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Endless Forms Most Beautiful

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Endless Forms Most BeautifulNon è facile per nessuno ripetersi dopo aver dato vita a un buon lavoro ed è quanto successo ai Nightwish con Endless Forms Most Beautiful. Imaginaerum era stato un album quasi perfettamente riuscito (c’era solo una canzone fuori posto) nel quale si narrava il cammino della vita di un uomo, dalla sua nascita alla sua mote: testi e musiche erano stati appropriati per ogni periodo esistenziale dell’essere umano affrontato, creando qualcosa di veramente buono.
La band ha cercato di fare qualcosa di analogo con Endless Forms Most Beautiful, solo che ha voluto farlo su scala maggiore, narrando/cantando l’evoluzione su tutti i suoi aspetti. Per questo si è puntato sulla presenza, come voce narrante, di Richard Dawkins divulgatore scientifico e biologo britannico. Succede alle volte però che a puntare molto in alto il risultato non soddisfi le attese. Sia ben chiaro, si è di fronte a un lavoro tecnicamente ben realizzato, curato, dal suono pulito; ma questo non riesce a coinvolgere com’era accaduto con Imaginaerum. La nuova cantante Floor Jansen dà buona prova di sé, ma ancora pare non essere perfettamente calata nel suo ruolo, non riuscendo del tutto a coinvolgere l’ascoltatore; non è una questione di voce (è una gran bella voce), ma d’interpretazione e in questo l’altro vocal della band, Marco Hietala (anche bassista), la supera (ascoltare la seconda parte di Weak Fantasy per capire a cosa ci si riferisce).
Endless Forms Most Beautiful alterna canzoni ben riuscite ad altre che non convincono pienamente; in diverse canzoni si percepiscono sonorità già incontrate in Dark Passion Play, specie quelle di  Master Passion Greed (che seppure valide non sono tra le meglio riuscite dei Nightwish), e in Once, soprattutto Dark Chest of Wonder (i ritorni al passato non dispiacciono, ma alle volte si vorrebbe qualcosa di nuovo, di evoluto, tanto per restare in tema col disco). Se i primi tre brani (Shudder Before the Beautiful, Weak Fantasy, Élan) pongo le basi per un disco ben fatto, Yours Is an Empty Hope e Our Decades in the Sun non coinvolgono; My Walden porta invece una ventata di freschezza ed Endless Forms Most Beautiful ha un attacco da brividi, capace di creare un’atmosfera piena di pathos, peccato che si perda nell’ascolto e le premesse dell’inizio non siano mantenute. Si giunge così a Edema Ruh che s’ispira a Il nome del vento, primo libro della trilogia Le Cronache dell’Assassino del Re di Patrick Rothfuss: un brano dalla melodia lieve e dolce, che porta a viaggiare sulle ali della fantasia. Altro brano molto melodico, ma anche potente, è Alpenglow: bello ma rovinato da un uso non proprio azzeccato delle voci del coro in un paio di passaggi. The Eyes of Sharbat Gula si ricorda perché ispirata alla foto del fotoreporter americano Steve McCurry della giovane ragazza afghana dai grandi occhi, ma per il resto se ne sarebbe potuto fare a meno.
Si giunge così al gran finale con The Greatest Show on Earth, un brano di 24 minuti (composto da cinque parti) dove viene narrata l’evoluzione del pianeta, partendo dalla creazione della Terra, passando per la comparsa degli animali, e arrivando alla storia dell’uomo, con le sue scoperte e le sue guerre, terminando in un lento dissolversi di suoni della natura. Un brano ben orchestrato, dalle tante sonorità, con parti coinvolgenti (specie The Toolmaker, la terza parte, con un punto (al minuto 14 e 24 secondi)  che presenta sonorità che s’ispirano a Toccata e fuga in Do Minore di Johan Sebastian Bach), ma troppo lungo.

