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L'Errore del non Ricordare

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Gli anniversari dei giorni scorsi dovrebbero far riflettere sugli eventi incorsi nel passato.
Molto spesso si sottolinea l’importanza della memoria, delle esperienze di chi ci ha preceduto, delle lezioni racchiuse nella storia.
E altrettanto spesso si devono osservare gli effetti di cosa porta la dimenticanza, del non dare credito agli insegnamenti celati in quanto trascorso.
Un male che porta sempre e solo a un’unica conclusione.

“Yadeth Garath, la prima città di umani, era ora ridotta a macerie putrefatte dal sale e inghiottite dal limo, sepolte profondamente sotto la palude. Non restavano più segni del suo passato, al di là delle innumerevoli derivazioni dell’antico nome; di coloro che, con le loro vite, morti e storie, vi erano, un tempo, esistiti, non sopravvivevano nemmeno le ossa.
Dejim Nebrahl ricordava i pescatori che avevano abitato sulle sue rovine, vivendo nelle loro squallide palafitte, solcando le acque nelle loro imbarcazioni rotonde, di pelle di animale, e percorrendo le piattaforme di legno che attraversavano i canali naturali serpeggianti nella palude. Non erano discendenti di Yadeth Garath. Non sapevano niente di ciò che turbinava sotto il limo nero; era un’innegabile verità che, alla fine, il ricordo dovesse appassire e morire. Non c’era un solo albero della vita, per quanto unica e fondamentale fosse stata questa Yadeth Garath; no, c’era una foresta e, ripetutamente, un albero, dal tronco fradicio, crollava per svanire rapidamente nella fanghiglia soffocante.
Dejim Nebrahl ricordava quei pescatori, il modo in cui il loro sangue sapeva di pesce e di molluschi; un sangue denso, scialbo, intorpidito dalla stupidità. Se uomini e donne non possono – non vogliono – ricordare, allora meritano tutto ciò che viene loro inflitto. Morte, distruzione, devastazione. Non si trattava del giudizio di un dio, ma del mondo, della natura. Ingiunto in quella cospirazione di indifferenza che tanto sconcertava e terrorizzava la razza umana.
Le terre sprofondano. Le acque irrompono. Le piogge arrivano, poi non arrivano mai. Le foreste muoiono, rinascono, muoiono ancora. Uomini e donne si stringono ai figli in stanze buie, suppliche tardive sulle labbra, il vacuo fallimento negli occhi; e ora sono granelli di bianco e di grigio nel limo nero, immobili come il ricordo delle stelle in un cielo notturno scomparso da tempo.
Comminare il giudizio della natura, questo era lo scopo di Dejim Nebrahl. Gli immemori sono inseguiti dalle loro stesse ombre. Per gli immemori, la morte arriva sempre inaspettata.”

I Cacciatori di Ossa – Seconda Parte. Steven Erikson

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