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La lancia cura la ferita che ha inferto

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E’ la frase con cui Igor Sibaldi nel dvd “Esegesi 2-La bellezza delle eresie” fa prendere coscienza dell’insegnamento di Freud del superare i traumi rivivendoli, ricordandoli (e così ricordandosi di sé) attraverso la conoscenza di un passo evangelico, quello dello spezzare il pane, che è molto di più di un memoriale o un cerimoniale. Lo scrittore e studioso di teologia mostra, facendo l’esempio che l’Io sia una forma di pane, come attraverso il condizionamento degli altri (la civiltà, la Bestia) si è permesso di lasciar prendere la propria integrità, di farsi spezzare un pezzo alla volta, rinunciando a seguire le proprie ispirazioni, la propria natura: un adattarsi un pezzo alla volta fino ad arrivare a non desiderare più nulla (e non sono poche le persone che non hanno più desideri), un lasciar mangiare la propria libertà, la propria genialità.
Un vero e proprio massacro come succede a Pelops, il figlio di Tantalo, letteralmente macellato dal padre per darlo in pasto agli dei, pensando di fargli cosa gradita (cosa che non andrà così, data la punizione che gli esseri divini infliggeranno al mortale, imponendogli l’atrofia del desiderio). Ragazzo che però tornerà in vita grazie all’intervento divino, quando i suoi pezzi verranno messi nel pentolone in cui è stato cucinato e di nuovo fatto bollire (ovvero gli verrà fatta rivivere l’esperienza, il trauma subito) e grazie a esso ritornerà integro, come spiegato da Freud in psicanalisi (e come ben mostrato attraverso il mito greco raccontato in Quando hai perso le ali, un’opera sempre di Sibaldi).
Come suggerisce Igor, si provino a rivivere le esperienze in cui si è permesso che gli altri ferissero, staccassero un pezzo del proprio io, menomando e impoverendo.
Naturalmente occorre essere consapevoli di quello che si fa, sapere il motivo che spinge a rivivere la dolorosa esperienza, altrimenti si ripete il trauma senza riuscire a capire l’importante insegnamento da prendere: un perpetrare le cose senza imparare mai nulla, solo provare un dolore fine a se stesso.

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