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L’inizio della Caduta

 

Jonathan Livingston e il Vangelo

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L’Ultimo Demone

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Il magazzino dei mondi 2

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Vita con gli orsi

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vita con gli orsiVita con gli orsi è un romanzo scritto da Beth Day raccogliendo di persona il racconto di Jim e Laurette Stanton, giovane coppia americana che decide di lasciare la vita di città e andare a vivere in una delle zone più isolate e selvagge della Columbia Britannica. Entrambi senza veri legami famigliari (tutti e due sono rimasti presto orfani), con la passione per montagne e boschi, nel 1919, a bordo di una piccola imbarcazione a motore, partono da Seattle verso la catena delle Montagne Azzurre (un paradiso per gli orsi grigi) armati di un buon equipaggiamento e viveri per qualche settimana, iniziando quella che sarà una lunga avventura, anzi, quella che sarà la loro nuova vita. Sì, perché da allora in poi gli Stanton vivranno in quelle lande isolate e magnifiche, lottando per la loro sopravvivenza, con la sola compagnia reciproca o al massimo di qualche indiano o taglialegna di passaggio. E naturalmente di tutti gli animali che vivono nelle foreste. Anni duri, nei quali devono imparare come conservare le loro provviste (i frigoriferi non c’erano, arrivarono molti anni dopo quelli a nafta, dato che l’energia elettrica non li aveva raggiunti), dove poter cacciare gli animali da pelliccia dai quali avrebbero ricavato i soldi per continuare a fare quella vita e non dover tornare al mondo cosiddetto civile. Lentamente, con tanta fatica e sacrifici, da un semplice capanno passano a vivere in una casa di tronchi costruita da loro; dall’attività di caccia agli animali da pelliccia (di cui si occupa solo Jim, perché Laurette non vuole far del male alle bestie, con le quali riesce ad avere una grande empatia), al taglio degli alberi, alla pesca, fino a quello di guida per cacciatori e al ruolo di guardiacaccia, la loro vita scorre scandita dal ritmo delle stagioni.

Una storia vera, una storia d’altri tempi, che al giorno d’oggi pare una favola o qualcosa di assurdo, ma che è qualcosa di sano, di naturale, un modo di ritrovare se stessi e il vero senso delle cose. In un mondo impazzito e assurdo come quello d’oggi, dove si è dipendenti da tutto e da tutti, dove non si riesce a stare senza tecnologia senza andare nel panico, la vita degli Stanton è un esempio che fa riflettere su tante cose. E si prova anche invidia per un modo di vivere duro ma più semplice e sensato, immersi in una natura selvaggia, anche pericolosa, ma che sa regalare spazi magnifici e momenti indimenticabili regalati dagli animali, alle volte veri maestri di vita.

