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Come nasce una notizia

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Una piccola riflessione su come alle volte nascono certe notizie.
Diversi anni fa, quand’ero appena adolescente, nella provincia di Bologna, ma anche in quelle vicine, circolava la voce che nelle campagne s’aggirasse una pantera. Presto i giornali s’interessarono alla vicenda e numerosi articoli parlarono d’avvistamenti del grosso felino e del ritrovamento delle sue impronte. Diverse furono le persone che testimoniarono d’averla vista, ma non ci furono mai foto che immortalavano la bestia. Per il periodo estivo non si fece che parlare di questo e tra la gente c’era un certo timore ad avventurarsi nei boschi e nei parchi; poi com’era nata, la notizia fu dimenticata e nessuno si preoccupò più della pantera.
Notizie del genere ogni tanto ricompaiono, come è successo in questo caso sulla A14: probabilmente si è trattato di un cane randagio, perché una pantera raggiunge dimensioni ben superiori di quelle descritte. Si sono avuti anche altri avvistamenti, come nel grossetano.
Il più delle volte, come è stato dimostrato, sono falsi allarmi, mossi da suggestioni e paure che fanno vedere le cose più di quello che sono, oltre che dal non conoscere la loro natura. La gente parla, ma spesso lo fa senza avere conoscenza e buon senso. E i media, che ricercano lo scoop, non verificano la veridicità delle segnalazioni, interessati solo a cogliere l’attenzione del pubblico, ad avere audience e vendite.
Non si ricerca più l’informazione, non si cerca di far venire a galla la realtà, ma si ricerca solo di attirare l’attenzione, di fare scalpore: si agisce perché conta arrivare per primi, essere quelli che hanno scoperto prima degli altri la novità, senza pensare che si rischiano figuracce, a cui devono seguire poi smentite.
Vi faccio un esempio.
Quella che vedete sotto è l’impronta di un cinghiale o di un capriolo, la tipica forma di un ungulato (a proposito di caprioli, c’è gente che avvistandoli diceva d’aver visto gli alci, quando al massimo poteva aver visto dei cervi).

L’impronta successiva è quella di un cane. Alcuni potrebbero dire che si tratta dell’orma di un lupo, ma prendete un cane di taglia media, tra i 30 e 35 kg, tipo pastore tedesco, un terreno impregnato di pioggia, bello molle, e si otterranno impronte di discrete dimensioni, simili a quelle del parente.

Ora guardate quest’ultima, dove a fianco dell’orma del cane, ce n’è un’altra più grande. D’istinto viene da pensare a un grosso animale, probabilmente un predatore, magari si tratta proprio del fantomatico felino nero; l’immaginazione galoppa, l’inquietudine e l’adrenalina salgono.