Che dire quindi di Endless Forms Most Beautiful? Un progetto non completo e non equilibrato; buona idea ma non realizzata pienamente. Non eccezionale, ma nemmeno da buttare. I Nightwish però hanno saputo fare di meglio.

Le opere di Brandon Sanderson pubblicate in Italia

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Brandon SandersonPer chi ancora non le conoscesse e volesse farsi un’idea delle opere pubblicate in Italia di Brandon Sanderson, può andare su Letture Fantastiche e trovare i vari articoli che ho realizzato su di esse.

Il Ritmatista

La Via dei Re

Parole di Luce 1/3

Parole di Luce 2/3

Parole di Luce 3/3

La saga Mistborn

I romanzi conclusivi di La Ruota del Tempo, Il Conciliatore, Elantris e alcune news dall’America

Steelheart e Firefight

Calamity

Luce e ombra

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Michele sconfigge Satana: la luce sconfigge le tenebreLeggendo le presentazioni di L’Ultimo Potere e L’Ultimo Demone, se viene fatta un’analisi veloce può sembrare che si tratti della guerra ben conosciuta tra bene e male, dato che viene narrata la lotta contro i Demoni per salvare l’umanità. Leggendo i due romanzi ci si accorge che le cose non sono così semplici e che non c’è poi una separazione così marcata tra luce e oscurità (specie in L’Ultimo Demone), ma ci sono tante sfaccettature: un fatto che non è niente di nuovo, dato che ben si sa che non esiste nel mondo materiale nulla di completamente buono o completamente cattivo (questi valori assoluti esistono solamente nel mondo del pensiero; Gesù non per niente dice “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo” (Marco 10, 18) che sta nei cieli).
Simbolo TaoNon è solo nella religione cristiana che si parla di questa realtà: Igor Sibaldi in Agenda degli Angeli ne dà esempio parlando di MiYKa’eL (uno dei settantadue angeli della tradizione ebraica) e ponendo a confronto il dipinto dell’angelo Michele che sconfigge un diavolo e il simbolo del Tao perché non puoi vedere la luce se non vedendo accanto a essa anche l’ombra (1). Le due immagini sono molto chiare nel mostrare questa realtà (che non è l’unica: essi rappresentano altre cose, ma in questo caso si prende in considerazione quella pertinente all’argomento), insegnando che  si deve evitare di voler vedere in qualcosa solamente il buio, il male, la negatività, oppure solo la luce, il bene, la giustizia (1).
Tutto ciò ha un semplice scopo: far accorgere di come stanno le cose e non essere limitati (o intralciati) da idealizzazioni o pregiudizi, perché la verità non è mai qualcosa di unico e assoluto. La verità è che la verità è tante verità.

 