Il Ritmatista

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Il RitmatistaSu Letture Fantastiche è possibile leggere la recensione che ho fatto su Il Ritmatista, ultimo romanzo pubblicato in Italia da Brandon Sanderson. Il giudizio dato è positivo: è uno young adult bello, ben strutturato e che non scade in banali atteggiamenti adolescenziali presenti in molti romanzi del genere (come succede anche in un’altra serie realizzata dall’autore, la trilogia dedicata agli Eliminatori). Buona la trama, il sistema magico e la caratterizzazione dei personaggi; con poche pennellate Sanderson riesce a creare un quadro coinvolgente e credibile, dando vita a un’ambientazione che ricorda quella di fine Ottocento, sia nel modo di vestire, sia nella tecnologia usata, solo che in questo caso non si usa olio o petrolio per le lampade o vapore per far muovere i treni, ma tutto funziona grazie a un complesso sistema d’ingranaggi. Per chi vuole approfondire, lascio il resto alla lettura dell’articolo.
Qui invece voglio approfondire la questione della fascetta presente in Il Ritmatista, di cui ho già parlato nel pezzo, ma in cui non mi sono addentrato perché questa si tratta di una riflessione personale e che esula dal giudizio oggettivo che deve essere una recensione su un prodotto. Nell’articolo ho scritto che le fascette alle volte possono far avere un risultato opposto di quello voluto, ovvero spingere il lettore a non comprare il volume perché infastiditi dalle affermazioni che si leggono: non è stato il mio caso, perché, conoscendo il modo di scrivere dell’autore, non mi soffermo su quello che leggo sulle fascette per valutare le sue opere, però ne sono rimasto infastidito.
Sì, alle volte le affermazioni che si leggono infastidiscono perché sono stupide, sparate sensazionalistiche che sembra quasi che considerino i lettori degli sprovveduti che sono ignari di tutto e credono a tutto; è vero che il fantasy è un genere di nicchia, che Sanderson può non essere conosciuto come altri suoi colleghi, ma fare certe affermazioni è irritante. Non si può paragonare Sanderson a Stephen King e J.K.Rowling, dato che scrivono cose molto diverse, avendo approcci molto diversi. Rowling è divenuta famosa grazie alla saga di Harry Potter e ha avuto un successo planetario, ma questo non significa che sia migliore di Sanderson, anzi: Sanderson ha un’immaginazione molto più ampia e variegata, ha dimostrato di saper scrivere ottimi libri con diverse ambientazioni (cosa in cui Rowling ha fallito). Soprattutto, ha dimostrato di saper caratterizzare i suoi personaggi e di creare trame coerenti e prive di buchi narrativi, cosa che non è riuscita alla scrittrice inglese.
Il paragone poi con King è pietoso. I due scrittori scrivono storie e hanno approcci totalmente differenti, quindi fare un confronto tra i due è quasi improponibile. Forse è proprio questa la cosa che mi ha dato più fastidio. O forse il fatto che avevo appena terminato la rilettura di quel capolavoro che è It; sarà un’associazione strana, ma quanto letto ha fatto sorgere un paragone tra It e Il Ritmatista, due opere totalmente diverse, con un approccio e uno scopo che non potrebbero essere più lontani. Inutile dire che, per quanto il romanzo di Sanderson mi sia piaciuto, ne uscirebbe completamente perdente dal confronto con l’opera di King.
Come già scritto nella recensione, un consiglio agli addetti ai lavori, che pensano e decidono su come proporre un prodotto: evitare di usare le fascette. Si farebbe un favore all’autore e all’opera che ha realizzato.

Strada

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strada

E arriva il momento
in cui ti accorgi
che non t’importa più
di nulla.

E allora
prendi e vai
sulla strada.

Su mitologia ebraica e fantasy

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Lucifero, famosa figura della mitologia ebraicaSu Letture Fantastiche c’è un interessante articolo di Mario Micolucci riguardo l’influenza della mitologia ebraica sulle ambientazioni fantasy: la prima parte pubblicata verte soprattutto su angeli e demoni, partendo dalla guerra che c’è stata nei cieli che ha portato alla caduta di Lucifero e dei suoi seguaci, mostrando le gerarchie e le caratteristiche dei vari angeli, parlando dei più conosciuti, fino ad arrivare a trattare di Lilith, di Caino e dei Demoni.
Tematiche molto care a tanta narrativa fantasy, ma anche a serie televisive come Supernatural o ai fumetti, in special modo a manga e anime, dove si può citare per esempio Angel Sanctuary, Evangelion, Devilman, solo per nominare alcuni dei più famosi. Anche Berserk di Kentaro Miura, tra le tante cose, s’ispira alla tradizione ebraica, prendendo spunto dalla Kabbalah (ne ho parlato in questo articolo pubblicato su FM).
La mitologia ebraica, soprattutto quella inerente gli angeli, mi ha sempre affascinato (molto interessante come Igor Sibaldi ha affrontato il loro studio in Libro degli Angeli, lettura che consiglio per avere un punto di vista diverso ma molto profondo su cosa sono queste forze superiori), ma non è la sola: ci sono quella ebraica e quella greca, per non parlare delle varie religioni, da quella cristiana a quelle orientali. Tutte ciò, oltre ad altri elementi, hanno contribuito poi a dare vita al ciclo di I Tempi della Caduta, come già visto in L’Ultimo Potere.

