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Ciclicità

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La vità delle persone è fatta di cicli, periodi che iniziano e che terminano: infanzia, adolescenza, età adulta, vecchiaia. Il termine di un ciclo non è la fine di tutto, ma un mutamento che porta allo stato successivo.
Così nel piccolo, così nel grande.
Alla stessa maniera è per l’umanità, per la sua storia: passa attraverso stadi d’evoluzione. Preistoria, età antica, medioevo, rinascimento, età industriale.
Come si può osservare ci sono molte somiglianze tra l’uomo e l’umanità, cambiano solamente i tempi in cui si sviluppano, ma sono lo stesso periodo in cui un elemento si svilluppa e cresce.
Ma come ogni cosa, raggiunto il punto più alto, dopo l’ascesa inizia la discesa. E’ un dato di fatto, che la saggezza di chi ci ha preceduto ha tentato di trasmettere. A ogni civiltà dopo il suo periodo massimo corrisponde la caduta, la decadenza. E’ sempre stato così, solo che l’uomo non vuole vedere, non sa riconoscere i segni dei tempi, vuole continuare a vivere nell’illusione di poter disporre tutto a suo piacimento, senza comprendere che fa parte di un meccanismo più grande, ma che non è il meccanismo.
E’ quanto sta capitando adesso. I governi, le popolazioni, non si stanno rendendo conto che un’epoca si sta concludendo, che il cambiamento è in atto e che se non lo si seguirà, cercando invece di restare ancorati a un periodo morto, si andrà incontro alla rovina, invece del mutamento.
Crisi economica, disoccupazione e povertà crescenti, crescita di malattie fisiche e psicologiche, guerre, perdita di valori umani: sono tutti segni che caratterizzano la fine di un ciclo.
Ma la fine di un periodo, non significa la fine di tutto.
Perché allora non fermarsi a riflettere invece di voler correre verso il precipizio?

Il mondo conosciuto come lo era nel passato, era svanito. La quiete e lo sviluppo raggiunti spariti da tempo. Quando sembrò di aver raggiunto la massima crescita ed evoluzione, e stoltamente si credette che non ci fosse più nulla da temere, tutto precipitò. Nessuno ricorda come successe: le informazioni raccolte erano poche e confuse, la maggior parte perdute. Quel che conta fu che il sistema di vita collassò, precipitando vertiginosamente in un vortice che spazzò via tutto. L’esistenza tranquilla e spensierata avuta fino a quel momento si dissolse, un’illusione durata troppo a lungo. Il sogno collettivo di un’umanità egoista e limitata bruciato nella sua inconsistenza. Per troppo tempo come un gregge di pecore si era fatto guidare da pochi, lasciando ad altri le redini della propria vita. Inconsapevolmente e inevitabilmente era andata incontro alla rovina. Poteva evitarlo, ma la capacità di vedere era stata lasciata da parte e così perduta. La verità dei fatti era sotto i suoi occhi, ma l’umanità li volle tenere chiusi per continuare a sognare. Quando fu costretta a riaprirli, l’incubo aveva preso forma.
La violenza si scatenò con velocità ed efficienza, spazzando via quanto incontrava sul cammino. Gli uomini non erano pronti per quello che accadde e prima che riuscissero a organizzarsi, interi paesi piansero le loro vittime.
La guerra scoppiò ovunque con ferocia e barbaria. Tutto il mondo divenne un campo di battaglia, poche erano le zone dove non si combatteva. S’andò avanti per anni, finché non divennero decenni: per tanto si tenne la strenua difesa. Per molto tempo si fronteggiò il nemico per sconfiggerlo, affrontandolo in campo aperto; poi si cercò di rigettarlo indietro, di rimandarlo oltre i confini e mantenere liberi i territori posseduti.
Alla fine gli uomini si barricarono nelle città e nei bastioni, cercando di sopravvivere. Il nemico divenne più forte e numeroso e loro s’indebolirono a ogni battaglia.
Gli assedi furono senza tregua; le persone morirono e le città caddero. Alcuni baluardi resistettero più a lungo, ma alla fine cedettero. Senza più rifugi, la gente fu in rotta, in una fuga senza speranza, cacciata e braccata come delle bestie; alcuni lottarono ancora, ma era una lotta che non potevano vincere. Gli uomini combattevano un male cui loro stessi avevano dato vita: un male che aveva origine in lui e che gli si era rivoltato contro. Nella loro cecità credevano di aver trovato ciò che da sempre avevano cercato; in realtà avevano decretato la loro condanna. Una condanna ben peggiore della via dell’estinzione: si erano incamminati sulla via della perdizione. Un cammino che li avrebbe condotti a un’esistenza infernale da cui non c’era possibilità di redenzione.
Il destino era scritto: la fine scelta sarebbe giunta inesorabile.

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