  1. Agenda degli Angeli. Igor Sibaldi. Frassinelli 2012

Adam Warlock - Sulla Contro-Terra

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Adam Warlock è un personaggio del mondo Marvel comparso per la prima volta con il nome di Lui (Him) su Fantastic Four #66-67, settembre-ottobre 1967, creato da Stan Lee (testi) e Jack Kirby (disegni); successivamente fece la sua apparizione in Thor #165-166 (giugno-luglio 1969). Il ruolo di semplice comparsa fu accantonato nel 1972 quando ebbe un ruolo da protagonista su Marvel Premiere # 1 del 1972 grazie allo scrittore Roy Thomas e al disegnatore Gil Kane. Rispetto alle tradizionalistiche storie dell’epoca sui supereroi, l’approccio fu diverso: l’opera realizzata da Thomas era di forte ispirazione evangelica e biblica; per stessa ammissione di Thomas, il personaggio e le sue vicende avevano tratto ispirazione dal musical Jesus Christ Superstar. Adam Warlock - Sulla Contro-TerraLa storia inizia con l’Alto Evoluzionario all’interno della sua astronave camuffata da asteroide che ruota attorno alla Terra che, dopo aver fallito nel creare una razza di Nuovi-Uomini (in parte umani e in parte animali ma superiori a entrambi), raccoglie un bozzolo della grandezza di un uomo che fluttua nello spazio. Al suo interno troverà, Lui, una creazione genetica realizzata da scienziati mossi da scopi malvagi. Lì, il futuro Adam Warlock, assisterà alla creazione da parte dell’Alto Evoluzionario di una nuova Terra posta dal lato opposto del Sole, nella stessa orbita del pianeta originale, la Contro-Terra (ispirata al concetto del filosofo greco Pitagora): un nuovo mondo perfetto, dove alla razza umana è negato il suo istinto violento, in modo che non ci siano più guerre e distruzione. Partendo da una roccia prelevata dalla Terra, l’Alto Evoluzionario dà vita al suo nuovo mondo, proprio come descritto nella Genesi: prima crea la massa su cui posa il tutto, poi i mari e le prime forme di vita, arrivando poi agli animali e infine all’uomo. Una creazione rovinata dall’Uomo Bestia (uno dei Nuovi-Uomini sopravvissuti) che, approfittando di un momento di stanchezza dell’Alto Evoluzionario per lo sforzo della Creazione, fa ripetere la storia dell’uomo come già avvenuto sulla vecchia Terra. Risvegliatosi dal riposo e accortosi di quanto sta accadendo, l’Alto Evoluzionario affronta l’Uomo Bestia e i suoi seguaci, ed è in quel momento che Adam Warlock esce dal suo bozzolo e decide d’intervenire in aiuto del primo. Di fronte alla sua creazione rovinata, l’Alto Evoluzionario decide di distruggerla, ma Adam lo ferma: Warlock vede non solo il lato oscuro dell’uomo, ma anche quello più luminoso, quella scintilla di divinità capace di creare cose buone. In questa scelta Adam Warlock ricorda Abramo quando intercede presso Dio per evitare la distruzione di Sodoma e Gomorra (Genesi 18, 16-33); così gli viene data una delle Gemme dell’Infinito (la Gemma dell’Anima, di cui però al momento non sa nulla) e viene mandato sulla Contro-Terra per opporsi all’Uomo-Bestia (che ricorda l’incarnazione del serpente tentatore e rovinatore di perfezione, ma anche il Satana di Paradiso Perduto di Milton) e dare una possibilità di redenzione alla nuova umanità. Piovuto dal cielo, viene trovato da un gruppo di quattro giovani allontanatisi da un sistema che non condividono, che, dopo averlo conosciuto, lo accolgono come una sorta di Salvatore (in questo i ragazzi ricordano i primi apostoli che decidono di seguire Gesù). Tra conflitti generazionali, ideali pacifisti, corruzione del potere che si rifanno allo spirito delle istanze sessantottine, Adam Warlock si ritrova non solo ad affrontare le sfide lanciate dai seguaci dell’Uomo-Bestia (che si rifanno a creature e divinità mitologiche) e governi che fanno di tutto per scatenare conflitti e guerre, ma anche alle difficoltà di farsi ascoltare dalla gente e dargli una nuova consapevolezza dell’esistenza (come mostrato nel Vangelo, con Gesù che si meraviglia dell’incredulità delle persone nonostante tutto quello che gli ha mostrato).