Immaginazione e fantasia come difesa dagli orrori del mondo

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a Conquista dello Scettro - Stephen R. Donaldson, un esempio di come l'immaginazione può essere un mezzo per mantenere la propria integritàIl primo è un film del regista Guillermo Del Toro del 2006, il secondo è un romanzo di Stephen R. Donaldson del 1978, primo volume della trilogia Le Cronache di Thomas Covenant l’Incredulo. Il labirinto del fauno ha come protagonista una bambina, Ofelia; La conquista dello scettro un adulto, Thomas Covenant. In entrambe le opere è presente l’elemento fantastico, ma se in Il labirinto del fauno la bambina crede fortemente in ciò che vede e vive, in La conquista dello scettro Covenant ritiene che la Landa, il mondo in cui è finito dopo un incidente, sia un’invenzione della sua mente, un sogno che sta facendo mentre è incosciente (non per niente viene soprannominato l’Incredulo).
Se ci si sofferma su questi punti, le due opere sono molto diverse per storia e ambientazione. Ma se si va oltre la superficie, ci si accorge che hanno elementi in comune.

Questo è l’inizio dell’articolo Immaginazione e fantasia come difesa dagli orrori del mondo pubblicato su Letture Fantastiche: prendendo spunto da queste due opere (ma non solo queste) ho voluto mostrare come l’immaginazione e la fantasia possono essere una difesa contro gli orrori del mondo. Questo non significa rifugiarsi nel mondo dei sogni per sfuggire alla realtà e non affrontarla, ma avere un mezzo per mantenere la propria integrità e sanità mentale.

