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L’Ultimo Potere – Secondo Atto – XXII Luci e ombre (parte 2)

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Un altro giorno era passato. Un’altra notte da affrontare.
Il fuoco illuminava le pareti di quello che un tempo era stato un negozio d’orologi, cercando di tenere lontana l’umidità della pioggia che continuava a cadere.
Schegge di vetro, pendole e catene ossidate erano sparse sul pavimento insieme a calcinacci e lamiere contorte.
Ombrosa era sdraiata sul fianco contro la parete, fissando con sguardo spento le fiamme.
«Dovresti lasciarmi indietro: non faccio che rallentarti.» Disse con un soffio di voce.
«Ne abbiamo già discusso.» Rispose secco Guerriero.
«Ho fatto la mia parte in questa vicenda, non posso fare oltre.» Continuò Ombrosa. «Te l’ho già spiegato.»
Guerriero si mise a guardare la cortina di pioggia. «Devi solo recuperare le forze.»
Ombrosa chiuse gli occhi. «Sono

spezzata.» Mormorò flebile.
Guerriero prese delicatamente tra le braccia la donna dai capelli neri. La pelle del suo volto si era fatta grigia, gli occhi smorti. Quel corpo che aveva resistito agli assalti dei Demoni con tenacia ferrea, pesava come una piuma tra le sue mani, come se sotto la pelle tirata, muscoli e ossa fossero ridotti in cenere.
«Sei solo sfinita per la lotta.» Disse Guerriero scostandole una ciocca di capelli insanguinati.
«Sono svuotata. Non ho più Potere.» Continuò mentre la voce si faceva più roca. «Ho legato il Demone al Potere delle Porte, permettendogli di rubarne le forze: gli ho lasciato fare esattamente quello che voleva, senza farlo accorgere della trappola. E poi ho fatto collassare i canali interiori. Ora sono perduti per sempre.»
«Quindi il tuo essere in difficoltà era solo una finta.» Mormorò Guerriero.
«Serviva per conseguire la vittoria. Quando si è agganciato in maniera da non potersi più staccare, ho provocato la Rottura. Il Demone non ha potuto fare altro che seguire lo stesso fato.»
«Perché hai fatto questo?»
«Era l’unico modo per vincere.»
«Unendo le nostre forze avremmo potuto farcela lo stesso.» Protestò Guerriero.
«Saremmo periti entrambi.» Disse in un soffio la donna. «I nostri Poteri svaniti. Almeno uno dei due doveva sopravvivere. Ed è meglio che sia stato il tuo.»
«Perché?»
«Perché il tuo Potere è molto più forte del mio. Io non riuscirò a superare certi limiti: tu ne stai superando uno dopo l’altro, a velocità sempre crescente. Non te ne accorgi, ma presto diventerai la forza che il Demone che combattiamo dovrà temere: Maestro ne è consapevole, per questo ti ha preso con sé, anche se non eri nei suoi piani.»
«Ma arrivare a sacrificarti…»
«Non esisteva altro modo.» Un colpo di tosse spezzò il suo respiro. «Ci sono Demoni che non traggono forza dai Vizi, dalle Ossessioni, ma si nutrono di energie scaturenti dagli uomini che hanno Virtù. Non ne esistono molti di questo tipo, perché poche ormai sono le persone virtuose, ma continuano a calcare la terra.»
Guerriero scosse il capo. L’ultimo Demone del trio venuto a ucciderli. Il nemico che non era riuscito a sconfiggere.
«Come può un Demone nutrirsi delle Virtù?»
«Le Virtù sono un’energia pura, incanalata in un corpo umano, che interagisce nel mondo materiale. Come sai la materia è imperfetta e rende imperfetto ciò che entra a contatto con essa. Anche una Virtù. Per quanto un individuo sia guidato dalle intenzioni più nobili, rimane sempre una parte che si compiace di quanto di buono riesce a fare, ne trae piacere perché innalza l’immagine che ha di sé, facendolo sentire un essere di luce.»
«L’Ego.» Mormorò in un soffio Guerriero.
«Sì. La breccia, il punto che va a indebolire le Virtù. Ed è a questo che tali Demoni si attaccano per aumentare il loro Potere. Perciò non potevi vincere contro di lui: dentro di te cercavi nobili ragioni che ti dessero l’energia necessaria per sconfiggere il nemico. Ma facendo questo, oltre alla tua, aumentavi anche la sua forza, dato che i colpi con cui lo investivi avevano anche la fonte del suo Potere. Pervasi dalle tue emanazioni, erano la sorgente dal quale attingeva energia. E mentre lui si rafforzava, tu ti indebolivi.» Ombrosa deglutì a fatica. «La via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.»
Guerriero la strinse più vicino a sé. «Perché se sapevi tutto questo, l’hai affrontato lo stesso?»
