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La fantasia: difesa contro i (pre)potenti.

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Quando si usa la parola orrore si pensa alle efferatezze della guerra, alle miserie della povertà e delle malattie, agli scempi di una mente malata; si immaginano spargimenti di sangue, urla.
Questo è solo uno dei modi di come si manifesta. Ne esistono più sottili e striscianti, alle volte invisibili, che si nascondono nella quotidianità, orrori silenti che accompagnano esistenze all’apparenza serene. Sono proprio quelli che non si vedono, che agiscono in silenzio, i peggiori: l’indifferenza, la chiusura che gli uomini hanno verso i suoi simili, l’egoismo, l’ambizione, la conquista che tante volte calpesta e travolge senza premura chi si incontra. Energie che penetrano le difese, stordendo, intorpidendo, fino a quando la gente per difendersi diventa insensibile a tutto, isolandosi, chiudendosi in un guscio. Questo sono le persone di fronte all’orrore: tanti gusci che galleggiano nel mare della vita, cercando di non affondare. Involucri che cercano di frenare gli stati interiori del proprio essere di fronte alle brutalità, una reazione a quanto è incomprensibile: c’è chi cerca di sfuggirle, chi si lascia travolgere, chi l’affronta e chi in un modo o nell’altro si protegge.
La fantasia è uno dei metodi di difesa.
Il fauno in Il labirinto del faunoQualche tempo addietro uscì un film fantastico, Il Labirinto del fauno: ambientato in Spagna nel 1944, con Franco che dà inizio al suo regime, narra le vicende di una bambina che si trova coinvolta nella lotta tra partigiani e soldati; una bambina che si trova isolata, lontana da tutti, dove il padre è morto, e la madre che, risposata con un ufficiale dell’esercito, è troppo occupata per il parto imminente per darle attenzione. Ma vicino alla casa dove risiede, ci sono degli antichi resti, dove un fauno le rivela che lei è la principessa del mondo sotterraneo e che può tornarvi se supera alcune prove.
Una storia fantastica, si può dire, anche se cruda e amara: questa può essere la chiave di lettura più semplice e immediata, più superficiale se ci si sofferma sulle apparenze. Ma se si va in profondità, si scopre che la verità della storia è un’altra.
Quanto raccontato non è un’invenzione, ma la realtà, che racconta le brutalità e le efferatezze di momenti che sembrano ripetersi sempre nella storia umana, un piccolo pezzo di mondo presente nella vita di ogni individuo: chi non vedendo le vicende della bambina non ha provato empatia, non si è sentito vicino alla protagonista, consapevole che almeno una volta nella sua infanzia non ha vissuto esperienze simili? Si è riconosciuto in lei, ben conscio di quanto si prova in momenti del genere: perché da sempre i bambini, di ogni razza, di ogni colore, i deboli per antonomasia, creano amici, mondi immaginari per difendersi dagli adulti, dalla loro incomprensione; un modo per vincere l’isolamento in cui si trovano, per sopravvivere all’abbandono.
Così fa Ofelia, che cerca di difendersi dal mondo duro e cinico degli adulti, così incomprensibile e irrispettoso, creando un mondo fantastico dove sentirsi al sicuro, salvaguardare l’innocenza e non essere raggiunta da ciò che fa male. Crea un mondo nuovo, con protagonisti i personaggi dei libri di fate che legge, e vi interagisce, anche se esso non è altro che uno specchio modificato del mondo reale: il fauno è la guida di cui sente il bisogno, la figura che in un qualche modo prende il posto di quel padre che non c’è più ed è la proiezione di una protezione, di un bisogno che la bambina ha e che nella realtà non trova. Tutte le prove che fa non sono altro che un modo per cercare di superare le sue paure, la sua solitudine e l’abbandono che prova e che nessun adulto sa colmare. Tutte le sue avventure sono frutto della sua immaginazione, della fantasia che in lei è tanto sviluppata: una difesa erta tra sé e il mondo circostante così assurdo.
La fantasia, che nei periodi bui, sia storici sia personali, sembra ergersi come paladino difensore e brillare con ancora più forza nella sua fulgida corazza.

Spesso chi legge o guarda materiale fantastico viene etichettato come disadattato, come uno che ha la testa tra le nuvole: romanzi o film fantasy sono considerati cosa da bambini o gente che non è mai cresciuta, che fugge dalla realtà. Chi fantastica è considerato un visionario perché sogna un mondo diverso da quello che lo circonda e che gli adulti, le cosiddette persone “mature”, cercano di educare, o rieducare (come fa la madre con Ofelia che la rimprovera di leggere libri fantastici e la esorta ad adeguarsi alla realtà che la circonda); ma sono quest’ultimi i pazzi che credono di cambiare le cose con l’ambizione e il potere, come accade nel film: perché il fascismo, come lo definisce il regista Del Toro, è una perversione dell’innocenza dell’infanzia. Un sistema che può cambiare nome, ma che continua a ritornare, a perpetrare i suoi danni: anche se camuffato, lo si può smascherare dalle azioni e dagli effetti che porta. I tempi cambiano, ma la storia si ripete, ora come allora.
Una società come quella attuale, cui tutti hanno contribuito a creare, che calpesta, soffoca i bambini. E questo termine si riferisce non solo a esseri umani di una certa fascia d’età, ma anche a quella parte interiore che saprebbe ancora stupirsi e gioire come un fanciullo: quante volte gli “adulti” si irritano con i bambini o con chi riesce a essere felice, per la gioia di vivere che li pervade, perché invidiosi di non essere più capaci, o di non aver più modo, di essere liberi come loro?
Si vive in un sistema alienante, fatto e guidato da prepotenti, e la gente, non solo i bambini, per difendersi si rifugia in mondi fantastici per preservare la propria sanità mentale e la propria umanità: quella parte che è in ciascuna persona e che si cerca di difendere dal mondo ruvido degli adulti.
Il fatto che adesso vada tanto il fantastico è segno dell’andamento momentaneo del mercato, della moda? E’ solo indice della voglia di guadagno e sfruttare un settore che rende? Oppure inconsciamente è un bisogno che va oltre la mera razionalità del profitto? E’ il campanello d’allarme che c’è qualcosa di tremendamente sbagliato nella società in cui si vive, se si vuole fuggire da essa?

1 comment to La fantasia: difesa contro i (pre)potenti.

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