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Mistborn: alcuni miti alla base della trilogia

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La saga Mistborn di Brandon Sanderson, oltre ad aver colpito per lo stile e la capacità dello scrittore statunitense di caratterizzare i personaggi e creare un mondo e una storia epica, ha suscitato interesse per il sistema di poteri usato: tali poteri infatti ruotano attorno ai metalli che persone con un particolare metabolismo sono in grado di assimilare, utilizzandoli per sviluppare capacità fuori dal comune. Questa è l’allomanzia, ma non è l’unico potere mistico della saga. Si ha la feruchemia, dove i Custodi immagazzinano in anelli e bracciali metallici capacità fisiche (velocità, guarigione, forza) e mentali (memorie) da utilizzare quando ce n’è bisogno, e l’emulargia, che trasmette i poteri di un allomante a un’altra persona attraverso un processo cruento utilizzando spuntoni metallici che si conficcano nei corpi.
Poteri che dai più sono considerati divini, tant’è che uno dei sedici metalli usati da queste tre capacità è il corpo di Rovina, uno dei due dei che ha permesso la nascita dell’uomo. Un’idea che può sembrare innovativa quella usata da Sanderson, perché nell’immaginario comune è qualcosa di poco conosciuto, ma esistono miti che narrano di come i metalli fossero parte di esseri divini.
Immagine di Gayomart nella mitologia persianaUn esempio di ciò viene dall’Antica Persia, dove il primo uomo, l’uomo dell’origine del mondo, chiamato Gayomart, veniva raffigurato come un essere di enorme statura, promanante luce. Quando morì, dal suo corpo sprizzarono tutte le specie dei metalli, e dalla sua anima nacque l’oro. (1)
Si può fare un’analogia a seguito di tale passo con l’associazione anima/oro con il potere nato dal consumo di tale metallo in Mistborn: l’anima, oltre come prezioso possesso di ogni individuo (l’insieme di tutte le qualità umane che fanno difetto nell’atteggiamento cosciente (2)), viene visto come orizzonte di conoscenza e infatti la capacità dell’uso di questo metallo è quello di far conoscere il proprio passato.
Altro elemento che ha avuto importanza nelle religioni, ma anche in psicologia, e che è usato in questa saga, è il numero 16: infatti, il numero 16, ha una particolare importanza risultando composto da quattro volte quattro, dove le manifestazioni più naturali e spontanee del centro psichico sono caratterizzate dal movimento quaternario – cioè a dire dal fatto che presentano quattro aspetti distinti (3). (Carl Gustav Jung ha sempre dato molta importanza al fatto che la psiche fosse divisa in quattro parti: intuizione, sensazione, pensiero, sentimento). Il numerico karmico 16 rappresenta la speranza di elevarsi, di distinguersi, eliminando le false impalcature create: è lampante tutto ciò in Il Campione delle Ere, quando Elendil capisce cosa significa la ricorrenza di tale numero e come da tale comprensione nasca la conoscenza per far arrivare degli uomini ad avere i poteri di un dio.
Sempre parlando di essere divini, altro mito simbolico dell’antica India che emerge nella lettura della saga è quello di Purusha o uomo cosmico, il “grande uomo” che riscatta l’individuo sollevandolo dal livello del mondo effettuale e delle sue miserie, a quello della sua eterna, originaria sfera. Nell’inno (X, 90) del Ṛgveda, detto anche Puruṣa sūkta, un inno del tardo periodo vedico, il Puruṣa è descritto come tanto vasto da coprire e lo spazio e il tempo; ma di questo essere immenso, che può essere visto come la personificazione della realtà ancora immanifesta, è visibile soltanto un quarto. Da questo quarto ebbe origine innanzitutto il principio femminile (virāj) e quindi l’umanità. Il Puruṣa venne poi steso per terra dai deva e offerto in sacrificio secondo il rito, affinché avessero origine il mondo, gli animali, le caste, altri dèi, e i Veda stessi. Il sacrificio è dunque l’atto col quale il mondo viene creato: l’Uomo cosmico, il Puruṣa, sacrifica una parte di sé per dare origine all’umanità e all’universo (fonte Wikipedia).
Da questa descrizione si comprende non solo come Preservazione dà vita agli uomini (il dio che sacrifica una parte di sé per far nascere gli esseri umani), ma anche l’elevazione finale cui va incontro Sazed quando comprende la verità nascosta dietro le profezie del passato (divenendo quello che qui è chiamato l’uomo cosmico).
Che Sanderson possedesse la conoscenza di queste storie o, come dice Jung, fosse qualcosa venuto dall’inconscio, non ha molta importanza, anche se può essere interessante saperlo: è importante invece come attraverso la storia creata dall’autore venga a galla una conoscenza che renda più consapevole chi la legge.

1- L’uomo e i suoi simboli. Carlo Gustav Jung, pag.180 . Tea, 2010
2- Vocabolario – Le parole dei mondi più grandi. Igor Sibaldi, pag.40. Anima Edizioni 2009
3- L’uomo e i suoi simboli. Carlo Gustav Jung, pag.180 . Tea, 2010

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