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Italia: sul lavoro, la disonestà, l'immobilismo

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Ci si ritrova in Italia per l’ennesima volta a una nuova (forse però sarebbe più corretto dire vecchia) discussione sulle riforme da fare sul mondo del lavoro. Come ormai succede da vent’anni a questa parte, la questione ruota attorno alla riduzione delle tutele dei lavoratori: può essere messo in tanti modi, ma il fulcro è sempre questo. Ora si parla di contratti a tempo indeterminato con tutele crescenti per i neoassunti, ma non si dice dei modi e tempi in cui queste tutele cresceranno ( il sospetto è che queste saranno le tutele crescenti): si ritiene che togliere tutele e diritti (in stile Marchionne, perché è questo che è avvenuto in Fiat dopo la sua venuta, si vedano le condizioni in cui devono lavorare i suoi dipendenti e come vengono considerati) sia l’unico modo per vincere la crisi, superare la recessione, perché la flessibilità è l’unica soluzione. Senza contare che è quello che vuole l’Europa (così i politici del nostro paese vogliono far credere).
Si vuole creare un sistema dove i lavoratori sono solo oggetti da usare, schiavi al servizio di chi ha i soldi, sempre pronti a esaudire ogni richiesta, sempre disponibili, accontentandosi di quel poco che viene dato come se fosse molto, dovendo anche essere grati di ciò. La tanto declamata flessibilità è in realtà distopia e instabilità ai massimi livelli. Sono cambiati i governi, in apparenza diversi ma in realtà sempre gli stessi. Renzi è un altro Berlusconi: se si osserva il presenzialismo sui media, le parole che usa e il voler proteggere chi ha grossi interessi (si veda la sua presa di posizione sul caso Eni), si noterà che poco è cambiato. Siamo sempre nelle stesse posizioni.
In Italia non si è ancora capito che il problema non sono i lavoratori, ma il sistema che si è creato. La mancanza di meritocrazia, di rispetto delle regole, di controlli è uno dei problemi. Ma il problema più grave in Italia è la disonestà: il paese è contagiato da questo tumore. Di esempi ce ne sono a centinaia: politici corrotti, tangenti, appalti e concorsi truccati, raccomandazioni, truffe. Il grande è sotto gli occhi di tutti, mentre il piccolo passa più inosservato, ma tanti sono i casi di finti ciechi che guidano un’auto, persone morte che ritirano ancora la pensione, gente che non ha mai lavorato ma che per manini vari percepisce una pensione.
E’ questo il fulcro di tutto: se non lo si risolve, nulla cambierà, nulla migliorerà.
Basta con la disonestà, il difendere l’indifendibile, il tenere la parte di chi appartiene allo stesso gruppo anche se falsa le cose, infanga tutto. Basta con il coprire chi è in posizioni di potere, anche piccole, perché per cariche tramandate non si vogliono intraprendere azioni correttive per mancanza di coraggio.
Tutto questo non avverrà, perché l’Italia e la maggior parte di chi lo abita è asservita a questa mentalità, creando una stasi, un’ingessatura che fa rimanere sempre nella stessa posizione. Fatto di cui Igor Sibaldi parla in In Libro delle Epoche (pag.140-141), spiegando anche il motivo di ciò.

L’unico principio etico condiviso da tutte le popolazioni della C.O. è, oggi, lo stesso che potrebbe avere un criminale angosciato: «Speriamo di tirare avanti ancora un po’, prima che me la facciano pagare». E al contempo, l’effetto degli impulsi distruttivi che quelle popolazioni nascondono a se stesse diventa sempre più evidente: proprio grazie allo sviluppo tecnologico voluto, diffuso e imposto ovunque dall’Occidente, l’umanità intera è costretta a sperare di tirare avanti ancora un po’, prima che gran parte del pianeta diventi inabitabile.
Nulla lascia sperare che tale situazione cambi in meglio, dentro la Bestia, nei prossimi due anni. Una distruttività ereditiera e tanto cronicizzata non si guarisce in tempo breve.
Quel che la Bestia potrebbe fare per limitare il disastro delle sue popolazioni (se tale sarà il suo intento) sarebbe considerarle nel loro complesso il più grande dei suoi “errori storici” e immobilizzarle, ingessarle per una quindicina d’anni di regimi dittatoriali.

A causa dell’inconsapevolezza delle persone, non è un caso se le prospettive per il futuro sono nere e lasciano poco spazio alla speranza.