Le storie di questo primo ciclo scritte non solo da Roy Thomas ma anche da Mike Friedrich, Ron Goulart, Gerry Conway e Tony Isabella (e disegnate da Bob Brown, John Buscema, Tom Sutton e Herp Trimpe) hanno una forte impronta messianica, ma s’ispirano anche a lavori della letteratura classica come Dottor Jekyll e Mr. Hyde (Reed Richards che si trasforma nel mostruoso Bruto per via dei suoi esperimenti) e giocano sul ribaltamento del carattere di personaggi già incontrati e famosi sulla Terra originale (sulla Contro-Terra si ha un Victor Von Doom buono: molto bella la parte che lo vede sostenere Adam Warlock e lottare al suo fianco nonostante non abbia superpoteri, perché sulla Contro-Terra non ci sono supereroi), sull’eroe che per interessi politici viene fatto passare per minaccia pubblica perché non ostacoli piani volti al dominio totale. Tali storie possono a tratti risultare semplici, mostrare qualcosa di già visto, essere ridondanti nel mostrare la valenza cristica dell’eroe (più di una volta Adam Warlock si ritrova in situazioni simili alle tentazioni subite da Gesù nel deserto, l’ultima cena che fa con Hulk e i suoi amici, la sua esecuzione pubblica dove urla all’Alto Evoluzionario d’averlo abbandonato, la sua risurrezione dal bozzolo deposto in una grotta dopo tre giorni e la sua ascensione al cielo dopo la vittoria finale)  e aver perso in parte il significato che avevano quando sono state realizzate (si parla dell’inizio degli anni ’70), eppure sono permeate da un’atmosfera epica e a tratti poetica che nulla ha a che vedere con il fumetto attuale dei supereroi, dove perlopiù le trame si riducono a grandi scontri tra vari schieramenti. Un buon ciclo, non certo il migliore (quello spetterà a Jim Starlin che rivoluzionerà il personaggio creando una serie di storie veramente notevoli, come si vedrà nel prossimo articolo dedicato ad Adam Warlock), che però merita di essere letto.