«Perché in me la luce non brilla con la stessa intensità che tu possiedi: il nome che porto ne dà conferma; non ho nulla di nobile che possa alimentare il mio ego, niente che mi faccia sentire fiera di quello che faccio. La tua luce è troppo limpida, troppo esposta per Demoni di quel genere: non possiedi protezioni di sorta, come invece ho io. Il Demone ha avuto difficoltà a scoprire i miei punti deboli e mentre tentava di farlo, ho tessuto la trappola nella quale è caduto.» Altri colpi di tosse squassarono l’esile torace. «Quando la sua energia s’è avvinghiata alla mia, ho spezzato le Porte: non potendo fermare il processo di risucchio che aveva attivato, non ha potuto fare a meno che ricercare forza nel punto più vicino.»
«Vuoi dire…»
«Ha consumato se stesso. Il suo Potere s’è mangiato da solo, causando la fine del Demone.»
Guerriero rimase scosso dalla rivelazione. «Maestro non mi ha mai parlato di questo tipo di Demoni.»
«Maestro sa tante cose, ma non può sapere tutto.» Le parole uscirono in un soffio dalle labbra pallide.
«E tu come fai a saperlo?»
Un flebile sospiro esalò dalla sua bocca, come se il parlare avesse consumato le ultime energie rimaste. «Perché un tempo stavo per essere una di loro.» La donna aprì gli occhi, fissandoli in quelli di Guerriero. «Ora capisci perché porto questo nome: non sono diventata tenebra, ma in me non c’è posto per la luce. Ecco perché anche se nel gruppo, non ne facevo parte. Quello che ero mi teneva separata da voi; un essere che non appartiene a nessun mondo, né umano né demoniaco. Un aborto isolato da ogni cosa.» Strinse gli occhi, come se pronunciare quelle parole le costasse fatica. «Non sono mai stata veramente una di voi, quello che ho rischiato d’essere mi ha sempre tenuta separata da quelli che in apparenza sono i miei simili. In me c’è una macchia che non può essere cancellata. E il rimorso tiene sempre a distanza.» Il corpo fu scosso da singulti. «E’ questa la tenebra che si cela in me; è questo ciò che sono. La Bella Tenebrosa, mi hai chiamato una volta. E avevi ragione, almeno sulla seconda parte.» Mormorò attraverso un sorriso tirato.
«Mi spiace.» Il volto di Guerriero si contorse in una smorfia. «Io non sapevo…»
La mano esile si appoggiò sulle sue labbra. «Mi ha fatto piacere sentirtelo dire. C’era affetto nel pronunciarlo e il tentativo di colmare la distanza che c’era tra noi: stavi provando a essermi vicino. Nessuno l’aveva mai fatto: si tenevano tutti a distanza. Io li tenevo a distanza.» Sottolineò con la forza che le era rimasta. «Avevo creato apposta questa immagine perché non sono mai riuscita a perdonarmi per quello che ho fatto. Ma con te non ha funzionato. Te ne sei fregato.» Il sorriso s’allargò. «La tua tenacia ti porterà lontano.»
Guerriero rimase in silenzio, non sapendo cosa dire.
«Chiamami ancora così.»
«Bella Tenebrosa.» Sussurrò Guerriero.
Il sorriso della donna brillò come una stella, prima di affievolirsi, ma senza dissolversi, solo divenendo più trasparente. «Lo sai che i lupi si mettono insieme per tutta la vita?» Mormorò chiudendo gli occhi. «Si sostengono e si aiutano, si danno forza a vicenda.»
«Non credevo conoscessi le abitudini di questi animali, ormai sono una razza in via d’estinzione.» Guerriero rimase spiazzato dalla piega che stava prendendo il dialogo; si sentiva in…imbarazzo.
«Li osservavo prima…di tutto questo. Stavo in mezzo a loro per studiarli; ero una ricercatrice prima che il mondo cadesse.» Le parole le uscirono a fatica. «Sono animali magnifici.»
Guerriero ringraziò il cielo che avesse gli occhi chiusi e non potesse vedere il suo stupore; se era come aveva detto, significava che doveva avere un centinaio d’anni, forse anche di più. Eppure sembrava avere la sua stessa età. «E devono essere molto forti e resistenti, se sono riusciti a sopportarti per così tanto tempo.» Cercò di fare una battuta per alleggerire la tensione.
Ombrosa allargò di nuovo il sorriso, ma era tirato e stanco. «Non se sono soli. A un lupo solitario si prospetta una vita di vagabondaggio ed è destinato a soccombere. Chi vive solo e ha deciso di affrontare senza aiuto il mondo, deve combattere una lotta vana, persa ancora prima di cominciare. Il suo è un destino di perdente, che lo porterà a soccombere e a morire abbandonato tra qualche roccia, lacerato e spezzato.» La voce parve spegnersi. «Come me.» Le palpebre tornarono ad alzarsi, fissandolo intensamente. «Non perdere più tempo. Raggiungi Maestro: ha bisogno di te.»

