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Life is a game

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Quinto racconto con cui ho partecipato al Mezzogiorno d’Inchiostro numero 100 di Writer’s Dream. Questa volta la traccia che ho deciso di seguire tra le due a disposizione è stata IL FILMATO. In questo caso si doveva selezionare liberamente un breve videoclip da internet (durata massima: 5 minuti), che secondo la propria inclinazione personale si ritenevate particolarmente suggestivo; ispirandovi a questo, elaborare il proprio racconto (piccola precisazione quanto realizzato non si può definire un racconto, ma è stata l’unica idea che mi è venuta con il poco tempo a disposizione quando l’ho scritto).

 

 

Life is a game dice Takeshi Kitano in Battle Royale. Del film sono riuscito a vedere solo qualche spezzone presente in rete: trovare il dvd ormai è difficile. Colpa mia che su certe cose arrivo tardi, ma non mi piace correre dietro qualcosa che fa molto parlare di sé; così sono arrivato a darci uno sguardo dopo più di dieci anni dalla sua uscita. In molti paesi questa pellicola è stata censurata per l’estrema violenza di certe scene; sinceramente ho reputato la cosa come il solito polverone sollevato per niente. Certo, alcune di esse possono colpire vista la giovane età dei protagonisti, ma se volete vedere davvero qualcosa che urta, provate a guardare qualche spezzone di Cannibal Holocaust; personalmente, dopo aver visto certe sue scene, ho avuto un certo rigetto per la violenza e per una settimana sono andato avanti a leggere poesie di prati e fiori. Se potete, evitatelo.
Life is a game, dice Takeshi Kitano nel film Battle Royale ispirato all'omonimo romanzoMa torniamo a Battle Royale. Se siete interessati al film, guardate il video su youtube con tutte le morti presenti nella pellicola (basta che cerchiate con Google “Battle Royale all deaths” o qualcosa di simile); evitate come la peste quelli con la dicitura di film completo: ne rimarreste altamente delusi.
Visto che finora non ho parlato che di violenza e di morte vi starete chiedendo se il film è solo questo: in effetti lo è. Eppure è anche qualcosa di più.
Andiamo con ordine. Il film è tratto dall’omonimo romanzo del 1999 di Khousun Takami: qualche piccola differenza c’è, ma nel complesso la trama e lo spirito del libro sono mantenuti. Qual è la storia che ha suscitato tanto scalpore? In questo caso mi riferisco al libro, che conosco bene, a differenza della versione cinematografica.
La vicenda è ambientata nel 1997 nella Repubblica della Grande Asia dell’Est (una versione totalitaria del Giappone), una nazione governata da un sistema nazionalsocialista guidato da un’autorità esecutiva chiamata il Dittatore (il fascismo vittorioso, come viene definito da uno dei personaggi); di esso non si sa molto altro. I contatti con le altre nazioni sono estremamente limitati. Molto cose sono vietate. Ogni anno, gli studenti di una classe terza di scuola media selezionata a caso, sono sottoposti al Programma e sono costretti a combattere tra loro e a uccidersi finché non rimane un solo sopravvissuto. Se si rifiutano di combattere, vengono tutti uccisi; al loro collo è stato messo un collare che segue i loro spostamenti e che può esplodere se cercano di toglierselo, se fanno qualcosa che non va e se si trovano in zone dove non devono accedere. Se qualcuno non muore entro ventiquattro ore, tutti vengono uccisi. Per costringerli a uccidere, il “gioco” ha un limite di tempo, oltre al fatto che durante il suo svolgimento, con il passare delle ore, alcune aree diventano vietate e sostare e passare in esse fa esplodere il collare. A ognuno è dato uno zaino con una mappa, una bussola, acqua, cibo e un’arma scelta casualmente, per non fare favoritismi: si va dalle armi da fuoco a quelle bianche, a quelle totalmente inutili.
Tutto questo non è molto carino? Certo che lo è; naturalmente si deve essere pazzi per ritenere in questo modo una cosa del genere. E appartenere a un sistema impazzito; di sistemi impazziti noi ne dovremmo sapere qualcosa, dato che ogni giorno assistiamo a robe da chiodi. Eppure, nel modo di fare di quel governo inventato c’è una logica, ed è qualcosa da genio del male allo stato puro. Tutto ruota attorno alla fiducia, in qualsiasi tipo di rapporto; ma se viene a mancare? Questo spiega lo spietato ragionamento che si nasconde dietro le scelte del regime e come possa continuare a funzionare senza che nessuno si ribelli a esso. Perché senza la fiducia nei propri simili non ci si può unire e creare un movimento capace di opporsi a una dittatura: se nella gente s’insinua il sospetto che non ci si può fidare di nessuno, allora si è ottenuta una vittoria schiacciante, a cui nessuno mai si opporrà. E per ottenere questo, gli individui vanno spezzati nel momento di maggior vulnerabilità, quando sono giovani, il periodo in cui si hanno maggiori speranze e ideali: se si riescono a eliminare questi elementi, non resta spazio che per rassegnazione, sfiducia, opportunismo ed egoismo. Tutte cose che non vanno a far altro che rafforzare il regime e a mantenere ferrea la presa sulle persone, che non vedono possibilità di cambiare le cose, restando ferme a subire, anche se trovano tutto ingiusto, convinte che nessuna ribellione possa andare a buon fine, che non ci possa essere nessun cambiamento.
Bene, adesso viene il bello. Finora abbiamo parlato di una storia inventata; ma provate a pensare se una cosa del genere fosse toccata a noi. Se fossimo stati prelevati insieme ai nostri compagni di classe e portati in un luogo dove dovevamo uccidere o essere uccisi. Di chi ci saremmo potuti fidare? Avremmo avuto delle sorprese. Life is a game, ma in giochi come questi gli errori si pagano a caro prezzo. Avrebbero le nostre capacità di giudizio valutato correttamente chi frequentavamo da anni? In un modo o nell’altro avremmo scoperto la vera natura degli altri. Ma avremmo scoperto anche la nostra vera natura, quella che teniamo nascosta, quella che non vogliamo ammettere di avere, quella non vogliamo vedere perché abbiamo paura di scoprire la verità.
Provate a riflettere su questo: le cose appaiono sotto una nuova luce, non è vero? Sconvolgente, non trovate? Oltre naturalmente a essere inquietante e a far veramente paura. Forse è proprio per questo che libro e film hanno dato tanto fastidio. Una cosa è sicura: c’è da meditare. Su tante cose.