Film su supereroi: dai primi Spider-Man a Infinity War

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In questi anni i film tratti dai fumetti supereroistici hanno trovato ampia diffusione, sia quelli appartenenti alla Marvel, sia quelli alla DC. Già in passato erano state fatte diverse pellicole sui personaggi di Batman e Superman con risultati altalenanti (a parte gli effetti speciali limitati, a volte le trame non erano proprio il massimo); verso la fine degli anni ’70 si erano realizzati dei film su Spider-Man (tre, anche se non è proprio corretto parlare di film, specie per gli ultimi due, dato che si è trattato di mettere insieme episodi di quella che sarebbe dovuta essere una serie tv), senza però avere un grande successo. Successo che  sarebbe stato trovato su questo supereroe all’inizio degli anni duemila con le pellicole realizzate da Sam Raimi, con il regista in grado di cogliere l’essenza del personaggio creato da Stan Lee e Steve Ditko. Praticamente nello stesso periodo sono usciti i primi film dedicati agli X-men e successivamente quelli relativi a Hulk (di questo personaggio erano già state realizzate due pellicole verso la fine degli anni ’70, legate alla famosa serie televisiva dedicata al gigante verde).
Con fortune alterne (si passa dalla buona/ottima trilogia di Nolan su Batman, ai due film non proprio eccelsi su Amazing Spider-Man), oltre ai personaggi più conosciuti del mondo supereroisitco, si è andati a far conoscere altri protagonisti dei fumetti: Lanterna Verde, quelli della Suicide Squad, Wonder Woman, Thor, Capitan America, Iron ManDeadpool, creando le basi per arrivare a realizzare film dove i vari eroi si uniscono in gruppi per fronteggiare minacce sempre più grandi (la Justice League per la DC e gli Avengers per la Marvel). Per chi segue il mondo dei supereroi, questo è diventato il leit motiv anche dei fumetti: creare grandi eventi per affrontare nemici sempre più potenti per coinvolgere più eroi possibili in quelle che alla fine sono mega scazzottate spettacolari; un copione che si ripete evento dopo evento a discapito di trama e caratterizzazione dei personaggi. Tanti anni fa non erano molte le testate fumettistiche, dove ognuna seguiva un proprio percorso; poteva capitare che alcuni eroi si trovassero coinvolti in una vicenda comune, ma non era qualcosa che capitava di frequente e il lettore poteva tranquillamente saltarle, se non gli interessavano, senza perderci niente. Ora non è più così: le testate si sono moltiplicate e sono tutte legate tra loro e se il lettore vuole capirci qualcosa è obbligato a seguirle praticamente tutte. Si tratta di un’operazione commerciale studiata a tavolino per ottenere il maggior numero di vendite,  dove si cerca d’allungare il più possibile il brodo. Una scelta che ha dato i suoi frutti (o meglio, i suoi guadagni), ma che alla lunga può risultare controproducente: uno perché stanca vedere sempre il solito copione; due perché, visti i costi sempre più elevati dei fumetti e il minor numero di pagine dei vari volumi, diventa una spesa per nulla indifferente.
Questo modo di fare è stato attuato specialmente dalla Marvel anche con i suoi film, praticamente tutti collegati tra loro e volti a portare a quello che dovrà essere il culmine della sua produzione: Avengers: Infinity War. Nelle varie pellicole relative a Thor, ai Guardiani della Galassia, agli Avengers, c’è la presenza di una delle sei Gemme dell’Infinito, il collante per portare al mega scontro con il pericoloso Thanos, il folle Titano, evento che si rifà alle famose saghe realizzate da Jim Starlin, Il Guanto dell’Infinito (Infinity Gauntlet) e La guerra dell’Infinito (The Infinity War).
Ormai si è capito che mondo fumettistico e mondo cinematografico seguono strade differenti, con quest’ultimo che si prende parecchie libere interpretazioni, limitandosi spesso solamente a ispirarsi alle storie originali. Una scelta che i puristi delle storie criticano, ma alle volte queste critiche non sono del tutto ingiustificate, dato che la semplificazione delle trame porta spesso a far perdere spessore alla narrazione delle varie vicende (per esempio che Tony Stark, e non Henry Pym, sia il padre di Ultron, oppure che Visione abbia incorporato nel suo corpo una delle sei gemme; sono scelte che stravolgono molto le storie).
The Infinity War di Jim Starlin Su Infinity War ci sono tante aspettative, ma anche diversi dubbi, soprattutto per come verrà usato l’ampio e ricco materiale a disposizione. Innanzitutto su come sarà caratterizzato Thanos, se sarà mostrato con lo stereotipo del solito essere assetato di potere assoluto oppure verrà mostrato che le sue azioni sono volte ad attirare l’attenzione e il compiacimento di Lady Morte, la personificazione della Nera Signora di cui lui è innamorato. Riusciranno produttori, sceneggiatori e registi a cogliere tutte le sfumature e le profondità che Jim Starlin è riuscito a dare alle avventure cosmiche che ha creato? Riusciranno a trasmettere lo smarrimento e il senso d’impotenza dei supereroi di fronte a un potere smisurato come quello del Guanto dell’Infinito, creato per poter dominare e usare il potere delle sei gemme, come ben mostrato da Starlin nella saga Il Guanto dell’Infinito? Riusciranno a mettere su schermo tutte le forze coinvolte per combattere questo invincibile nemico (X-men, Avengers, New Warriors, X-Factor, Alpha Flight e tutte le varie potenze cosmiche scese in campo quali Galactus, Eternità, il Tribunale Vivente) o si limiteranno a usarne solo una parte (Avengers, Guardiani della Galassia)?
Soprattutto, come faranno con Adam Warlock? Riusciranno a inserirlo all’interno delle vicende (presentando tutte le complessità di tale personaggio)  o penseranno di non farlo comparire? Se si verificasse quest’ultima possibilità, sarebbe un errore molto grosso, una menomazione notevole di tutta la storia. Perché Adam Warlock è uno dei punti cardine per quanto riguarda le Gemme dell’Infinito (è con lui che questi oggetti fanno comparsa ed è lui il primo possessore di una di esse, quella dell’Anima) e soprattutto le saghe di Il Guanto dell’Infinito e La Guerra dell’Infinito (che anche se legate tra loro, sono due cose distinte): senza di lui sarebbe stato impossibile avere la meglio sulle forze che gestiscono il Guanto dell’Infinito.
Il sospetto (e forse anche più di sospetto) è che Infinity War prenda solo il titolo dell’omonima saga cartacea ma non ci abbia nulla a che fare, prendendo qualche spunto da Il Guanto dell’Infinito ma andando come già visto per altri film dove gli pare e piace. Quindi, per chi vuole passare un paio d’ore senza pensare a nulla, simili film vanno bene, ma se si vuole scoprire storie anche di un certo spessore, si recuperino quelle cartacee del passato.