Di che cosa ci si innamora

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«Essere innamorato ti fa sentire grande, pieno di opportunità. Ti fa crescere.»
Tempesta lo fissò a lungo e intensamente. «Dipende.»
«Da cosa?» chiese il ragazzo a disagio sotto il suo sguardo.
«Di cosa t’innamori.»
«Ci s’innamora di una donna, naturalmente. Di che altro ci si dovrebbe innamorare?» sbottò stupito il ragazzo.
Tempesta sbuffò. «Si vede che sei sempre vissuto nel piccolo mondo del villaggio, con una visione limitata di cosa è la vita.»
Le guance del ragazzo s’imporporarono ancora di più. «Ho imparato tante cose, più di quante puoi immaginare.»
La risata di Tempesta si levò bassa, divertita e amara allo stesso tempo, con un sottofondo di fredda durezza. «Il ragazzo che vuole insegnare all’uomo…ascolta, invece di continuare a sparare cazzate. Anche se a questa età le donne ti sembrano la cosa più meravigliosa e desiderabile che possa esistere, non sono il centro dell’universo: il mondo non ruota attorno a loro, anzi, il più delle volte sono qualcosa di sopravvalutato.»
Il ragazzo si spostò a disagio. «Ma io…»
«All’inizio le donne appaiono dolci, graziose, come se emanassero un profumo particolare, unico. Come un fiore che attira a sé l’ape con i suoi colori per essere impollinato: un trucco per sfruttare l’insetto e avere quello che gli serve. Ottenuto quanto vogliono, lasciano cadere la maschera di bellezza e purezza, mostrando quello che hanno tenuto celato; cominciano a marcire e a puzzare, proprio come fa un fiore quando inizia ad appassire.» Il ragazzo fece per protestare, ma lo bloccò con una mano. «Le donne non sono qualcosa che dura. Non ti attaccare a esse come se fossero un rifugio, un’ancora di salvezza, vedile per quello che sono veramente: pezzi di carne come noi, che vivono, muoiono e poi marciscono per tornare alla polvere. Segui questo consiglio, prima d’essere appestato dal tanfo di quella che è una semplice illusione.»
«Non ti credo.»
Tempesta scrollò le spalle. «Fa come vuoi.»
«Non può essere come dici» insistette il ragazzo. «Una cosa così bella non può essere una semplice illusione.»
Tempesta sospirò. “Sapevo che ci sarebbero stati dei problemi. Maledetto idealismo della giovinezza.” Per un attimo valutò la possibilità di essere più duro con lui. “Meglio di no, altrimenti Angela non farà che tartassarmi perché lo tratto male.” Poggiò al suolo la bracciata di legna secca. «Siediti e ascolta.» Aspettò che il ragazzo si sistemasse sopra una roccia.
«Tu incontri una donna, ti guarda: i suoi occhi ti sembrano profondi, pieni di promesse, d’opportunità, di parole non dette colme di significati. Occhi che ti scrutano, occhi che ti valutano. Poi lei ti sorrise ed è come se una porta si aprisse: ti senti accolto, come se avessi ricevuto l’invito più importante della vita. La vedi come un angelo, una dea, e ogni momento passato con lei lo reputi un dono, un paradiso in terra: tutto è idillio, tutto è perfetto e ti auguri che rimanga così per sempre.» Lo osservò assentire a ogni sua parola. “È proprio cotto” costatò.
«Ma niente è per sempre, le cose cambiano. Lei cambia. Puoi sperare, pregare finché vuoi, ma accade. All’inizio pensi che sia solo qualcosa di passeggero, un brutto momento, poi ti accorgi che il sogno è finito, ma vuoi continuare a viverlo, provando a recuperare quanto è stato. Perché non riesci ad accorgerti, e a fartene una ragione, che si è trattato solo di semplice non vedere, perché la donna di cui ti sei innamorato non è mai stata perfetta, non era un angelo, ma ha sempre posseduto i suoi difetti, le sue brutture, le sue marcescenze. Il fatto, ragazzo, è che tu non ti sei innamorato di lei, ma di un’immagine di un momento. Un’immagine che avresti voluto essere eterna, un’immagine di leggiadria e perfezione che ha fatto la sua apparizione per un fugace istante: un momento in cui si è aperto un varco per qualcosa che non appartiene a questo mondo e che proprio per questo non può restarvi se non per qualche sprazzo di tempo. Una fugace apparizione: ecco che cos’è quello in cui hai creduto. E tu hai sofferto e ti sei perso per qualcosa che non può esistere sulla nostra Terra, non può far parte della vita dell’uomo.» Tempesta scosse il capo. «La questione è tutta qui.»
Il ragazzo rimase in silenzio a lungo. «Se è così che stanno le cose, di cosa ci si può innamorare?» domandò inebetito.
Il volto di Tempesta si fece improvvisamente serio. «Questa è una bella domanda: possono essere tante cose: un sogno, un ideale…»
«Come ci si può innamorare di un ideale? È qualcosa che non esiste, che non si può vedere, sentire, toccare» protestò il ragazzo.
«Ci s’innamora di un ideale perché è perfetto, immutabile, incorruttibile, perché non tradisce, non delude, a differenza delle persone» disse con calma Tempesta. «Certo, può essere tradito perché l’uomo può essere attirato da nuovi ideali da seguire, ma non ne risentirà mai, né mai protesterà o si vendicherà: semplicemente rimarrà in attesa che qualcuno lo cerchi e lo accolga. Ci si può innamorare di qualcosa del genere perché è quello che l’uomo cerca: qualcosa che mai cambia, che rimane quello che è sempre stato e mai darà brutte sorprese.»

Fiori di primavera 10

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Fiori di primavera 10

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Fiori di primavera 10

It. Chi è?