Guerriero distolse lo sguardo dalla pioggia; Ombrosa era scivolata di nuovo in uno stato di dormiveglia.
Così simili eppure così diversi.
“Un tempo stavo per essere una di loro.” Gli aveva detto.
Una Demone.
Non poteva essere. Non riusciva a crederlo.
Eppure era stata lei stessa ad ammetterlo. Che cosa l’aveva portata su quella strada? Che cosa le aveva impedito di divenirlo?
E adesso chi era?

«Ma tu chi sei? Che cosa sei?»
«Si può dire che sia un lupo solitario.» Disse senza pensare a quello che diceva, troppo preso dalla manutenzione dell’arma.

Dio, le stesse parole che aveva pronunciato a Katrin.
In un attimo il suo cuore scoppiò, incapace di sopportare la verità.
Ombrosa era come lui.
Cresciuti lontano dagli altri esseri umani. Soli.
Così vicini, così lontani.
Lo stesso destino, lo stesso passato. La stessa disperazione, lo stesso aggrapparsi a qualcosa perché avevano troppa voglia di vivere. E troppo orgoglio per ammetterlo.
E ora, aveva davanti la visione del suo futuro? La stessa identica fine?

«Io non voglio morire!»

Non un’altra Katrin.
Già una volta era andato vicino a perdere se stesso. Non sarebbe successo di nuovo. Non avrebbe perso anche Ombrosa.
Questa volta avrebbe salvato.

«Non ti lascio qui da sola.» Strinse i denti per non far tremare la voce.
«Lo farai. Dovrai fare come con Tempo.»
Una bruciante lama trapassò Guerriero, uno spasmo che lo lasciò a boccheggiare. «Non di nuovo.» Mormorò.
«Devi.» Sussurrò dolcemente la donna. «La battaglia è vinta, ma io non sono più utile per la lotta contro i Demoni: con la Rottura, non potrò più accedere al Potere. Non ho più uno scopo e senza, la vita non ha alcun senso.» Gli occhi distanti e sfocati si posarono su Guerriero. «Dammi la morte.»
L’incubo tornò a spalancarsi davanti a Guerriero. Una marea nera che s’alzava pronta ad abbattersi. Di nuovo in mezzo alle macerie, di nuovo a stringere la morte. Un aggraziato corpo femminile spezzato, che non era riuscito a proteggere, a salvare.
«Non te la prendere. E’ così che va il mondo.» Mormorò la donna, nel tentativo di facilitargli il compito.
«Me ne frego di come va il mondo.» Guerriero strinse rabbioso i denti. «Questa volta sarà come dico io.»
Scostò i capelli neri dal volto pallido e appoggiò il capo della donna al petto, cominciando a cullarla finché non scivolò nel sonno.
«Basta.» Mormorò. «Non morirà più nessuno. Anche se non hai più Potere, mi prenderò cura di te.» Con cautela s’alzò in piedi, stringendo il corpo al petto. «Troverò un posto dove potrai stare e quando vinceremo la guerra, potremo vivere in pace e non ci sarà bisogno di Potere, perché non ci sarà più nulla da combattere. La vita avrà un senso diverso: non perché è utile e necessaria, ma solo perché bella.»
Mentre s’allontanava dalle macerie con la donna tra le braccia, il suo passo si fece più deciso e risoluto, pervaso da una nuova forza. L’espressione sgomenta di pochi attimi prima era sparita, sostituita da una maschera di ferro.
Il cammino che lo avrebbe ricondotto da Maestro sarebbe stato rafforzato dalla promessa che risuonava nel suo animo.
Non avrebbe fallito.

E così sarebbe stato.
Ora e sempre.

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