Calamity

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Calamity di Brandon SandersonCalamity conclude la trilogia degli Eliminatori di Brandon Sanderson. Dopo Steelheart e Regalia, David e i superstiti del suo gruppo devono affrontare un altro Alto Epico: Prof. Posseduto dall’oscurità, colui che era stato il loro capo diventa il nemico che da anni combattono. Come se non bastasse lui, devono fare i conti con un’altra forza distruttiva, Obliteration. Sia quest’ultimo che Prof verranno ritrovati a Ildithia, quella che un tempo era Atlanta e che ora è una città completamente fatta di sale e in perenne movimento. David non solo cercherà di scoprire il piano architettato da Regalia, la causa della caduta di Prof, ma tenterà anche di riportare indietro il suo mentore facendogli affrontare la sua paura più grande.
Come nei precedenti volumi, Brandon Sanderson mostra nuovi Epici e i loro straordinari e bizzarri poteri, oltre a immettere altri oggetti tecnologici di derivazione epica; grazie all’ingresso in scena di un nuovo personaggio, Knighthawk, verrà spiegato come tali oggetti vengono creati. Ma le sorprese non finiscono qui: sono mostrati nuovi aspetti dei poteri degli epici già incontrati, su tutti Megan, che per aiutare i suoi compagni si addentrerà più a fondo nella loro conoscenza, correndo il rischio di farsi prendere dall’oscurità.
In questo volume conclusivo non mancheranno scontri spettacolari, come non mancheranno le risposte a lungo cercate alle domande che da anni ruotano attorno agli Epici; ma anche se si avrà soluzione a esse, le risposte avute porteranno ad altre domande e misteri. Succede con Calamity (in Steelheart sembrava che Sanderson si fosse ispirato alla serie Wild Cards di George R.R.Martin con la stella rossa apparsa in cielo, ma già in Firefight si era visto come l’autore avesse intrapreso un’altra strada), facendo venire il sospetto che anche questa serie sia legata in un qualche modo al Cosmoverso. Stessa cosa avviene con Firefight e attraverso di lui Sanderson mette in campo le realtà alternative e gli infiniti mondi esistenti, tema molto caro alla fantascienza e ai fumetti supereroistici americani. Un maggior approfondimento di queste tematiche, magari con un approccio meno adrenalinico dall’uso immediato, avrebbe potuto dare più spessore a una storia comunque buona e coinvolgente; oltre a questo, Calamity risente dei difetti già incontrati nei volumi precedenti (atteggiamenti adolescenziali nei momenti meno opportuni, abuso di similitudini bizzarre) anche se in maniera minore. Il limite di questa serie è che è stata progettata per essere young adult: le fosse stata data un’impronta più matura, ci si sarebbe trovati dinanzi a un’opera di ben altro valore. Questa, sia ben chiaro, è un’opinione strettamente personale (ma si sapeva dall’inizio che tipo di serie si avrebbe avuto davanti), perché, pur con i suoi limiti, la trilogia risulta godibile e coinvolgente, capace anche di dare spunti di riflessione sul libero arbitrio e sulle paure personali che ogni singolo individuo ha e come influiscono su di lui (molto bella la parte dedicata a Prof).
Qualcuno potrebbe contestare la scelta del finale, che non è forse tra i più originali e tra quelli che più colpiscono, ma, visto il periodo reale e il puntare su letteratura fantastica che si focalizza sul mostrare il peggio dell’essere umano, è qualcosa di positivo che lascia aperta la strada alla speranza.

