
Guerriero andò a sedersi sul masso vicino. «È per questo che sei sparito, abbandonando l’umanità al suo destino?»
«La questione è più complessa di quel che appare. Certo, a lungo andare diventa stancante essere considerato un mezzo che va usato a proprio piacimento o capriccio. Un mezzo cui si ricorreva perché dotato di grande potere, di capacità che nessuno era in grado di possedere. Un potere che si considerava esclusiva di qualche essere unico, di qualche prescelto particolare. Ma quello che stanca di tutto questo è che nonostante tutto quello che è stato detto, tutti gli esempi dati, gli uomini non hanno imparato nulla. Assolutamente nulla. Veniva mostrato come fare e loro, invece di capire, si mettevano ad adorare, a creare culti che volevano attirare altre persone al loro interno; come se si potesse fare qualcosa con i complimenti!» Sbottò Dio. «Nella loro stoltezza sono andati a far ingrassare tutto ciò da cui invece dovevano tenersi alla larga e si sono fatti sfruttare nelle varie lotte per il potere, per la supremazia l’uno sull’altro. Guerre, guerre e ancora guerre: in tutte le epoche questa è stata la costante; agli esseri umani deve fare schifo la pace, la tranquillità, non trovano quiete e soddisfazione nello scoprire e nel far crescere. Sempre in tensione, sempre in ansia, protesi verso qualcosa che non si sa nemmeno definire.»
Guerriero lo fissò leggermente perplesso. «Più che Dio sembri un filosofo o un vecchio stanco.»
«Tu non saresti stanco sempre dello stesso copione, del suo continuo ripetersi? Non è forse per questo che per anni hai intrapreso la ricerca di un luogo che è stato solamente immaginato?» Disse Dio. «Eppure anche tu, nonostante quanto visto, appreso, non riesci a staccarti da una concezione secolare di Dio: ti sei fatto l’immagine che lui sia un Risolutore, Colui che Mette a Posto Tutti i Problemi. Problemi che fra parentesi non è stato certo lui a generare.»
Guerriero lo fissò perplesso. «È come se stessi parlando di qualcun altro.»
«È così: sto parlando dell’immagine che gli uomini si sono creati, non di com’è la realtà. Nessuno ha capito chi è Dio, che Dio è ed esiste quando c’è Creazione, che la Creazione è Dio e pertanto può esserlo chiunque mentre è impegnato a creare. Una verità molto semplice cui chiunque può accedervi, chiunque può attingere a tale forza tutte le volte che vuole, ma chissà perché ai molti è così difficile da comprendere. L’umanità è profondamente ottusa e stupida.»
Guerriero abbozzò un sorriso. «Si dice che l’hai fatta a tua immagine e somiglianza.»
«Si dice anche che sono un Dio geloso, veloce all’ira e tremendo nella sua giustizia vendicatrice.» Sbuffò Dio. «Gli uomini hanno scritto tante cose su Dio: spesso erano solo voci messe in giro da chi comandava i culti per condizionare e far star buoni i fedeli, instillando in loro timore e paura per chetare l’insorgere di dubbi e ribellioni di fronte a regole insensate e astruse. Ma di ciò che realmente è stato detto, poco o niente è stato riportato; chi ha provato a parlare di qual era la verità, è rimasto inascoltato, isolato o messo a tacere prima che potesse raggiungere una posizione che lo rendesse irraggiungibile e inattaccabile.» Inspirò profondamente. «Senza contare gli errori di trascrizione e traduzione dei testi sacri che si sono accumulati nei secoli che hanno contribuito ancora di più a travisare i significati che dovevano essere trasmessi. Dopo tutto questo, dopo averlo usato per qualsiasi pretesto il suo nome, l’umanità a un certo punto ha deciso che non c’era bisogno di Dio, s’è dimenticato di lui come ci si dimentica di un pezzetto di carta che non serve più: ha deciso di fare di testa sua o meglio di non fare di testa sua, appoggiandosi alle voci di chi sapeva raccontare meglio le cose, di chi le diceva quello che voleva sentirsi dire. L’umanità ha creduto di seguire il percorso della libertà, invece ha intrapreso quello del caos. Non è stata per nulla abbandonata, ma non si può salvare chi non vuole essere salvato: si può dare aiuto solo a chi lo ricerca per davvero.»
«Il libero arbitrio…è in suo nome che si sono lasciati imperversare i Demoni? È in suo nome che Dio non è intervenuto?»
Il cane arrivò di corsa gettando il pallone ai piedi di Guerriero, abbaiando perché glielo lanciasse.
«Preoccuparsi degli altri, cercare di fare sempre la cosa giusta, di essere altruisti, di rivolgere le attenzioni sempre verso l’esterno.» Riprese a parlare Dio quando il cane ripartì all’inseguimento del pallone lanciato. «Gli uomini credono che ogni scelta, ogni responsabilità debba ricadere sulle spalle di uno solo, di una singola entità che si faccia carico di tutto. Ciò che non si capisce è che Dio non è nient’altro che una parola, che cerca di spiegare tutto, ma che in realtà non dice nulla: è solo l’illusione di un’onnipotenza lontana su cui si vuole scaricare ogni responsabilità. Gli uomini hanno sempre attribuito colpe e meriti ad altre figure immaginarie, senza considerare che i fautori di certe creazioni sono proprio loro in base al rapporto che hanno con le energie dell’universo: la nascita di Dei o Demoni dipende solo da questo. E così tutto quello che ne consegue.»
«Nient’altro che un uomo: è questo quello che stai dicendo di essere.»
«È questo quello che già sai sull’Essenza. Puoi attribuirgli i nomi che vuoi, ma è di questo che si tratta; l’aspetto esteriore può cambiare in base ai tempi, ma la sostanza è sempre la stessa. Un Dio può fare quello che gli uomini gli permettono di fare: questa è la realtà. Sia per il bene, sia per il male. Io sono un Creatore, non un Guardiano o un Protettore: così ho deciso di essere. E non voglio cambiare per fare un favore agli altri: ho fatto le mie scelte, gli altri le loro. Ognuno paga per quanto si è scelto.»
«Allora è questa la ragione per la quale non sei intervenuto, perché hai permesso tutto questo.» Costatò Guerriero.
Dio scosse il capo. «L’uomo ha voluto distruzione. L’uomo ha scelto questa strada, assecondando un’indole aggressiva, distruttiva. Quando è così, non si ha bisogno di un Creatore: tutto quello che farebbe, andrebbe perduto.»
«Allora stai aspettando che non rimanga più nulla prima di tornare a intervenire?»
«I tempi devono essere maturi: la forza dell’ondata di distruzione deve terminare il suo vigore prima che si possa agire diversamente.»
Guerriero lo fissò a lungo, intensamente. «È un modo per dire che i Demoni sono più forti di te?»
«È un modo per dire che chi è stato artefice di una certa situazione è anche capace di trovarne la soluzione.» Il cane gli si mise al fianco, lasciando cadere la palla ai suoi piedi, la lunga lingua che penzolava mentre ansava. Dio prese il pallone, lo infilò nello zaino e si mise quest’ultimo in spalla alzandosi in piedi. «Non c’è sempre un Dio a portata di mano che può risolvere tutto.» Si allontanò verso i canyon con il cane che gli trotterellava alle calcagna.

Estratto da L’Ultimo Demone.

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