Ma ci si soffermi a riflettere un attimo. Se fosse davvero il grosso felino, le impronte dei polpastrelli dovrebbero essere quattro e non solo tre, le due centrali più avanzate e quelle laterali più arretrate. Inoltre, il cuscinetto carpale non ha linee così squadrate, spigolose, è più tondeggiante.
La fantomatica orma che si vede non è altro che una formazione composta di più impronte, di una creata dalla calzatura di un cacciatore e di altre due impronte, probabilmente di caprioli, molto ravvicinate.
Magari fa anche ridere un poco l’idea di chissà quale caso potrebbe essere nato e di chissà quale viaggi si sarebbe fatta la gente.
Ma dopo il riso, la riflessione si fa più amara.
Quando una notizia non ha fondamenta, quando si cerca solo lo scalpore, si possono fare molti danni: per un capriccio, una ripicca, si può rovinare la vita di una persona, la si può marchiare per sempre, lasciando una macchia che perseguita. Basta davvero poco per distruggerla: prima si agisce accusando, incriminando, poi si cercano le prove, come è capitato a uomini accusati di violenza sessuale, consumata o tentata, da ragazze che per vendicarsi di non aver ottenuto quello che volevano hanno voluto rovinarli con questa infamia: in una società dove generazioni sono cresciute viziate, prive d’educazione, abituate ad avere tutto quello che vogliono, senza mai ricevere dei no, non è cosa affatto rara. In un periodo in cui ci si è sensibilizzati di più verso la violenza subita dalle donne, occorre stare in guardia. Atti di prevaricazione e abusi ci sono sempre stati, non sono solo nel presente, semplicemente grazie a internet e allo sviluppo dei media, oltre a una presa di coscienza e di coraggio delle donne, se ne parla di più e si richiedono le giuste tutele. Occorre fare attenzione però a non andare dalla parte opposta, a non cercare rivendicazioni per equilibrare i soprusi passati: occorre ricercare la giustizia, non la vendetta, rivalendosi di un passato che non può essere cambiato. Non si deve instaurare la mentalità che perché nel passato gli uomini hanno dominato, ora è il tempo delle donne di passare alla ribalta e avere la loro parte. Queste distinzioni di sesso, come quelle di razza, di classe sociale, portano solamente ad altri danni, ad altri attriti e ferite. Ci si deve ricordare che prima di essere uomini e donne, si è individui: solo così si avrà la possibilità di effettuare un cambiamento, di portare miglioramento, di non cadere nel luogo comune, come quando nei casi di violenza si pensa sempre che siano dell’uomo verso la donna perché l’uomo è fisicamente più forte e si ritiene che la violenza sia qualcosa di fisico, quando invece è qualcosa che lavora a più livelli, da quello verbale, a quello psicologico dei comportamenti, che chiunque può attuare. Quindi il pensiero che la donna è sempre vittima, sempre innocente, candida, incapace di commettere reati legati alla sfera sessuale è un pensiero erroneo. Il reato non è né maschile, né femminile, non è prerogativa di un sesso o dell’altro; invece è sempre una questione di sopruso di più forte sul più debole. Si pensa che le persecuzioni, lo stalking, lo stupro, siano solo reati commessi dagli uomini e non è concepito che li possano fare le donne, quando invece i fatti dimostrano che anche gli elementi del mondo femminile commettono simili crimini, come purtroppo mostrano le notizie di maestre che abusano di bambini dell’asilo.
Alla luce di quanto detto, ricevere per stizza, superficialità, immaturità, certe etichette che rimangono addosso tutta una vita è distruttivo oltre ogni immaginazione. Per far comprendere meglio, si pensi all’indignazione giusta delle donne nel ricevere l’epitaffio di puttana (inteso nel senso dispregiativo del termine, non del mestiere) e si rifletta che la stessa cosa vale per l’uomo additato come stupratore.
Questa riflessione non è fatta solo per far pensare a come lavorano giornali, media, per giudicare quello che ormai è sempre meno informazione e sempre più audience, ma è fatta per rendere consapevole ogni singolo individuo sul fatto che prima di agire (ma soprattutto di reagire) occorre riflettere, essere consapevoli a cosa possono portare le proprie scelte, di come influenzino il mondo tutt’intorno e di come una parola o un gesto possa aiutare o rovinare un altro proprio simile. Ogni individuo è collegato al mondo, alla vita e ogni sua scelta, o non scelta, produce degli effetti che si ripercuotono nello spazio e nel tempo.

2 comments to Come nasce una notizia

  • Purtroppo, a parte casi di superficialità nell’accusare o nell’etichettare senza pensare alle conseguenze, la maggior parte delle persone che si lanciano in false accuse sono ben consapevoli di quello che fanno, anzi lo fanno apposta. Per restare nel tuo campo di esempi, pensa ai casi di mogli separate che arrivano ad accusare l’ex marito di avere commesso abusi (inventati) sui figli… lo fanno esattamente sapendo quanto male possono fargli. E a volte uomini ingiustamente accusati arrivano a uccidersi per la disperazione o comunque hanno la vita rovinata (per tacere poi della vita dei figli così strumentalizzati). E sono d’accordo che è una questione di potere e rivalsa ed è indipendente dal genere cui si appartiene. Quando si vede la possibilità di esercitare il proprio potere o la propria forza su un altro per perseguire dei propri interessi è facile cedere, è la tentazione del potere… uomini o donne che si sia, è una tentazione che vale per tutti. Sono d’accordo con te non solo sulla consapevolezza (che però appunto non sempre è sufficiente) ma sull’educare alla responsabilità, soprattutto. Anche se a volte sembrano battaglie perse.

    • Peggio della superficialità, è la volontà di distruggere gli altri. Quella di usare terzi, come l’esempio che fai dei figli, per colpire un individuo, dimostra quanto l’essere umano deve farne di strada per evolvere e quanto ripeta sempre gli stessi errori.
      E poi per cosa?
      Per dimostrare di avere potere sugli altri, un qualcosa di così effimero che può sparire da un giorno all’altro. Ma i danni che ha fatto, quelli restano e porvi riparo alle volte non è possibile.
      Non c’è niente da fare: la distruzione ha un fascino più immediato della creazione, per la quale occorre tempo e pazienza per osservarne l’operato.

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