Il Magazzino dei Mondi 3

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Per chi è appassionato di fantascienza, il 16 ottobre a Milano alle ore 13.00, Franco Forte presenterà ufficialmente l’antologia “Il Magazzino dei Mondi 3” alla manifestazione Strani Mondi. Come già per Il Magazzino dei Mondi 2, si tratta di una raccolta di racconti brevi di fantascienza. Anche questa volta un mio racconto è stato selezionato per fare parte dell’antologia; per chi fosse interessato, a questo link è possibile leggere l’anteprima di “Un solo centimetro” e i relativi commenti fatti dagli utenti di WM.

Oppure, per chi fosse interessato solo al testo, riporto qui di seguito l’inizio del racconto.

 

Una macchina, questo io sono. Di quello che ero un tempo, non resta più nulla. Un pezzo alla volta sono stato upgradato. Migliore, hanno detto che sarei diventato. Più veloce, più efficiente. Immune alle malattie, alla fatica, al sonno. Non avrei più dovuto né dormire, né mangiare. Avrei risparmiato tempo per fare altre cose più utili. Più remunerative. 
Mi mancano i sapori del cibo, soprattutto quelli di dolci e frutta. Mi mancano i sogni che facevo la notte; alle volte provo rimpianto anche per gli incubi, che mi facevano provare paura e mi svegliavo grato che quello che avevo vissuto era una finzione. Ora sono sempre sveglio e tutto è una finzione. Tutto è artefatto. 
Tocco il mio viso e sento una superficie liscia, dura e fredda. Non ho più la barba, che tanto mi piaceva. Non ho più nemmeno un capello, né nessun altro pelo. Sono un corpo lucente, perfetto, un inno all’armonia.

Esagerazione e sensazionalismo

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Se si osserva, stiamo vivendo un periodo dove esagerazione e sensazionalismo la fanno da padroni, dove tutto viene portato all’eccesso; usando un modo di dire abbastanza diffuso “viene pompato di brutto”. Anche le cose più normali devono essere esaltate, come se fossero qualcosa di straordinario, fuori dal comune. In questa società si ha un forte desiderio d’esaltazione, probabilmente perché non c’è nulla di cui esaltarsi davvero, dove c’è tanta mediocrità, cercando di sfuggire a una realtà che spesso ha ben poco di buono di cui rallegrarsi.
Se si è posta attenzione, si sarà potuto vedere che in qualsiasi contesto c’è un abuso del termine “incredibile”. Tutto è incredibile: un goal, un piatto cucinato, una foto, una notizia.
Si usano molto i superlativi, i fatti vengono riportati come se fossero i più grandi eventi verificatisi (si sente spesso dire “l’estate più calda dall’anno 18XX” oppure “l’inverno peggiore dal 18XX”, “un temporale mai visto”, per fare alcuni esempi).
Questo può essere un modo per attirare l’attenzione delle persone su certi elementi e avere un maggiore seguito (trasmissioni televisive), per far aumentare le vendite (quotidiani, libri, abbonamenti tv), per ottenere consensi (i politici che magnificano quanto fatto): tutto si riduce alla fine a cercare d’ottenere grandi numeri e questo significa maggior potere, condizionamento, soldi. Oppure può essere un modo per distogliere l’attenzione da cose che si vuole che non siano viste, che non vengano scoperte, non vengano approfondite. E si può dire che la cosa funziona, dato che la maggior parte delle persone non vuole vedere le cose che non vanno di una realtà tutt’altro che piacevole: la gente ha bisogno di credere nelle illusioni che vengono create per condizionarla, perché ricerca e ha bisogno di consolazione, ha bisogno di quell’aura da sogno che la tenga in una sorta di sospensione della realtà, non facendola pensare, non facendole prendere coscienza di ciò che le sta intorno.

