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Felicità

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La maggior parte di chi governa vuol far credere che va tutto bene, che con l’ottimismo tutto si risolve, che le cose stanno riprendendo, che si va verso un miglioramento, ritornando ai tempi in cui si andava bene e c’era felicità. Parole di circostanza, sorrisi che vogliono essere rassicuranti (ma che in realtà sono palesi prese in giro); non c’è però da meravigliarsi, questo è il politichese: usare tante parole per non dire niente, per non dare risposte, girare attorno ai problemi senza però mai risolverli (né volere risolverli).
Se si indaga però un po’ a fondo, i dati rivelano una situazione diversa da quella che viene raccontata. Dati che non sono quelli emessi da chi è legato a chi comanda (spesso manipolati o dati solo in parte per tirare acqua al proprio mulino), ma quelli che rispecchiano l’andamento della realtà.
Senza però andare a guardare indagini, statistiche, si provi semplicemente a osservare le persone che s’incontrano per accorgersi dello stato delle cose, dello stato di felicità.
Ogni periodo ha le sue difficoltà, non è mai roseo, ma ci sono momenti in cui le cose scivolano verso il basso e si ha un peggioramento. La crisi economica in questo senso ha dato un grosso contributo: abituata a un certo tenore di vita, a vivere in un certo modo, la gente ha fatto fatica ad accettare il cambiamento in negativo. Abituata a contare prevalentemente sui soldi, su quello che potevano dare (viaggi, cene nei ristoranti, rinnovare in continuazione le tecnologie con nuovi acquisti), ha fatto fatica o non è riuscita ad adattarsi al nuovo tempo. Questo ha portato allo scontento, perché i soldi a disposizione sono meno, mentre le spese per il necessario aumentano, costringendo a fare rinunce, alle volte arrivando a trovarsi in situazioni di disagio. E’ logico che non si può essere contenti quando si è nelle difficoltà, ma quando nella vita si punta tutto su qualcosa, quando essa viene a mancare ci si ritrova a veder sparire le fondamenta del proprio vivere e si è smarriti, ci si sente vuoti. Un vuoto che viene sostituito dall’insofferenza, dalla rabbia.
Si osservi la gente e si vedrà che ha un atteggiamento più insofferente, più diffidente; si percepisce un’atmosfera più dura, più cupa. Difficile da spiegare, ma si percepisce che il tempo è cambiato. La gente è cambiata. S’incontrano sempre più individui con lo sguardo spento, assente, come se la loro mente fosse da un’altra parte per non assistere all’esistenza condotta dal corpo. Le persone sorridono sempre meno (si parla di sorrisi sinceri), troppo prese nel spendere la vita lavorando per mantenere il superfluo, vivendo con l’apprensione di non avere mai abbastanza soldi per il proprio mantenimento, aspettando con ansia il giorno di paga e guardando con preoccupazione lo stipendio calare rapidamente, preoccupati di non riuscire ad arrivare alla fine del mese. E mentre si passano gli anni pagando il mutuo della casa, le bollette e le vacanze da fare regolarmente, aggiungendoci alle volte il patema di trovare un lavoro se lo si perde o un impiego meglio retribuito, l’esistenza scivola da un’insoddisfazione all’altra, intervallata da qualche sprazzo di serenità. Se alle persone si prova a chiedere se sono veramente felici, si vedrà quanti “se non fosse per”, “però”, “vorrei che”, sono presenti nelle risposte, sintomi di un malumore malamente dissimulato.
Allora come si fa a trovare la felicità? Non basandosi su ciò che si trova all’esterno, ma volgere lo sguardo all’interno di se stessi e osservare sinceramente che cosa si vuole davvero, trovare la propria strada, che non è quella che propone il mondo. Solo così si potrà trovare la felicità, anche se questo non significa avere una vita senza difficoltà.

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