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It è il romanzo capolavoro scritto da Stephen King nel 1986. Ma chi è esattamente It, l’antagonista dei sette del gruppo dei Perdenti che imperversa a Derry, cittadina del Maine?
It è un mostro che uccide adulti e bambini, che compare nelle varie epoche periodicamente con le sembianze di un clown. Chi ben conosce la figura del clown sa che non è l’individuo divertente, comico, che fa ridere: il clown è qualcosa d’inquietante, che incarna la follia, l’irrazionalità, tutto ciò che non ha senso e gli istinti più primordiali.
it--It non è solo un mostro sotto le sembianze di clown, è un mostro particolare: è un mutaforma, capace di assumere le sembianze di ciò che fa più paura alla persona che ha davanti. Per alcuni può essere una mummia, un licantropo, un vampiro, il mostro di Frankenstein, un lebbroso; per altri può essere addirittura una persona cara che però li terrorizza.
Fermarsi a questo sarebbe riduttivo, perché It è ancora più di questo: è un’entità aliena giunta sulla Terra quando il mondo era giovane, quando ancora non c’era l’uomo. Un’entità antichissima come la Tartaruga, la sua nemesi; solo chi ha creato entrambe è più antico. Essendo giunto sulla Terra, It ha assunto una forma fisica (e pertanto deve sottostare alle leggi del mondo in cui abita, avendo in questo modo un punto debole e potendo così essere sconfitto), ma la verità è che forse il vero io di It non ha una forma, ma è una luce che non fa luce, è una luce che oscura, capace di distruggere la mente di chi ha la sfortuna di vederla nella sua vera essenza.
King è stato molto bravo nel dare molti volti a It, nel rendere sfaccettata questa creatura, e non si è fermato a questi aspetti: con It è riuscito a incarnare una realtà della vita ormai molto diffusa e che ben viene descritta dal seguente brano.

Derry è IT. Mi capite?…Dovunque andiamo…quando IT ci assalirà, la gente non vedrà, non sentirà, non saprà. Vi rendete conto che è così? (1)

King mostra come la cittadina di Derry sia un’estensione di It, come si sia talmente radicato in essa da condizionare le persone e farle divenire alleate, complici. It ha trovato terreno fertile in quegli individui dove la cattiveria, lo scarso equilibrio mentale, la malvagità erano fiorenti e le ha usate come strumenti portatori di violenza e morte. In Derry ci sono state vere e proprie stragi, delitti efferati, ma sono passati come se niente fosse, nell’indifferenza più totale, dove la gente ha chiuso gli occhi o si è voltata dall’altra parte per non vedere. Da parte di molti cittadini c’è stata una condiscendenza non da poco, per la quale sono stati anche ripagati, avendo avuto fortuna nei propri affari e una certa ricchezza: è stato un po’ come vendere la propria anima al diavolo.
Se ci si pensa, King sta dicendo ai lettori che It è sempre esistito perché It in realtà non è il mostro venuto da lontano, dallo spazio profondo, ma è una mentalità umana, è quella che se ne frega delle conseguenze di certe azioni, quella che l’importante è poter vivere tranquilli, che finché capita agli altri va tutto bene. È il menefreghismo delle persone che per non avere guai passano oltre a chi è in difficoltà. È l’egoismo che permette che il male dilaghi, che fa pensare solo ai propri interessi, a guardare solo al proprio giardino, disinteressandosi di tutto il resto, anche se questo può portare alla rovina dell’intero paese.
Se si osserva, questa è una parte della realtà che viviamo, nel piccolo come nel grande. La gente passa oltre a chi è in difficoltà perché non vuole guai, non vuole pensieri. Le multinazionali, i governi, pensano solo al loro interesse, poco importa se questo porterà a disastri che rovineranno l’ambiente, se faranno sorgere conflitti.
IT esiste ed è sempre esistito. E continuerà a esistere finché persisterà una certa mentalità umana.

 

  1. IT. Stephen King. Sperling&Kupfer Economica 2009. Pag.1085

 

Fiori di primavera 9

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Fiori di primavera 9