Alla ricerca della pecora Fassina

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Alla ricerca della pecora FassinaAlla ricerca della pecora Fassina racconta l’odissea del povero Bobo “in una Italia piegata dalla crisi economica, scompaginata dalla comparsa sulla scena politica dell’ennesimo partito-azienda dell’anziano comico in disarmo Grillo, e dove la ragione viene sopraffatta da un pervasivo cyber-populismo tanto strumentale quanto culturalmente miserabile, niente si crea, molto si distrugge e tutto si confonde.
Il PD non perde ma non vince.
I grillini non vincono ma non perdono.
Berlusconi perde ma continua a ricattare il Paese come se avesse vinto.
In questa fase di stasi letale in cui solo i vaffanculo a 5stelle sembrano dettare l’agenda politica dell’Italia, Matteo Renzi cavalca l’onda dello smarrimento generale e nel giro di un tweet asfalta Bersani e gran parte della classe dirigente del PD.
Mentre il Renzismo (secondo Staino, malattia infantile del Dalemismo) dilaga, e il PD in piena crisi esistenziale – come da tradizione – si divide in due e la metà che considera Renzi un usurpatore si divide in tre, Civati, Fassina e altri lasciano il partito.
Si sa che quando il gioco si fa duro i duri cominciano a disegnare, e così Sergio Staino, armato di sacrosanta esasperazione di fronte all’ennesimo tentativo di suicidio politico di questo partito e in una torrida estate – la più calda da quando esistono le rilevazioni meteo – prendendo a pretesto proprio la fuoriuscita di Fassina, si avventura in un trekking mozzafiato tra i protagonisti del dibattito che ha incendiato la già di suo rovente estate del 2015.”
L’introduzione di ellekappa all’avventura Alla ricerca della pecora Fassina del famoso personaggio disegnato da Sergio Staino rende chiaro il contesto che il lettore si troverà ad affrontare: un contesto reale, che viene affrontato con un sorriso e con ironia, per far ridere di una situazione caotica, sbilenca e a tratti drammatica di un paese sempre più allo sbando. Sì, ridere, perché in un panorama del genere ci sarebbe solo da incaz….da arrabbiarsi, anzi no, diciamo pure incazzarsi di brutto dato che tutto va sempre peggio e oltretutto si viene presi in giro a oltranza e senza ritegno. Non per niente il sottotitolo del volume è “Manuale per compagni incazzati, stanchi, smarriti ma sempre compagni”. Per il povero Bobo, quella che inizia come semplice ricerca, risulta invece essere un vero e proprio viaggio dantesco attraverso i gironi bolgeschi della politica italiana. Accompagnato da un ragazzo rom (un neo Virgilio in versione moderna? di certo una scelta pungente indirizzata a chi disprezza il diverso), impegnato a districarsi nell’intricata flora politica italiana, dove vive la più ampia varietà di fauna, affronterà un viaggio dove si confronterà con i paradossi, le mentalità di altri tempi e tutte le contraddizioni che caratterizzano il nostro paese. Con la satira e la comicità che lo contraddistingue, Sergio Staino mostra in una grande carrellata i personaggi di uno scenario politico (e non solo) che di consolante non ha nulla: dal Renzi buon pastore (che se ne frega se perde qualche pecora, tanto conta avere la maggioranza) supereroe-tuttofare-multitasking-emulo/figlio/clone di Berlusconi, al Veltroni attore, dal Verdini simil porcello al Grillo alchimista, dal Prodi filosofo al Bersani soldato di trincea.

Alla ricerca della pecora Fassina è un volume divertente, capace di strappare in più di un’occasione una risata, perché in un periodo come questo c’è bisogno di sorridere (ma anche questo va fatto nella maniera giusta, non nel modo becero e sguaiato come spesso si vede fare nella società attuale, che si diverte con cose dove non c’è nulla di divertente, come la sofferenza altrui), riflettendo e ridendo sopra situazioni e persone che spesso si prendono troppo sul serio. In una società dove tutto è esagerazione e sensazionalismo, prendere certe realtà con un po’ di leggerezza è qualcosa di salutare (sempre meglio che versare fiumi di lacrime o prendere a testate i muri 😉 ).